lunedì 25 febbraio 2019

FiNE SETTIMANA


All’ultimo giorno della Fashion Week milanese si può dire, con certezza quasi assoluta, che le contaminazioni sono il trend più ricorrente. E le uniche due sfilate di oggi ne sono un’ulteriore conferma.   Ultrachic   accosta il maculato ai tessuti maschili nello stesso capo. Nella blusa di seta stampa su una metà i quadri e sull’altra le lettere. Sull’abito in maglia a righe c’è un inserto con una tigre bianca al collo, effetto plastron. Il cappotto vestaglia è metà a quadri piccoli e metà grandi. Il paltò scozzese è illuminato da una  banda di lamé. Divertenti i dettagli:                              dalle borse che imitano i cartelli Caution ai cerchietti con Like, Joy e Fun(a sinistra).  Al Catwalk in progress o Paparazzi at work sui pull.  Alexandra Moura, designer portoghese al suo debutto a Milano, rende omaggio a Rosa Ramalho, celeberrima ceramista del nord del Portogallo, donna della campagna con una mentalità visionaria e futuribile. E così in collezione l’urbano si mischia con il rurale, il classico con il contemporaneo. Per lei come per lui ci sono pantaloni con una gamba tinta unita, l’altra scozzese. La                              casacca per lei in lana cotta ha degli aerei volant sul fondo (a destra). Il cappottino perbene, in velluto a coste doppiopetto, ha la schiena a grandi quadri.Inediti alcuni tessuti dipinti dalla stessa stilista, che reinterpreta il bestiario di Ramalho.  Ultimo giorno anche per i saloni. Da White, come sempre, molte le sorprese  oltre il progetto Give a FoK-us sulla sostenibilità.  514 i brand presenti di cui 172 stranieri.  Tra questi da tenere presente  gli stilisti dell’Estonia. Viene dal Portogallo, invece, Carla M dove M è l’iniziale del cognome Matos della designer, con gioielli realizzati in plastica, acciaio, cartone, pneumatici, reti, non di recupero, ma nuovi. Vere piccole opere d’arte presenti al Moma di New York e allo MCA di Chicago. Moltissimi gli accessori, soprattutto i gioielli  al Super, che totalizza 57mila compratori, 21% in più rispetto all’edizione del 2018. Diverse le proposte dei sei designer armeni. Shabeeg punta sulle stampe di animali. Z.G.est elabora un guardaroba completo partendo dalla camicia. Da Loom virtuosismi della maglieria. Tra i Super Talents sudamericani (foto in basso), selezionati in collaborazione con Vogue, i capi psichedelici dell’argentina Vanesa Krongold. Tra gli italiani emerge  lo jogging chic di Veraroad con pigiami in seta completi di zainetto e gli stampati liberty.  Temellini Dog-à-porter  ha proposto i suoi cappottini coordinati per padrona e cane.
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domenica 24 febbraio 2019

LA MODA DA' SPETTACOLO



Penultimo giorno di Fashion Week milanese. Antonio Marras mette in piedi uno spettacolo nel suo atélier, spazio fascinoso dove le pareti al rustico convivono  con lampadari a gocce e tappeti. Poltrone, sedie, pouf, divani di ogni tipo e stile sono distribuiti nelle varie sale.  Niente musica ma voci che, attraverso la lettura di lettere appassionate, raccontano il personaggio Modigliani. L’atmosfera è quella di una festa nella Parigi intellettuale di un secolo fa, con libri e champagne. Le ragazze portano abiti che uniscono il sweet del velluto e del pizzo al rough dei tessuti maschili. I ragazzi hanno cappotti cammello con inserti animalier e giacche camouflage con ricami. Le note forti di Black is black, chiudono lo show. Un vero teatro, il Menotti, diventa la passerella di Marios, brand creato nel 2002 dallo stilista cipriota Mayo Loizou e dal regista e coreografo polacco Leszek Chmielewski. I capi dello sportswear sono contaminati: la giacca militare dall’applicazione del pizzo, la maglia  a righe tennis da una spruzzata di cristalli. La cinese Angel Chen guarda ai costumi di un’antica tribù nomade della Cina: le forme incuriosiscono, i colori incantano (in alto). Ci si chiede chi li indosserà. Poi si scopre che sotto una palandrana improbabile o un poncho anomalo ci sono pantaloni, giacche, spolverini, dal taglio impeccabile. Da Laura Biagiotti, Lavinia recupera il monogramma creato dalla mamma nel 1975 e lo mette dappertutto. Dalla casacca ai pantaloni, dagli abiti alle borse in tonalità sul rosso, sul bianco e nero o anche in rilievo sul cappotto bianco trapuntato. A chiudere la sfilata, vestita di bianco, come le modelle delle ultime uscite, Pat Cleveland, icona delle passerelle anni ’80, in una sensuale camminata-balletto. La giapponese Chika Kisada, con un passato di ballerina classica, dalla danza prende le nuvole di tulle, l’eleganza, le morbide scarpine con i lacci. E aggiunge un tocco di punk.  “Quando indossate i miei abiti vorrei che apprezzaste il movimento dei tessuti sul corpo e il senso di confort” dice il giapponese Ujoh, del brand omonimo, e, infatti, confort e attenzione all’ambiente sono i due punti forti della collezione. Debutto con una presentazione-spettacolo di VGrass Studio, marchio parte di un importante gruppo cinese, completamente made in Italy: tessuti, produzione, stile firmato Rodolfo Paglialunga. Stampe inedite, ricami preziosi, tocchi di colori dipinti a mano e petali tagliati a laser con effetto tridimensionale (in basso). Un inno al Made in Italy anche la collezione di Eleventy che reinventa capi classici. Così il tailleur è proposto con vari tipi di pantaloni. Le felpe sono realizzate con filati nuovi come il cotone e il cammello. La maglieria ha ricami particolari. Gli abiti sono fluidi, di diverse lunghezze, sempre con il punto vita segnato.     

sabato 23 febbraio 2019

E' LA STAMPA BELLEZZA!


                   










       E' possibile prendere i capisaldi del guardaroba classico, nei tessuti e nei 


colori della tradizione, e farne una collezione  donante, non scontata e innovativa? Luisa Spagnoli c’è riuscita. Parte dai ’70, uno dei periodi più creativi, e in particolare dall’Inghilterra. Utilizza i tartan, ma declinati su tessuti  armaturati. Recupera lo chemisier con stampe barocche ( a destra in alto), reiventa la gonna di diverse lunghezze. Fa uso di pied-de-poule e finestrati, ma li femminilizza accostandoli alla seta maculata. L’elegante pantalone con pinces e cintura lo propone in denim. Il trench è in ciré, il pull a rombi. Sera a effetto con tessuti maschili per fogge femminili e illuminati dal lurex. Borbonese dalle borse passa al total look, orecchini compresi. Ma non dimentica le origini e stampa l’OP, il famoso occhio di pernice, anche sulle calze. Da Roberto Cavalli il direttore creativo Paul Surridge  si concentra sulle stampe, nel rispetto della continuità. Punta alla fluidità delle linee e alla morbidezza.Gioca con le plissettature. Prende dall’archivio il pitone jacquard, s’ispira all’Art déco per la sera. Sartorialità senza ingessature per gli abiti di lui. Da Alberto Biani il tessuto è sempre il protagonista. Molte le stampe che si mescolano con accattivante eleganza ai quadri. Nicola Brognano, 28enne promessa della moda, per il brand che porta il suo cognome, immagina una fuga dell’irrequieta Maria Antonietta da Versailles. Ed eccola con zaino, tute in pile, ma anche abiti dalle maniche rigonfie in uno stampato che richiama le tappezzerie del Petit Trianon. Cappottini e giacche di leopardo da Simonetta Ravizza, ma sono agnelli stampati. E’ tempo di svolta, infatti, per la signora della pelliccia. Solo pelli di animali della catena alimentare, con qualche pezzo eccezione, non in sfilata, per il mercato coreano e cinese. La pelliccia diventa accessorio ed ecco la versione baby della Furrissima in mongolia  o in shearling da applicare alla cintura. In passerella anche l’uomo. Divertente, colorata, piacevolmente irriverente, e per un’acquirente giovane, la collezione di GCDS, dove le due prime lettere non stanno per Giuliano Calza, direttore creativo insieme al fratello, ma sono l’inizio di God Can’t Destroy Streetwear. Cividini festeggia i trent’anni e nella scenografica Sala delle Cariatidi, in cui sfila, mette un tavolo dove due suoi artigiani-pittori lavorano con la tecnica dello stencil e della serigrafia. La collezione mischia femmminile al maschile, sul Principe di Galles crea un effetto luminoso. L’animalier compare su giacche e gonne. Come colonna sonora la voce di Françoise Hardy, perfetta icona in quel suo mettere insieme un vestire da uomo e un fascino di donna vera. La passione per la stampa contagia anche l’accessorio e Giuseppe Zanotti rivisita il maculato, in particolare il leopardo, la zebra, la giraffa per tacchi, tomaie, dettagli. Grande varietà nei tacchi, dallo stiletto altissimo al platform per il sandalo(a sinistra in basso), al tacco 45 per la nuova bebé, allo stiletto basso, al tacco squadrato per stivali e tronchetti.    

venerdì 22 febbraio 2019

NON SOLO FUMO




Milano: Zona Navigli, ora di punta, strada a doppio senso con macchine in coda e un tram che arriva. Due ragazze, con tutte le caratteristiche delle blogger, all’uscita di una sfilata, si fanno fotografare in mezzo alla strada bloccando il traffico. E quando il tranviere scampanella,giustamente impaziente, gridano proterve: “Ma cosa fa non capisce?”. Fa piacere quindi scoprire che il fantastico mondo della moda non è quello, anche se è quello che vede la gente.  Quasi finita l’era di “Mi sono ispirato a…”. Oltre l’importante lato economico s’ incomincia a vederne il lato sociale. Dietro a un vestito c’è del lavoro certo, ma di che tipo? Regolarmente retribuito, o fatto di sfruttamento o peggio minorile? Cosa succede agli abiti che si buttano via, dove si riciclano? Come far capire al consumatore finale che un capo costa di più perché ha il valore aggiunto della sua sostenibilità. Su queste considerazioni e molte altre si fonda il progetto Give a Fok-us di cui è direttore artistico Matteo Ward, brillante trentenne fondatore del brand Wrad. E’ stato presentato oggi a Milano all’inaugurazione del salone White, alla presenza del sindaco Sala e di varie autorità. Al centro del progetto, un’installazione realizzata dal gruppo DrawLight, che mette insieme arte, tecnologia, creatività e scienza(in alto).  Guardare avanti, ma recuperando i pezzi forti della tradizione, un altro modo intelligente di vedere la moda. Trussardi con Archive+Now  fa rivivere i suoi pezzi iconici, soprattutto in pelle, con la rivisitazione di giovani creativi. In questa fase iniziale  del progetto, oltre le prime interpretazioni esposte, un video di sei minuti curato da Giulia e Camilla Venturini, art director e designer, dove loro stesse indossano vari capi e accessori(al centro). La ricerca dei tessuti è il punto forte di Hanita, per la maggior parte in fibre naturali o ricavati dal riciclo di materiali. Attenzione ai dettagli e sofisticate lavorazioni sartoriali  come le plissettature, piuttosto che le decorazioni che guardano  all’India e all’Oriente o la pioggia di paillettes. Ricami fatti a mano e frange realizzate su antichi telai, quindi senza l’uniformità industriale, caratterizzano la maglieria di Biancalancia  che utilizza soprattutto baby Alpaca e cashmere a più fili sottilissimi. “Le nostre capre vivono in Mongolia, non le tosiamo ma le pettiniamo”. E’ il motto di Saldarini Cashmere che trasforma i velli delle capre in imbottiture ecologiche. E per mostrarne i risultati propone flash di due collezioni di apprezzati giovani stilisti, Marco Rambaldi, vincitore del Green Carpet Award 2018 e il giapponese Ujoh.  Recupero delle tradizioni artigianali e di certi tipi di lavorazioni a mano, uniche nel loro genere, anche nella intrigante  capsule collection di Les Copains. Un omaggio  ai cent’anni della Bauhaus, di cui riprende la scelta dei colori primari, giallo, rosso, blu. Gli stemmi-logo diventano una decorazione, così come il ferro da lana per chiudere il cardigan(in basso). 

giovedì 21 febbraio 2019

FEMMINILE SINGOLARE






Forse è osare troppo dire che in queste sfilate milanesi la femminilità è in risalto. Una sorpresa, considerando l’avanzata del no-gender, continuazione in chiave polemica del vecchio unisex. Un esempio è Genny, che peraltro non si è mai staccata da quell’immagine.  La nuova donna Genny è una regina delle nevi, con quel pizzico di fiabesco da renderla creatura di fascino, ma anche quel tanto da farne donna attuale e probabile. I 

capi sono fluidi, sia gli abiti in seta che scivolano addosso, sia gli avvolgenti cappotti in morbida lana. Molte le profilature di cristalli Swarovski. Per la sera una 
                     versione inedita di smoking con ampi pantaloni in jacquard e bustino-gilet con bretelle in seta. Meno diva, ma cripto-seduttiva la donna di Antonelli Firenze. Per lei materiali e tagli che valorizzano la figura. Come il cappotto di lana con lino all’esterno (a sinistra in basso), l’abito di jersey effetto metallo, il check maschile rivisto con righe in tinta corallo e i paltò-vestaglia,  capo che si ritrova in molte collezioni, come l’abito camicia. Eccolo infatti da ZLFZSS, brand che fa parte del progetto Fashion Haining, promosso da HCLC per creare un ponte tra l’industria italiana e quella cinese. Sfila al Museo della Scienza e della Tecnica e, coerenti, gli stampati si ispirano  ai dipinti di Leonardo. Grande attenzione alla sostenibilità. Una ventina di materassi impilati intorno ai quali girano ragazze e qualche ragazzo, ogni tanto ci salgono sopra, ci si rotolano. Siamo alla sfilata di Act N°1, marchio fondato nel 2016 da Luca Lin e Galib Gassanoff, come dice il nome, primo atto della vita dei due designer.  I materassi evocano la camera da letto, luogo dove si sogna, si fa progetti, si pensa al futuro. Qui le camicie di seta diventano abiti vestaglia. I colori dell’autunno londinese sono uno dei punti di partenza della collezione di Anteprima (in alto a sinistra). Ogni capo,  dal giaccone matelassé al cappotto redingote, dal tailleur al paltò patchwork di tessuti finestrati, sono un perfetto ed equilibrato mix di elementi maschili, spunti di femminilità, casual chic. I colori dell’autunno anche nella presentazione di Gentry Portofino (in alto a destra). L’affasciante Sala Mengoni, attico di Cracco in Galleria , diventa un giardino con foglie secche e piante, dove le modelle  sono parte di tableaux vivants, enfatizzati dal riflesso negli specchi. E si apprezza la perfezione delle lavorazioni. La stessa sala Santoni la trasforma nel percorso di una mostra. Cinque installazioni di donne a ognuna delle quali si accorda un certo tipo di scarpa. Si ispirano alla Milano dell’architettura le scarpe, ma soprattutto le borse di Salar, brand creato dalla coppia, nel lavoro e nella vita, della pugliese Francesca Monaco e  del messicano Salar Bicheranloo. Ecco il colore del Castello Sforzesco, un effetto dorato che richiama la casa della Fondazione Prada, eccetera. Un omaggio a Milano che ogni tanto si tinge di esotico, come le borchie metalliche che ricordano piccole le piramidi vicine a Citta del Messico (foto in alto).