venerdì 28 dicembre 2018

NO TAV, NO VAX, NO FEST..




Arriva puntualmente ogni anno anzi ogni fine d’anno e sempre ogni anno giornali, riviste,vetrine, televisioni parlano di cenone di Capodanno, di cosa mangiare, cosa bere, come vestirsi, e soprattutto svestirsi. Ci sono oroscopi interamente dedicati, spettacoli teatrali con brindisi, trasmissioni tv con film ad hoc. E poi ci sono i No-Fest, gruppo sempre più ampio e in grande crescita. Maschi e femmine tra i 30 e i 50, cultura livello universitario, escono mediamente tutte le sere, ma il 31 scelgono di andare a dormire, spesso aiutati da sonniferi, intorno alle 10 p.m. Niente ragioni economiche, bambini da seguire, anziani da assistere, la motivazione è solo ideologica. La moda è con il cibo la compagna più fedele dei festeggianti. Argento, oro e sfavillii sono in prima linea, insieme al rosso e a un plus per stupire.  Danié Made in Sicily su orecchini, borse, collane, tutti fatti a mano, aggiunge a glitter, paillettes, ecopelliccia, oro, il tocco chilometro 0, o quasi, di una ceramica di Caltagirone (in alto). I calendari sono in pole position. Tra i grandi classici, il quarantaseienne calendario Pirelli.  S’intitola Dreaming e in quaranta scatti, a colori e in bianco nero, tra Miami e New York, il fotografo Albert Watson racconta quattro storie di donne, interpretate dalla top model  Gigi Hadid, dalle attrici Julia Garner e Laetitia Casta, dalla ballerina Misty Copeland. Vuole trasmettere la gioia di vivere, e ci riesce, il Beauty Curvy, ormai un must alla sua settima edizione. Ideato e progettato da Barbara Christmann ha come protagoniste quindici bellezze curvy tra i 20 e i 40 anni fotografate da Stefano Bidini (nella foto Giugno). Attesissimo per il suo sense of humour il Calendario Esselunga. Promette che il 2019 sarà un anno da favola. E quindi dopo la copertina con Pera un volta, prosegue dedicando a ciascun mese una favola, in cui i personaggi sono quello che offre il supermercato. Come I tre porcellini, ops…tortellini per ottobre.

venerdì 21 dicembre 2018

UNIDENTIFIED FLYING (?) OBJECTS


Esistono gli UFO? Nel senso di non identificati, volanti(non sempre), oggetti, sì. C'è, per esempio, un temperamatite in plastica di vari colori. Fotografato da solo è un temperamatite, messo vicino a un oggetto di proporzioni conosciute, si 
rivela in realtà 
        
un enorme temperamatite e si usa per tagliare, anzi temperare le carote. C'è un oggetto in gomma  rettangolare, con degli spuntoni. A un bambino fantasioso e amante del macabro potrebbe sembrare un istrice senza testa. E' un pratico porta-ombrelli, in cui infilare anche quattro ombrelli. C'è un coniglietto che si aggrappa a un mug di ceramica. Non è un'inutile decorazione. Sostiene una boccia per té, per un té unipersonale. C’è un libro con una copertina in legno, senza scritte. Se si apre le pagine diventano un soffietto che emana luce. In sostanza una lampada. Ci sono degli scheletri di pesce in gomma colorata. Sono perfetti per appoggiarci sopra la saponetta senza farla scivolare e lasciando colare l’acqua insaponata. E poi c’è uno strano oggetto peloso che si muove, al posto della testa ha un cono rovesciato. Questi UFO non sono difficili da individuare.  Li si può trovare alla stazione di Roma, nella  boutique di un museo a New York, in una strada di Milano.  Di questi tempi, tra l’altro, possono essere ottimi oggetti regalo: sorprendenti ma anche funzionali. Eccetto l’animale, con quello che pomposamente viene definito collare elisabettiano. E non perché non è funzionale, ma perché un cane non può essere un regalo-sorpresa. Deve essere regalato solo a chi si conosce molto bene, meglio se ci si convive. Non sono rari i casi di cuccioli, con fiocco rosso al collo, trovati nei bidoni dell’indifferenziata il 26 dicembre.  O del carlino, canide molto fashion,  portato al canile o a un veterinario compassionevole e scambiato (dal regalante) con una it-bag firmata.

giovedì 20 dicembre 2018

STAR CHIC


Da vedere a Palazzo Morando, a Milano, ci sono solo abiti e un paio di scarpe da sera, ma la mostra Abiti da Star più che di moda racconta di costume. Attraverso la vita, anzi l’abbigliamento di Rosanna Schiaffino descrive l’Italia dell’ultimo quarto del secolo scorso. Dagli inizi della sua carriera cinematografica fino agli ultimi anni da signora dell’alta borghesia milanese. A parte qualche foto di film, i vestiti esposti su un manichino e con dettagliate didascalie parlano più della donna che dell’attrice. Si scopre così che Schiaffino è stata forse l’ultima diva di un altro secolo, e anche l’ultima storia da Principe Azzurro. Dopo un primo matrimonio con il produttore cinematografico Alfredo Bini, che su di lei ha avuto una funzione pigmalionesca, la bellezza mediterranea , vista dalla stampa americana come l’erede di Sophia Loren e Gina Lollobrigida, si sposa con  l’imprenditore Giorgio Falck. Per volere di lui, smette di fare l’attrice per dedicarsi completamente al ruolo di madre e soprattutto di moglie rappresentativa, che sosterrà fino al divorzio. Certo può avere giocato, per l’abbandono delle scene, la sua figura  prosperosa  in un momento in cui le curve non erano più richieste e una nuova generazione di bellezze androgine si affacciava sui set. Gli abiti esposti in qualche modo lo confermano.  Ma sui lunghi da tappeto rosso e i corti da cocktail, insomma gli abiti da star, disegnati per lei da Germana Marucelli o da Federico Forquet prevalgono i pezzi da signora elegante realizzati dai grandi stilisti. Dalla sahariana e l’iconico smoking di Yves Saint Laurent ai femminilissimi vestiti di Valentino, ai più straordinari ed emblematici capi di Gianfranco Ferré. Come il tailleur in tessuto maschile, la camicia di seta bianca, la gonna con fiori applicati abbinata alla blusa nude look. Con la divertente parentesi hippy chic dei Seventies, sintetizzata nei camicioni floreali, ma grandi firme.  Aiutano  ad inquadrare il periodo due film luce in bianco e nero,  uno del suo matrimonio  con Bini, l’altro  della sua  apparizione  a Londra fra  regine madri,  famiglia reale e grandi attori shakespeariani. La mostra, inaugurata oggi, chiude il 29 settembre 2019.

lunedì 17 dicembre 2018

RACCONTI DI NATALE




Questo Natale si sono venduti meno giocattoli che nel 2017. Non è una sorpresa, ma un trend in atto da tempo. Come motivazione il calo degli acquisti non regge, visto i numeri di altri settori, al primo posto cibo e vini. Che i bambini siano meno, perché ne nascono meno, può incidere, ma non in forma così alta. Quali allora le ragioni? Bambini più trascurati? Per quanto dickensiana e quindi natalizia, la risposta non può essere presa in considerazione. Interessi dei bambini per altri settori? Le cifre spese per l’abbigliamento degli under 14 e i videogiochi sembrano suffragare questa ipotesi. Ma cosa ne sarà di Babbo Natale? Niente paura, nei centri commerciali continua a essere una figura fondamentale. Le letterine per lui, forse trasformate in mail o sms e cosparsi di faccine, ci sono ancora. Quanto al viaggio a Rovaniemi, la casa di babbo Natale, è una meta sempre più gettonata.  Ma se è il vecchio è a Rovaniemi, dove viaggia in sontuose limousine, chi sono tutti quelli che per le strade di Cinisello Balsamo, Catania, Piacenza, Porto Empedocle se ne vanno in giro distribuendo dépliant o portando giocattoli? Come si può riuscire a spiegare a bambini, sempre più scafati, il concetto del replicante, senza fare cenno ai mistificatori? Forse non se lo chiedono neanche, perché hanno capito che è tutta una questione di business. Ma se il Natale non è più la festa dei bambini, di chi lo è? Degli adulti naturalmente. Delle mille iniziative, la maggior parte sono dedicate agli over 14. A Milano il Villaggio delle Meraviglie nei Giardini Pubblici ha la cassetta per le letterine e un Babbo Natale  a disposizione, ma il patinoire è frequentato da adulti. Al taglio del panettone da Guinness dei Primati  (332 chili e un diametro di 115 cm.), firmato dallo chef chocolatier Davide Cremaschi, c’erano soprattutto i grandi. Gli stessi che in Galleria guardano ammirati l’albero di Swarovski(foto al centro). O cercano di capire le strane scritte sul video-albero del le Darsena. Per non parlare poi delle luminarie di 
Torino e Salerno. Vere mostre d’arte, non a caso si chiamano Luci d’artista. Sono nei cortili, nelle vie, nelle piazze. A Torino  in 
Piazza Palazzo di Città c’è il Tappeto Volante di Daniel Buren. Proiettate in Piazza Carignano le geometrie di Mario Airò. Nicola De Maria in Piazza Carlina ha trasformato i lampioni in alberi con nidi e fiori. C’è un abete di cristallo in Piazza S.Carlo (foto in alto). A Salerno in Piazza Flavio Gioia c’è un tempio di Poseidone fatto  con le luci, mentre in piazza Cavour, sempre in omaggio al Mediterraneo, delfini luminosi saltano su onde altrettanto luminose. E poi ci sono i mercatini, presi d’assalto con cifre record. Come quello di Trento con 92 casette che propongono artigianato (forse qualche giocattolo)e gastronomia locale e naturalmente luci, luci, luci. Non d’artista ma d’effetto (foto in basso).

mercoledì 12 dicembre 2018

ASPETTANDO PAOLO '



Difficile definire il genere teatrale di Paolo Rossi. Certo la comicità è la caratteristica che lo contraddistingue dall’inizio della sua felice carriera. Ma non è certo la più importante.  In quest’ultima puntata del suo lavoro da regista Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles, c’è dal teatro dell’assurdo al teatro a canovaccio,             

dalla satira al teatro dialettale e perfino del musical, ma con una base ben radicata  di conoscenza dei classici. Un repertorio che non si limita a Molière nominato nel sottotitolo Da Molière a George Best, dove Best è proprio il calciatore, ma spazia dalla commedia dell’arte a Shakespeare, 
al pluricitato Beckett di Aspettando Godot. Non c’è sfoggio o gusto per la citazione a tutti i costi. E’ una forma di linguaggio, un mezzo di espressione. E tra l’altro in questa Quinta stagione completa, com’è definita sempre nel sottotitolo, si nota una forte evoluzione rispetto alla precedente puntata, presentata a giugno. Lo spettacolo è più completo, più strutturato, pertanto più coinvolgente. Anche in questo c’è la compagnia teatrale che sta arrivando a Versailles, c’è la sovrapposizione di sogno, realtà, recitazione. Come il precedente inizia con Paolo Rossi che dorme. Non è più disteso su un divanetto capitoné Luigi XV, ma su una più contemporanea dormeuse in velluto rosso. Sempre sbracato, con il suo cappellaccio e i pantaloni un po’ logori. Intorno a lui due musicisti e sei attori di cui qualcuno presente già nella scorsa puntata. Ognuno si esibisce in un pezzo, chi con le indicazioni del capocomico, chi improvvisa seguendo un suo istinto, chi canta, chi mima. Il dialogo di Rossi con il pubblico è continuo, anche se  non si aspetta risposte, ma le immagina. La satira del mondo politico è sempre presente, aggiornatissima. Alle volte con battute scontate, ma sfumate e rese incisive con quella visione capace di autoironia. Come nella splendida descrizione dell’intellettuale radical chic che ha trovato il modo di dormire a teatro, senza che nessuno se ne accorga. Essenziali, ma ben studiate luci e scenografia. Moltissimi gli spunti e le idee, anche troppe da condensare in un unico spettacolo, che avrebbe potuto essere ottimo anche con venti minuti di meno. Il re anarchico, prodotto da TieffeTeatro,  è al Teatro Menotti di Milano fino al 31 dicembre. E per la notte di Capodanno è prevista una replica speciale e assolutamente originale alle 22. “Con delirio organizzato e la possibilità di ospiti in scena e pura improvvisazione”.(Foto di Massimiliano Fusco).