mercoledì 30 ottobre 2019

ANGELI E DIAVOLI


Straordinario che il pluripremiato Angels in America scritto da Tony Kushner tra il 1992 e il 1995 continui a essere trascinante e di grande attualità. Tenuto conto che l’azione si svolge nella New York anni 80, periodo molto sfruttato tanto da essere diventato scontato, come del 
                  resto i personaggi, quasi emblematici e con problematiche circoscritte al momento. Ma in realtà non c’è niente di schematico, ci sono angolazioni, interpretazioni differenti, che permettono intriganti accostamenti e confronti con situazioni contemporanee. Che solo una regia di qualità, oltre che naturalmente scenografia e recitazione  all’altezza, mettono in evidenza. E’ quello che succede sul palcoscenico del Teatro dell’Elfo di Milano, dove a dieci anni dalla prima volta viene rappresentato Angels in America  diviso nelle due parti Si avvicina il millennio e Perestroika. Alcuni attori sono nuovi, altri sono gli stessi della prima volta, in ruoli diversi o negli stessi ruoli, come Elio De Capitani che insieme a Ferdinando Bruni cura la regia. Anche in questa versione è il volgare e corrotto avvocato Roy Cohn,  “the original Donald Trump” ha scritto il New York Times. Tutto si sviluppa intorno a due giovani coppie, i gay Prior e Louis e i coniugi Pitt, lui avvocato con un’omosessualità non accettata e lei Harper depressa e Valium dipendente. Le scene di Carlo Sala sono perfette per far entrare in ambientazioni diverse con pochi elementi: un tavolo, un frigorifero, due sgabelli da bar, un letto e una voluta prevalenza di vuoti. Fondamentale il supporto dei video di Francesco Frongia, che raccontano ora Central Park, ora un bar alla moda, ora lo skyline di New York, ora gli esterni del palazzo di Giustizia. Ma le immagini, a simulare la visione di una realtà deformata dei personaggi, sono sfumate, truccate, border line con sogno e allucinazione. Fino ad arrivare in certi momenti a toni esasperati e barocchi. Come quando l’angelo scende dal soffitto buttando calcinacci intorno al letto di Prior, malato di Aids. Con cui finisce Si avvicina il millennio.  Angels in America, prodotto da Fondazione Campania dei Festival, Napoli Teatro Festival Italia, Teatro dell’Elfo, è a Milano fino al 24 novembre. Si può vedere in due parti o in un’unica Maratona.    

sabato 26 ottobre 2019

L'ARCHEOLOGO DEL FUTURO




E’ chiamato così Julian Charrière (classe 1987) che al MASIL, Museo d’arte della Svizzera italiana di Lugano, presenta l’installazione Towards no Earthly Pole. Proprio come un archeologo indaga e raccoglie tracce del passato, l’artista svizzero, che vive a Berlino, documenta le tracce che stiamo

lasciando per il futuro.  Un grande progetto iniziato nel 2017 in cui Charrière spazia fra arte, scienza e discipline diverse. Perché spesso “la specializzazione significa chiusura” spiega Francesca Benini, curatrice della mostra. E quindi il suo ruolo sfiora fisica, geologia, ma anche storia e letteratura. Non a caso il titolo è un verso che il poeta inglese Alfred Tennyson dedica all’esploratore John Franklin, morto durante una delle prime spedizioni polari di metà Ottocento. Quando i ghiacciai erano le “frontiere più ardue da conquistare” e più lontane dalla vita dell’umano, mentre oggi “sono fragili ecosistemi da proteggere”. Con la consulenza di ricercatori e  l’uso di droni ha filmato l’Antartide, i ghiacciai svizzeri dal Rodano all’Aletsch, dal Monte Bianco all’Islanda, alla Groenlandia. Il risultato è un video di un’ora e quaranta minuti, in cui appare una natura reale che con la postproduzione svela il punto di vista dell’artista.  I suoni che accompagnano il racconto sono registrati e quindi autentici, veri, ma elaborati con la collaborazione di un compositore.  La proiezione avviene in un enorme salone dove al buio  si cammina su ghiaia con odore di bitume,  tra grandi sassi che evocano i massi erratici spinti dai ghiacciai, però bucati a simulare l’erosione e appoggiati a elementi metallici, per rivelare l’intervento dell’uomo. Il pubblico sta in piedi o si sdraia su un grande materasso al centro. Sullo schermo semicircolare compaiono immagini di ghiacciai, montagne, rocce, grotte, laghi, crepacci. All’inizio c’è un approccio documentaristico, interessante ma non coinvolgente e poi, anche con la complicità della musica, si è trascinati. Quelli che sembravano paesaggi freddi diventano luoghi lunari e pieni di mistero. Le rocce grazie a giochi di chiaroscuri, simulano profili di giganti, i ghiacciai che si sciolgono hanno qualcosa di animalesco.  Ogni tanto si individua una figura umana lontana, spesso sono illusioni ottiche, ma qualche volta è uno dei ricercatori della troupe. Prima di entrare nel salone ci sono due opere dell’artista, il  Cannone con le sue pietre e la video installazione che riprende la fontana di Lugano incendiata per insistere sulla coesistenza dei due elementi opposti, l’acqua e il fuoco. La mostra, che apre domani, chiude il 15 marzo, per poi spostarsi, con i dovuti riadattamenti, sempre in Svizzera all’Aargauer Kunsthaus di Aarau e poi al Dallas Museum of Art.

martedì 22 ottobre 2019

INASPETTATE CONTAMINAZIONI


Se qualcuno vuole farsi un’idea di quanto il fenomeno delle contaminazioni stia prendendo campo, il festival del Viaggio, a Biella fino al 12 gennaio, è il luogo deputato. Basta vedere la varietà di mostre distribuite nei tre palazzi del Piazzo. Al Palazzo Gromo Losa, si scoprono linguaggi dell’arte e della fotografia diversi da quelli di Palazzo Ferrero. A cominciare dall’atélier nomade e stanziale di Stefano Faravelli, dove l’artista mette insieme in cornici ad hoc, suoi carnet de voyage  con disegni realizzati en plein air, testi di botanica, bestiari, rielaborati con scritte di grande humour e creatività. Si parla di tecniche miste, di tempere e acquerelli su carte speciali piuttosto che su moleskine(foto in basso). Maurizio Vezzoli parte da immagini in bianco e nero delle Eolie per arrivare a quelle a forti colori della cucina, altrettanto colorata, delle isole. In 4X10 quattro fotografi di quattro diverse età ritraggono quattro luoghi del mondo lontani tra loro: dal periferico quartiere milanese dell’Ortica alle colline del Monferrato astigiano, dal Maranhao il più povero stato brasiliano, a fonderie e fabbriche del Madagascar. Viaggio e artigianato è la contaminazione della piccola mostra Baton de voyage curata da Nurye Donatoni dell’Institut Valdotain de l’Artisanat de Tradition (foto in alto). Nei saloni con trompe l’oeil di Palazzo La Marmora è di scena la moda con Sixforsix, che  contamina appunto moda, cinema, video. Attraverso sei personaggi, viaggiatori per lavoro e passione, racconta versatilità e raffinatezza di un marchio mito del biellese, il Lanificio F.lli Cerruti 1881. Ecco ripresa nella vita londinese la stilista di cappelli Sarah-Ann Murray. Tra calli e canali veneziani Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra del Cinema di Venezia e biellese. Tommaso Spadaccino, altro biellese promessa della danza, è ripreso mentre balla a Milano tra l’Accademia della Scala dove studia e la galleria. Ritratto a Biella, la sua città, Alex Gariazzo musicista e chitarrista. E’a Parigi Eric Charles–Donatien artista della piuma con cui caratterizza décolletées e sneakers. A Stoccolma s’incontra il giovane influencer disabile Emil Levin. Dopo aver visto i video, il visitatore è invitato nella sala attigua per indovinare tra i completi sui manichini, quello creato dai creativi del Lanificio per ognuno dei sei. Se per l’unica donna, per il più classico Barbera o per il ballerino alla ricerca della massima vestibilità il gioco è semplice, non lo è altrettanto per gli altri, ma le colonne e un pannello con foto e caratteristiche di ognuno dei personaggi danno le risposte (foto al centro). Assolutamente da vedere la piccola sala con appesi, come quadri, gli scampoli di tessuti. Da sollevare uno a uno per scoprire sotto frasi sul viaggio, scritte da celebrità e anonimi.


lunedì 21 ottobre 2019

BIELLA ESPERIENZA

 foto Daniele Pellegrini
 foto Daniele Pellegrini

Pioggia torrenziale e dense nebbie non hanno tolto fascino a Biella Alta, dove si è aperta la terza edizione di Viaggio, orizzonti, frontiere, generazioni, il festival che fa incontrare viaggio e arte
                Si svolge fino al 12 gennaio, come sempre, nei tre palazzi del Piazzo, con qualche appendice in location vicine. A inaugurare, a Palazzo Ferrero (nella foto in alto il cortile), varie presentazioni di libri che a immagini o a parole, con dialoghi o interviste hanno fatto 

viaggiare il pubblico, sotto i soffitti affrescati(foto a destra). Dopo la presentazione venerdì di La Via dei Sassi, da Bari a Matera lungo il cammino Materano, di Andrea Mattei, il sabato è stata la volta della Neos, associazione di giornalisti di viaggio, di cui alcuni soci, con varie formule, hanno presentato i loro libri. Così Pietro Tarallo, presidente Neos e autore di Il giro del mondo in 80 paesi e Federico Formignani, autore di Ricordi di viaggio, hanno dialogato, con un amarcord di aneddotica, dove gli incontri con la gente si sono rivelati insostituibili protagonisti. Alberto Siliotti, che vive tra Italia ed Egitto, ha parlato dell’ ultimo libro, dedicato a Giovanni Belzoni, l’esploratore pioniere dell’archeologia, sconosciuto ai più, che a cavallo tra 1700 e 1800 ha fatto aprire il tempio di Abu Simbel, è entrato per primo nella piramide di Chefren, e a cui finalmente la sua città, Padova, rende omaggio con una mostra. Enrica Simonetti, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno di Bari, appassionata di mare e velista, ha incantato la platea con immagini e storie sui fari, raccolte in Giro intorno ai fari d’Italia, edito da Laterza. Domenica, Fabrizio Ardito esperto di cammini, ha raccontato le sue esperienze racchiuse in diversi brillanti libri-guida. Firmata dai fotografi Neos Sguardi dal mondo, scatti non convenzionali da dove emerge il diverso modo di guardare il mondo intorno, ribadito dalle didascalie (foto al centro). Tra le altre esposizioni, sempre a Palazzo Ferrero, la curiosa piccola rassegna volante di Edoardo Bernascone che attraverso svolazzanti, appunto, foto appese a un filo fa rivivere i 12mila chilometri, da Biella alla Mongolia, percorsi in bici in un anno. Ogni cento metri il mondo cambia s’intitola la collettiva di cinque artisti che con differenti linguaggi visualizzano temi di un’attualità preoccupante. Come le foto intrecciate di Gigi Piana che richiamano l’attenzione sul disfacimento della natura causato dall’uomo. Le fiabe, il mito, le leggende metropolitane rivivono nelle surreali sculture in resina di Tiziano Soro. Invitano a un viaggio nella fantasia le luminarie in legno e luci a led di David Cesaria. 

venerdì 18 ottobre 2019

MEDEA E' TORNATA



Riproporre la tragedia greca è sempre un’operazione coraggiosa. Specie se lo si fa in un teatro normale, e non si cerca una trasposizione in chiave contemporanea come scenografia e costumi. E’ il caso di Medea di Euripide nell’adattamento di Romina Mondello, che ne è anche la protagonista. Dopo essere stato rappresentato, con grande successo, al Teatro Olimpico di Vicenza per il 72° ciclo di Spettacoli Classici, Medea approda al Teatro Menotti di Milano con la regia di Emilio Russo. Sul palcoscenico, forse lo spazio davanti al Palazzo di Creonte, nessun elemento che lo identifichi, ma una barca invasa da reti e delle casse che alludono alla vita instabile e senza più riferimenti di Medea.  E’ un’ambientazione sfumata che non vuole prevaricare ma solo   comunicare il senso dello spaesamento, come i canti della brava Camilla Barbarito. Il ritmo, piuttosto lento all’inizio, si fa di momento in momento più concitato. Corrisponde alla trasformazione di Medea da donna fragile che non riesce a superare il dolore di essere stata lasciata da Giasone nella determinata e crudele assassina, anche dei suoi figli. Che uccide non tanto per un gesto di disperazione quanto perché, generati da lei, fanno parte di quel corpo, che come dice nel primo monologo, è assoluta proprietà del marito. Per lei come per tutte le donne. Ed è proprio questo aspetto ben evidenziato che rende la vicenda ancora più drammatica. Dietro al gesto di Medea non ci sono la passione d’amore esasperata e la gelosia accecante, ma si può quasi vedere un’operazione, folle e orribile certo, ma emblematica e di riscatto della figura femminile. Accanto a una talentuosa Romina Mondello, perfetta in quel ruolo, Alessandro Averone è un Giasone sempre un po’ sopra le righe, ma giusto per raccontare un personaggio ambiguo, cinico e credulone nello stesso tempo, troppo interessato all’ascesa sociale attraverso il matrimonio con la figlia di Creonte per pensare ai sentimenti di chi gli sta intorno. Fondamentali per entrare nella storia gli altri quattro attori. Le musiche, che ben accompagnano o si sostituiscono al recitato, sono di Andrea Salvadori, Premio Ubu 2018, il riconoscimento più importante di teatro in Italia. Medea è al Teatro Menotti fino al 27 ottobre.