giovedì 28 novembre 2019

PROFONDO ROSSI


Deve essere un’esperienza esaltante e di grande soddisfazione per un attore salire sul palco e parlare al pubblico rinnovandosi ogni sera. Ovviamente tenendolo attento e facendolo uscire divertito e contento. E’ quello che succede al Teatro della Cooperativa di Milano dove fino al 1° dicembre è in scena Paolo Rossi. Lo spettacolo si chiama Allenamento col pubblico. Serate di studi e improvvisazione. Ma non si tratta né di uno spettacolo a canovaccio, né del solito spettacolo interattivo, ormai un po’consumato. Come spiega Rossi: “Il pubblico sarà attivo. Partecipante. Come i Greci allo stadio e gli ultras a teatro. Esentati i timidi. Per cui nutro il massimo rispetto”. Per quanto carica d’ironia, la frase è sentita, nel senso che dal pubblico cerca di trarre spunti non necessariamente per un dialogo, ma non gli impone niente e non esige niente. Non sfrutta l’impaccio di chi è timido o schivo per provocare la risata. Il pubblico partecipa se ne ha voglia, aiutato dalla luce in sala che resta accesa. Racconta della sua vita soprattutto da attore, ma non dal piedestallo e nemmeno facendo leva su quella semplicità fasulla del tipo sonounodivoi. Parla del servizio militare ad Acqui Terme  parodiando il reduce dal Vietnam, racconta del suo debutto alla Scala ironizzando sul variabile modo di salutare il pubblico di cantanti e musicisti. Ed è una sequenza di mosse e gesti irresistibili. Parla dei classici Omero, Euripide, senza mai incorrere nell’attualizzazione banale. Perfino nel tipico commento sulla lunghezza delle pause nel teatro beckettiano riesce a non essere scontato. Dietro le frasi spiritose e i racconti buffi s’intravvede la professionalità dell’attore capace, se è il caso, di parlare con la voce impostata, di essere serio e convincente, piuttosto che folle e surreale. E s’intravvede anche la cultura non esibita e nemmeno appiccicata addosso, ma connessa con il suo lavoro. Divertente il cenno al Lenin nel grande ritratto su una parete del teatro, con il dito puntato, fa notare Rossi, alla porta della toilette. O al suggeritore inesperto che all’attore che recita il monologo di Amleto, suggerisce “non essere”, prendendo per un vuoto di memoria la pausa dopo “essere”. Bis con una barzelletta di humour inglese sui politici italiani, per cui chiede di spegnere le luci in sala. Chissà se il bis è sempre lo stesso o lo cambia ogni sera?

domenica 24 novembre 2019

GIOCANDO CON LA GIOCONDA





I pavesi lo sanno, ma la maggior parte degli italiani lo ignora. Il ponte ad archi che s’intravvede nello sfondo della Gioconda  potrebbe essere il Ponte del Diavolo sul fiume Trebbia, che  nei giorni di sereno si vede dal Castello di Pavia (in alto, come appare nel percorso di realtà virtuale). Quindi il capolavoro più famoso del mondo potrebbe essere stato dipinto in questa città, dove il genio visse vent’anni, lavorando e frequentando le lezioni di anatomia, fondamentali per lo studio sull’Uomo Vitruviano. Normale quindi che Pavia gli dedichi per i cinquecento anni dalla morte una mostra centrata proprio sulla Gioconda, dal 24 novembre al 29 marzo 2020. S’intitola Looking for Monna Lisa e come dice il sottotitolo racconta misteri e ironie attorno alla più celebre icona pop. La Gioconda è quindi il punto di partenza di opere contemporanee. Sull’onda di quel capitolo di storia dell’arte, per cui nel 1919 Marcel Duchamp, sostenendo che gli artisti devono “scegliere oggetti della quotidianità e farli diventare arte”, prende una cartolina con la Gioconda e disegna i baffi. La intitola LHOOQ, alludendo 
   a una sfrenata sessualità  della  signora.  L’ironia sull’opera d’arte è sdoganata e più tardi nel 1959 su un numero di Bizarre, Dalì avrà modo di scrivere “L’evento più fondamentale dopo la dichiarazione dei diritti dell’uomo è la dichiarazione a disporre liberamente della Gioconda”. La rivista con Monna Lisa bendata in copertina  è uno dei pezzi esposti nello Spazio Arti Contemporanee del Broletto. Insieme a molte altre opere tra cui Money Lisa di Sarenco, in cui intorno al volto ci sono le banconote da 50mila lire con Leonardo, attacco all’uso strumentale dell’arte per il merchandising.L’opera di Julian Blaine  mette insieme Monna Lisa e la Marilyn di Warhol. Ci sono i lavori della Orlan che fa della chirurgia plastica una performance grazie alla quale si trasforma per somigliare a Monna Lisa. La mostra prosegue nelle sale del Castello Visconteo, dove l’ambientazione è straordinaria. C’è Inachevé di Ben Vautier, gli zoccoli con paesaggio di Elisa Zadi riferimento a una Monna Lisa che viaggia, la Bat Lisa in terracotta policroma di Gianni Cella(foto al centro). Frida Kahlo è ripresa nella posizione della Gioconda da Giuseppe Veneziano. Lorenzo Puglisi decostruisce il capolavoro per farne emergere solo il volto e le mani su un fondo nero. La chiesa sconsacrata di Santa Maria Gualtieri accoglie Monna Lisa Who? l’esperienza multimediale realizzata dallo studio Karmachina sull’ipotesi che Monna Lisa sia Isabella d’Aragona, con affascinanti immagini da caleidoscopio. Sempre al Castello si può ripercorrere  con il progetto di realtà aumentata di Way, i luoghi di Pavia e dintorni che hanno ispirato il maestro. Completa la mostra-celebrazione un gigantesco Leonardo di cinque metri per quattro, in idroresina e marmo cipollino, di Eleonora Francioni e Antonio Mastromarino, in Piazza del Municipio.  


giovedì 21 novembre 2019

E' TUTTO ORO QUEL CHE LUCE


            
Quando si parla di oro nella  pittura , il riferimento immediato è all’arte sacra, a pale di altari, trittici con annunciazioni e madonne, affreschi di chiese. Stupisce quindi una mostra di artisti contemporanei che usano l’oro in opere che hanno poco o nulla di religioso. E’ il caso di Oro,1320-2020. Dai maestri del Trecento al Contemporaneo alla Galleria Salamon di Milano dal 22 novembre al 31 gennaio. In uno degli affascinanti 

palazzi di uno dei tanti, inaspettati e segreti cortili del centro. Qui, in piccole sale, con luci ben studiate che moltiplicano la curiosità, opere dal Trecento al Tardogotico, per lo più di tradizione giottesca, affiancate a lavori di tre italiani degli ultimi cinquant’anni. Un modo per raccontare la storia della foglia d’oro, pezzo forte del nostro artigianato artistico. Ecco incoronazioni della Vergine, svariate Madonne con bambino, un angelo annunciante (nella foto Antonio Veneziano, 1375), una crocifissione, un martirio e, a sorpresa, un corteo trionfale di Traiano attribuito a Giovanni Di Tommaso Crivelli e datato 1475. In alternanza le opere di tre maestri contemporanei, di cui uno è Lucio Fontana con uno straordinario Concetto spaziale, conosciuto dai più come “un taglio”, del 1960, realizzato in tessuto dorato. Non meno pregevoli e altrettanto d’effetto i lavori di Maurizio Bottoni e Paolo Londero. “Non m’interessa la realtà, ma quello che accade dentro” dice Bottoni (classe 1950) e con meticolosa attenzione  studia e cerca di evidenziare le caratteristiche dei Coleotteri, dipinti a colori su un tondo d’oro, piuttosto che le Rose di Pelizza, omaggio al pittore divisionista. Racconta la vita nell’alveare in un Trittico con le api dorate. Descrive le Erbe di campo partendo dalla zolla (v.foto). E tutto sul filo  di una poetica ironia, come lo scheletro disteso con la scritta “Oggi riposo”. Paolo Londero (classe 1969)narra piccole fiabe in cui protagonista è un animale. Dalla Gallina d’Oro che vicino ha un uovo d’oro da cui esce il pulcino (v.foto) all’Avaro, un polpo avvinghiato a una pepita d’oro, fino alle Creature, formiche nere che si ammassano per entrare attraverso un ramo nel Creatore, un teschio di scimpanzé in oro zecchino. La galleria è aperta tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19.


mercoledì 20 novembre 2019

COP(P)IA CONFORME



Che Coppia aperta quasi spalancata, scritta da Franca Rame e Dario Fo, sia stata una delle pièce più di successo degli anni Ottanta non c'è bisogno di conferma dalle statistiche che riportano la sua messa in scena in trenta teatri tedeschi nello stesso periodo. Sicuramente è datata, dato che la coppia protagonista sono due ex sessantottini, con passato e velleità da figli dei fiori. La riedizione di Infinito Teatro con la regia di Alessandro Tedeschi rivede, quindi, certi dettagli per attualizzarli, ben attenta però a non snaturarne la struttura. Chiara Francini è una perfetta Antonia, sia nei panni ingoffanti e con tendenza al piagnisteo della moglie tradita e trascurata, sempre sull’orlo del suicidio e dell'omicidio, sia in quelli della donna liberata e indipendente in piena storia con un affascinante fisico, più giovane di lei, addirittura candidato al Nobel. Alessandro Federico è quanto mai convincente nel ruolo del marito fedigrafo, con la pretesa di spacciare le sue continue scappatelle come necessarie per il superamento del matrimonio borghese. E altrettanto in quello dell’innamorato macho e geloso  che non  accetta di essere sostituito. Le battute si susseguono senza sosta, con qualche aggiustamento rispetto al testo originale. Ecco che le banalità sull’amore attribuite all’allora autorità in materia Alberoni, prendono la paternità di Recalcati. Certi modi di dire sostituiscono altri. Curiosamente il prototipo-riferimento di bellezza maschile citato resta Padre Ralph (Richard Chamberlain) di Uccelli di Rovo, la serie tv del 1983 più amata dalle casalinghe. Essenziale, ma ben studiata la scenografia di Katia Titolo. Buone e mai prevaricanti le musiche di Setti. Coppia aperta quasi spalancata è al Teatro Menotti di Milano  fino al 24 novembre. Per proseguire in tournée per l’Italia fino al 31 gennaio 2020. 

martedì 19 novembre 2019

ATTENTI A QUEI DUE


Sala zeppa ieri sera al Teatro Menotti di Milano per Interessa l’articolo?, lo spettacolo-rassegna stampa ideato e condotto da Enrico Bertolino e Luca Bottura. Un format, sperimentato già alla radio con successo, che vede sul palco un cabarettista-opinionista e un giornalista commentare fatti del momento. Attraverso le schermate delle prime pagine di quotidiani, titoli, articoli, alcuni veri anche se incredibili(v.La verità), altri riveduti con montaggi. Il tutto con un magistrale accompagnamento musicale del polistrumentista Tiziano Cannas Aghedu. Gli inizi non sono stati particolarmente brillanti, nonostante la satira che non perdona di Bottura, la sfavillante comicità di Bertolino, e soprattutto la straordinaria  tempestività dei commenti, quasi in tempo reale rispetto ai fatti: costume, attualità ma soprattutto politica. Poi a poco a poco l’atmosfera si è scaldata, con qualche tentativo di coinvolgere il pubblico. Le analisi sono apparse sempre più profonde e ben condotte, con la capacità di far risaltare elementi che potevano essere sfuggiti ai più. Senza mai scendere nell’offesa o nella banalità. Ben giocato il quadretto sulle domande improbabili che vengono poste ai banchi del check-in dell’aeroporto, assolutamente vere, come confermava la presenza di una simpatica addetta di Malpensa, che ne ha fatto materia per un seguitissimo blog. Irresistibile l’assolo di Bertolino nel ruolo di un muratore bergamasco  con le sue  esternazioni sui muri , da Berlino a Gerusalemme, passando per la Muraglia cinese. Gran finale con Alla fiera del Pd, rivisitazione della celeberrima canzone di Branduardi con il racconto dei personaggi e delle vicissitudini del partito, da Veltroni a Zingaretti. Bis molto applaudito con Predappio: prese di mira, sulle note di Azzurro (Conte-Celentano), le grottesche affermazioni del sindaco della cittadina romagnola a proposito del treno della memoria. Spettacolo riuscitissimo, se non altro per l’imparzialità degli attacchi e la presa in giro, invece, senza pietà del trucemente ridicolo sovranismo dilagante.