venerdì 1 agosto 2025

TUTTO SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE

La distruzione di un’opera ne crea un’altra.  Non si tratta di  contaminazioni, ma di una performance irripetibile, che nella sua unicità ha l’enfasi per restare nel tempo. E’ il caso del dipinto di Giovanna Dal Magro che, da lei stessa bruciato, diventa  qualcosa di diverso, con una lunga storia da raccontare: un’ autobiografia della creatività. 




Fotografa, con un importante curriculum dal ritratto al viaggio, all’arte (è stata la prima a fotografare, nel 1974 a Milano, Marina Abramovic nella performance Rhythm 4), Dal Magro frequenta la Scuola d’Arte del Castello Sforzesco di Milano per dedicarsi alla pittura. Ispirata dal cubismo alla corrente Metafisica, in primis da De Chirico. Ma non è convinta, con una feroce autocritica si rende conto di non avere talento in quel senso e, quasi per caso,incomincia a fotografare. Lì scopre la sua vera vocazione e continua con entusiasmo quel percorso. Recentemente, dopo molti anni, ritrova nascosto in un ripostiglio un suo quadro, dimenticato e maltrattato dal tempo. Decide di risistemarlo e dargli una nuova vita, ma si rende conto di non sentirlo come una sua creatura. Da qui l’idea di dargli fuoco, con uno spettacolare falò che riprende con la sua macchina fotografica. Più che una performance quell’incendio è una metafora del suo "itinerario creativo", dalla pittura alla fotografia, dal quadro destinato a diventare cenere alle foto che resteranno per sempre. Come il racconto di una vocazione d’ artista fatta di dubbi, autocritica, e poi rinascita.