Quasi tutti gli artisti sono anche personaggi, Guglielmo Spotorno lo è un po’ di più. E questo si vede immediatamente, non solo conoscendo la sua vita, ma guardando le sue opere nella mostra Guglielmo Spotorno. L’arte della vita. Curata da Giovanni Gazzaneo e Flavia Motolese, è da oggi fino al 9 febbraio al Museo della Permanente di Milano.
I suoi quadri parlano di lui, è lo stesso Spotorno ad affermarlo. “Sono la mia vita inquieta che ha sempre fatto troppe domande a sé stessa…Sono l’occhio che spia in molte direzioni…un’inquietudine che avevo fin da bambino. Non stavo mai fermo, volevo sempre guardare oltre”. Nei quaranta dipinti esposti, già al primo colpo d’occhio, emerge la varietà non solo di tecniche pittoriche usate, ma di soggetti, di linguaggi. Dove comunque s’intuisce un filo conduttore, una matrice unica. Che confermano anche i titoli, alle volte didascalici, alle volte surreali, sovente con un filo ironico: “Le Antenne abbracciano il cielo” , “I cavi dell’apparire” , “Dubai”(foto in alto) . O anche “La chiesa rossa”(foto al centro). Una delle sue speciali marine, anzi "mareggiate" sui toni del grigio, dove in un angolo compare un minuscolo punto rosso, che guardando da vicino ha le forme di una chiesa. Interessante il suo mescolare l’informale con il figurativo. “Un astrattismo carico di riferimenti al quotidiano”, ha scritto Ermanno Tedeschi nella monografia intitolata come la mostra, con gli scritti di critici e storici dell’arte, presentata ieri all’inaugurazione. Si riscontra soprattutto nei quadri che parlano di vele, di mare, sua grande passione, e dove sono le sue radici. Il padre, infatti, era di Celle Ligure, dove ora l’artista vive. Ma anche in quella "verticalità" che evoca immaginari grattacieli, di altri suoi dipinti. C’è chi la lega alla sua vita a Milano dove è nato, ha studiato, ha conseguito due lauree, ha creato e seguito una concessionaria di auto e di società immobiliari. Il tutto continuando a dipingere ed esponendo le sue opere.