giovedì 27 novembre 2025

SOGNI E TATUAGGI

Dopo varie presentazioni in Italia e all’estero è stato proiettato ieri, all’Anteo Palazzo del Cinema di Milano, Felix, dare to dream  di Valerio Bariletti e Morgan Bertacca, che ne sono pure i produttori. Un docufilm coinvolgente anche per la caratteristica di poter essere “letto” da diversi punti di vista. Dalla più immediata biografia al quadro di un momento culturale. In evidenza concetti di famiglia, generazioni, creatività e arte ai margini. 


 

La storia è quella di Felix Leu che, a sedici anni, lascia la casa e raggiunge la madre a Parigi, dove vive con l’artista Jean Tinguely. Da lì, la controcultura rivoluzionaria degli anni 60 e 70, di cui è un convinto esponente, e un suo ben consolidato concetto di libertà, lo portano a New York.  Qui incontra  Loretta. E’ amore a prima vista, sarà la sua compagna e con lei formerà una famiglia. E sono Loretta e i figli che raccontano il personaggio. Ai loro ricordi si alternano flash con Felix stesso. In questo quadro di anticonformismo e di” rimanere fedele ai propri sogni navigando nell’oceano della vita” si inserisce la scelta di dedicarsi al tatuaggio. Una forma d’arte che non è mai stata considerata tale ma che, come ha detto prima della proiezione Bariletti, è nella storia.  Dopo lo "scrivere nelle grotte" l’uomo ha incominciato a "scrivere sul corpo". Sul proprio come quello altrui, creando empatia. E’ con questa filosofia che la famiglia gira per il mondo con un passaggio in India, immancabile in quella generazione, dove Felix non si fa pagare per i tatuaggi, data la  povertà della gente. Le ultime immagini parlano della sua malattia, di come l’ affrontano lui, Loretta e i figli. La fotografia di ottimo livello riesce a trasmettere luoghi, persone, espressioni e soprattutto ambiente. Forse un po’ lunga la seconda parte e qualche volta risapute certe rievocazioni del mondo hippy.   

mercoledì 26 novembre 2025

OLTRE LA TEMPESTA

Shakespeare è il teatro. Ma guardando uno spettacolo di più di quattro secoli come La tempesta, in prima milanese al Teatro Menotti, ci si chiede quanto la capacità di coinvolgere, ora, dipenda molto dal regista. In questo caso dall’argentino Alfredo Arias di cui l’opera del Bardo è stato uno dei passi più importanti della sua straordinaria carriera, rappresentato per la prima volta al Festival di Avignone nel 1986. 




C’è una storia, o meglio una trama, ma è solo una traccia su cui si costruisce un’atmosfera tra sogno e realtà. E tutto è studiato per crearla. Dalla scena con quell’incredibile labirinto di pietre, che sembra inghiottire gli attori, alle luci giocate su straordinari chiaroscuri.  E poi naturalmente i personaggi. Tra  i quali la figura dominante è Prospero, interpretato dal bravissimo Graziano Piazza, sovrano dell’isola dove è stato relegato, insieme alla figlia, dal perfido fratello per essere Duca di Milano al suo posto. Da  qui parte la storia del naufragio che coinvolge il fratello fedigrafo e chi l’ha aiutato. Un naufragio provocato dalla famosa tempesta con l’aiuto di Ariel (Guia Jelo), personalizzazione del vento, ora al servizio di Prospero.  Una storia di rivalsa, ma anche di perdono che Prospero concede a chi lo ha emarginato. Una riflessione su temi  che ribadiscono la contemporaneità della tragedia shakespeariana.  Sottolineata anche dai costumi. Divise militari, marsine, gonne ampie e busti strizzati per le donne, abiti senza tempo, invece, per Prospero deus ex machina.  Prodotta dal Teatro Stabile di Catania, Marche Teatro, Tieffe Teatro Milano e TPE-Teatro Piemonte Europa, La tempesta, è in scena al Teatro Menotti fino al 30 novembre.   

domenica 23 novembre 2025

L'ANIMA JAZZ DEL PASSEROTTO

Edith Piaf, l’anima in jazz è il titolo dello spettacolo dei Môme, ieri sera al Teatro Gerolamo di Milano. Sorprende questo legame con il jazz della più grande cantautrice francese. Ma è sufficiente sentire le prime note o addirittura l’introduzione di Elda Olivieri, voce narrante del gruppo, per capire che è una ben studiata chiave di lettura. Una delle poche possibili considerando l’inarrivabile livello della mitica "passerotto" (piaf traduzione in argot di passerotto, come veniva chiamata per la sua esile figura). 



Non solo per gli arrangiamenti di Danilo Boggini, ben interpretati dai Môme, lui stesso alla fisarmonica, Val Bonetti alla chitarra, Mauro Pesenti alla batteria, Marco Ricci al contrabbasso. Ma soprattutto da Beatrice Zanolini, voce solista. Che è riuscita a intonare le canzoni più iconiche della Piaf, senza da mai sollecitare un confronto, pur mettendo tutta l’enfasi possibile e coinvolgendo il pubblico. Con vere punte di entusiasmo per Milord, La vie en rose e Non, je ne regrette rien, cantata dopo gli applausi finali, come un bis riassuntivo.  Da parte di Zanolini nessun commento autoriferito, per quanto riguarda la sua interpretazione in jazz, ma piccoli ripetuti accenni-omaggio all’inarrivabilità della Piaf. Il tutto in una forma colloquiale, simpatica, mai recitata. Con lo stesso calore il ricordo, fuori programma, di Ornella Vanoni, con una canzone di Vinicius de Moraes.   I Môme sono di nuovo questa sera sul palcoscenico del Teatro Gerolamo con Marilyn in jazz.     

venerdì 21 novembre 2025

STRANI MONDI

Un’eccezionale varietà di opere con svariati presupposti, contenuti diversissimi e, soprattutto, una pluralità di significati. Questo è ciò che si percepisce immediatamente nella mostra Gillo Dorfles. Ibridi e personaggi alla Paula Seegy Gallery di Via San Maurilio a Milano. A cura di Martina Corgnati, propone una selezione di lavori realizzati da Dorfles dal 1946 al 2013 e indicativi delle tappe della sua carriera artistica. 




La varietà non è tanto nelle tecniche diverse usate che vanno dalla ceramica alla matita, dalla tempera agli acrilici, quanto nei soggetti (ibridi e personaggi ma non solo) e nel modo di ”raccontarli”. Anche se qualcuno sostiene che le opere non dovrebbero avere un titolo, quelli di Dorfles, non indicati per molte, sono invece fondamentali, imprescindibili per alcune, e intrisi di umorismo. Come Il regno vegetale per l’acrilico su tela in un inaspettato azzurro con cenni, forse, di vegetazione. 0 il ritratto dissacrante di Freud messo a nudo e in cui niente del suo corpo è a posto.  S’intitola Il fustigatore l’acrilico dell’uomo con una frusta in mano e intorno animali o umani. Qui le tinte allegre sembrano voler ridicolizzare il personaggio nella sua inutile, retorica cattiveria (foto in alto). Senza titolo, perché lasciato all’immaginazione di chi guarda, il disegno con l’esile creatura futuribile (in basso a destra). Non poteva mancare l’acrilico su cartone di Vitriol, personaggio esoterico, e un po’ horror, inventato da Dorfles e in cui l’artista si rispecchiava. Il suo nome è l’acronimo di “visita l’interno della terra…troverai la pietra nascosta” in latino. Senza titolo le ciotole e i piatti in ceramica dove l’informale e il colore prevalgono su piccoli elementi realistici. Senza titolo anche il grande vaso-scultura in vetroresina (148x78 cm), che suggerisce le più svariate interpretazioni (in basso a sinistra).  E che nella versione piccola (29 cm di altezza), in terracotta, s’intitola Africa. Puntando sul colore. Inaugurata ieri, la mostra chiude il 31 gennaio.  

mercoledì 19 novembre 2025

LIBERTA' VO CERCANDO

Un modo insolito di parlare di un tema affrontato da una miriade di punti di vista, come la libertà. E’ quello di Paolo Nori scrittore, traduttore dal russo, voce originale della scena letteraria e teatrale italiana, nello spettacolo La Libertà.Primo Episodio da ieri al 20 novembre al Teatro Menotti di Milano. 




Nonostante inizi il suo monologo citando colossi della letteratura russa tra cui, sconosciuti ai più, Daniil Charms (S.Pietroburgo 1905-1942)e Iosif Brodskij (S.Pietroburgo 1940-New York 1996), non fa cadere dall’alto le loro affermazioni. Anzi fa emergere i loro dubbi sulla difficoltà di trovare delle risposte, legandole anche a quel concetto di libertà espresso nello stornello dell’anarchico Pietro Gori, autore di Lugano Bella: “Nostra patria è il mondo intero, nostra legge la libertà”. Il tutto collegandolo a ricordi personali, aneddoti, frasi sentite in giovinezza e non solo nella sua Parma. Per arrivare, ma senza alcuna presunzione, alla conclusione che la libertà scorre sul filo della relazione tra noi e chi ci governa.  Sempre con un tono piacevolmente colloquiale che fa riflettere ma anche sorridere, addirittura ridere talvolta. Perfettamente studiate, e sulla stessa linea, le musiche composte e suonate da Alessandro Nidi, oltre che da Andrea Coruzzi e Filippo Nidi e dallo stesso Paolo Nori alla tromba.   Dal 21 al 23 novembre Nori è di nuovo sul palcoscenico del Teatro Menotti con La Disperazione. Secondo episodio. Sempre una tappa di quel percorso, questa volta più intimo, puntato sui momenti difficili personali e sulla speranza, “un ciarlatano che non smette di imbrogliarci…io ho cominciato a star bene solo quando l’ho persa”.  


sabato 15 novembre 2025

VIVA CENERENTOLA !

E’ una delle rare occasioni in cui si può dire che il teatro, inteso come palcoscenico, è davvero insostituibile. Nessun filmato o video potrebbe dare quelle sensazioni e infondere una tale massiccia dose di buon umore come Cenerentola dei Chicos Mambo in prima milanese al Teatro Menotti, purtroppo solo fino a domani. Ideata e coregrafata da Philippe Lafeuille, artista ecclettico e multidisciplinare con interpretazioni in balletti accanto a Madonna e Nurejev, porta sulla scena, come dice la locandina, una versione ecologica della celebre fiaba di Charles Perrault






Non aspettatevi graziose biondine, eleganti principi vestiti d’azzurro, zucche-carrozze, topini trasformati in cavalli e neanche una scalinata su cui perdere una scarpetta. Ma sacchi di plastica nera, alcuni vuoti, altri da cui sbuca a sorpresa qualcuno, bottiglie di plastica accatastate o a formare cappelli, bottiglioni grandi da impilare e poi sei straordinari ballerini, tutti uomini in tutine da intimo. Per un’ora si muovono in acrobatiche evoluzioni, leggeri come foglie al vento, anche su una bici a una sola ruota. Diventando di volta in volta la perfida matrigna con gonnellona e turbante di sacchi neri, le sorellastre legate da una corda di plastica, Cenerentola con uno straccio da lavare che funge da capelli, il Principe Azzurro, che di azzurro non ha niente, anzi porta un vistoso cappello fatto di bottiglie, ovviamente di plastica, rosse. Il tutto sempre accompagnato dalla musica suadente del balletto Cenerentola di Prokofiev. I riferimenti alla fiaba sono spesso lontani, indecifrabili, ogni tanto invece vicinissimi come la ricerca del piedino per la minuscola scarpetta, che per l’occasione è un sacchetto di plastica, in cui uomini maldestri cercano di infilare, senza successo, i loro piedoni. L’ironia è il vero filo conduttore, sempre giocata con eleganza, senza mai neanche un lampo di grezza comicità. Frequenti, invece, i momenti poetici non assolutamente in contrasto. Come la pioggia di pezzetti di plastica nella scena finale o il mantello di Cenerentola anch’esso fatto di plastica variopinta, trascinato a formare un tappeto. 


mercoledì 12 novembre 2025

100% LINO

Si chiama Lino, non se ne conosce il cognome. Non alto, anzi decisamente basso ma con un fisico atletico. Bruno, brizzolato, emana un fascino di cui è visibilmente conscio. Sempre elegantissimo, specie in inverno quando indossa morbidi pullover e trench in tweed di marca inglese che alterna a piumoni in colori insoliti, per le occasioni informali. 




Si accompagna a Ifa, una bella irlandese, alta e molto chic, con qualche anno più di lui, tanto che i maligni insinuano che lui sia il suo toy boy o addirittura il suo badante. C’è chi dice che sia stata una modella, chi un’atleta con un passato olimpionico. Lino non parla mai di sé, né di quello che fa, non partecipa alle conversazioni di gruppo, ma è sempre attento a ciò che succede intorno. Qualcuno, dato l’alto tenore di vita e certi atteggiamenti da boss non sufficientemente nascosti, propende per una sua appartenenza alla mafia messicana. Una tesi avvalorata dal fatto che da qualche tempo, oltre l'irlandese, lo accompagna una biondina graziosa di nome Marilyn.  La presenta come sua figlia, ma tranne la bassa statura non ha niente in comune con lei. Per questo si pensa che gestisca un giro di alto livello di escort minorenni. Confermato, in parte,  dal fatto che frequenta ambienti di giovanissime, anche di buona famiglia, sensibili  ai suoi modi da seduttore e quindi facili prede da coinvolgere. A differenza dei suoi simili, nell’area cani non gioca mai con la pallina, ma da vero macho è sempre pronto a intervenire in caso di rissa per difendere “le sue femmine”, chihuahua e non.