Dopo varie presentazioni in Italia e all’estero è stato proiettato ieri, all’Anteo Palazzo del Cinema di Milano, Felix, dare to dream di Valerio Bariletti e Morgan Bertacca, che ne sono pure i produttori. Un docufilm coinvolgente anche per la caratteristica di poter essere “letto” da diversi punti di vista. Dalla più immediata biografia al quadro di un momento culturale. In evidenza concetti di famiglia, generazioni, creatività e arte ai margini.
La storia è quella di Felix Leu che, a sedici anni, lascia la casa e raggiunge la madre a Parigi, dove vive con l’artista Jean Tinguely. Da lì, la controcultura rivoluzionaria degli anni 60 e 70, di cui è un convinto esponente, e un suo ben consolidato concetto di libertà, lo portano a New York. Qui incontra Loretta. E’ amore a prima vista, sarà la sua compagna e con lei formerà una famiglia. E sono Loretta e i figli che raccontano il personaggio. Ai loro ricordi si alternano flash con Felix stesso. In questo quadro di anticonformismo e di” rimanere fedele ai propri sogni navigando nell’oceano della vita” si inserisce la scelta di dedicarsi al tatuaggio. Una forma d’arte che non è mai stata considerata tale ma che, come ha detto prima della proiezione Bariletti, è nella storia. Dopo lo "scrivere nelle grotte" l’uomo ha incominciato a "scrivere sul corpo". Sul proprio come quello altrui, creando empatia. E’ con questa filosofia che la famiglia gira per il mondo con un passaggio in India, immancabile in quella generazione, dove Felix non si fa pagare per i tatuaggi, data la povertà della gente. Le ultime immagini parlano della sua malattia, di come l’ affrontano lui, Loretta e i figli. La fotografia di ottimo livello riesce a trasmettere luoghi, persone, espressioni e soprattutto ambiente. Forse un po’ lunga la seconda parte e qualche volta risapute certe rievocazioni del mondo hippy.












