C’è una piscina dove i nuotatori con
occhialini e cuffia sembrano più interessati a fare salotto che a nuotare. Ci sono attrezzi su un banco riparati da un
ombrellone. O un mucchio di scale a pioli. E poi vetrine di vecchie mercerie con
reggiseni di misure incredibili. Tutto è disegnato nei dettagli con una perfezione
fotografica, ma come inserito in volumi quadrati e percorso da un fil rouge d’ironia e poesia.
Che rende le opere intriganti e incuriosenti. Tanto che non basta un primo sguardo,
anche se soddisfacente. Si ha voglia di soffermarsi sui particolari. Sono gli
acquarelli di Gian Piero Siemek, architetto milanese, con al suo attivo oltre a
edifici, ristrutturazioni, arredi, anche allestimenti di mostre. Questa volta
al Circolo Combattenti di Grazzano Badoglio è lui che espone. La scelta del
paese nel Monferrato non è casuale. Molti dei soggetti dei quadri sono ispirati
dalle bancarelle dei mercati, dalle fiere, dai piccoli negozi di quella zona
nell’ultimo decennio del Novecento. Frutto quindi di ricordi e sensazioni
raccolte da Siemek durante i suoi soggiorni. Ogni situazione è rielaborata dal
gusto per il surreale e la sorpresa. Ecco tra i bagnanti della piscina di
Grazzano personaggi visti alle terme di Paesi lontani. Ecco nella folla di una
festa popolare, tra le teste, anche quella dell’artista. Completa l’esposizione
la recente serie degli Infernot, le cantine sotterranee di Grazzano con “Quelle
bottiglie sospese in rocce trasformate in textures astratte sarebbero tanto
piaciute ai surrealisti” scrive nella presentazione il critico Antonello Negri.
La mostra, inaugurata il 30 marzo in concomitanza con Golosaria, è aperta
sabato e domenica (ore 10-13, 15-19) fino al 25 aprile. E’ in Via Mazzini, a
pochi passi dall’Abbazia Aleramica del 961 e dalla Piazza dove si tengono le
partite di tamburello.
domenica 31 marzo 2019
sabato 30 marzo 2019
SYRIA: CANTO E INCANTO
Lo spettacolo, al Teatro Menotti di Milano il 29 e 30 marzo, è il primo appuntamento della
rassegna di narrazione e contaminazione Talkin’Menotti. Prosegue con i
grandi autori napoletani di Mariangela D’Abbraccio dal 2 al 7
aprile e l’Opera buffa e il Flauto
magico di Elio dal 9 al 14.
venerdì 29 marzo 2019
L'ARCHITETTO DELLA GENTE
Nel 2018 ha ricevuto il Pritzker
Price, il più ambito premio di architettura. Ha lavorato con Le Corbusier e
Louis Khan. In sessant’anni di attività
ha progettato intere città, complessi residenziali, scuole, università, teatri,
edifici amministrativi, case private, curando esterni e interni. Ma non è per il lungo e straordinario
curriculum che Balkrishna Doshi (Pune, India, classe 1927) è davvero un
personaggio. E’ il pensiero e la coerenza
che sono dietro al suo lavoro e alla sua vita. Ci si stupisce, e quasi
ci s’indigna, che il suo nome sia rimasto sconosciuto ai più per troppi anni. E
nello stesso tempo si ha un’ulteriore conferma
di come il Vitra Museum di Basilea, riesca sempre a proporre mostre con contenuti inediti e altissimi. Da domani
fino all’8 settembre, nella palazzina bianca disegnata da Frank Gehry, è di
scena Balkrishna Doshi: Architecture for the people. “Non vuole fare
vedere quello che abbiamo fatto, ma cosa
si può fare con quello che abbiamo” ha detto Doshi, alla conferenza di
presentazione, con una semplicità, che
non è falsa modestia, ma espressione della sua grande sensibilità. Di quell’umanità
nell’approccio, per cui le persone sono sempre al centro di quello che
progetta. Da cui l’importanza data alla qualità della vita, alla sostenibilità,
in tempi in cui non era un tema prioritario. La mostra racconta il suo modo di
pensare e di ragionare, che mette insieme musica, arte, filosofia, e per questo
non segue un percorso cronologico. E’ divisa in quattro sezioni. La prima è
dedicata al complesso universitario di Ahmedabad e alla scuola di architettura con
la surreale Gufa (grotta, in lingua gujarati), galleria sotterranea con
all’esterno cupole di diverse dimensioni, realizzata non da operai specializzati
ma da donne, secondo lui più scrupolose e con una migliore manualità (in basso). La seconda
sezione parla di edilizia sociale, ispirata agli insegnamenti del Mahatma Gandhi.
Ecco plastici e foto che mostrano come partendo da un piccolo blocco con sanitari
e una stanza si possano aggiungere, a seconda delle esigenze e delle
possibilità economiche, altri locali. E come esista un sistema di scale e
pianerottoli per favorire gli incontri tra i residenti (al centro). Qui sono riprodotti in
scala ridotta anche la sua casa e il suo studio, con pianta a croce, per
sfruttare dappertutto la luce solare. Nella terza sezione ci sono foto,
plastici e dettagli dei grandi edifici come il Premabhai Hall ad Ahmedabad, pietra
miliare dell’architettura istituzionale, che richiama vagamente la forma di un
leone. Nell’ultima sezione, infine, da vedere i suoi progetti urbanistici, come
il complesso residenziale nel Rajasthan con 15mila appartamenti, dove il tema
della sostenibilità è affrontato a 360 gradi.
sabato 23 marzo 2019
BAMBOLE INQUIETANTI
E’ sempre un piacere salire all’Osservatorio
Fondazione Prada, a Milano, anche solo per vedere, attraverso le enormi finestre, le cupole di vetro e metallo della Galleria Vittorio Emanuele II. Se poi la mostra è interessante, come Surrogati: un amore ideale, è ancora
meglio. Più che la ricerca di un sostituto del grande amore racconta le
sofferenze dell’attuale società. Parla di solitudine, di desideri irrealizzati,
di paura d’invecchiare, di fuga dalle responsabilità, di finzioni, d’insicurezze,
della difficoltà di comunicare, di un senso estetico stravolto, d’illusioni.
Tutto questo con le foto delle artiste americane Jamie Diamond ed Elena Dorfman. Diamond in Forever Mothers parla di maternità, una maternità che può essere
rifiutata, persa, interrotta, sognata. Ed ecco mamme con bambini-bambolotti, immobili
e inespressivi, come senza espressione e incapaci di comunicare affetto sono i
loro volti. I bambini, neonati soprattutto, sono piccoli mostri da tenere come
un oggetto, non si vede pathos nel rapporto. Nella serie Prometto di essere una brava madre il discorso è ancora più accentuato, la falsità dei gesti è estremizzata. Elena Dorfman con Amanti
immobili parla di amore di coppia . Ed ecco ragazze trasformate in bambole,
dove tutti i tratti sono eccessivi, il seno enorme, le labbra gonfie, gli occhi
truccatissimi, lo sguardo fisso, i capelli di un falso vaporoso. Il loro
corpo, spesso nudo, ha una pelle levigata, perfetta, sembra di silicone, e ci
sono anche i segni dei ritocchi, non si sa se realizzati con il make up o in
postproduzione. Vicino c’è un uomo, che spesso le ignora. Sono immagini
provocatorie che rimandano allo squallore delle sex dolls. Vicino a certe ragazze-bambole c’è una donna vera con le
rughe, le macchie della vecchiaia, che fanno risaltare ancora di più la finta
perfezione. E qui c’è forse il rimando alla chirurgia estetica, all’inseguimento
spasmodico della giovinezza che fugge.
C’è un’unica immagine quasi di
felicità. E’ quella di due visi vicini,
prima di un bacio. Per il resto si
avverte tristezza, disagio, una falsa euforia e in qualche caso addirittura un senso di horror.
Un ritratto drammatico e senza filtri di
una società sempre più robotica. La mostra chiude il 22 luglio.
mercoledì 20 marzo 2019
SHAKESPEARE FOREVER
Il
fatto che Shakespeare continui a essere rappresentato con successo e soprattutto a essere attuale è sicuramente dovuto al fatto
che, al di là della trama e dell'ambientazione, c’è un’esplorazione nei
sentimenti davvero straordinaria . Tra le tante rivisitazioni Abitare
la battaglia (Conseguenze del Macbeth), messo in scena da La fabbrica
dell'Attore e il Teatro Vascello Roma con la regia di Pierpaolo Sepe, è una
delle prove più convincenti. Più che uno spettacolo teatrale può essere considerato
una performance o ancora meglio un'installazione in movimento. Sul palcoscenico
sette persone, di cui una sola donna. Non parlano, raramente sussurrano qualcosa.
Si muovono molto, ora all'unisono, ora ognuno per conto proprio. I loro gesti
sono calibrati, le loro posizioni statuarie,
spesso formano delle composizioni dove l’umano è secondario.
L'accompagnamento musicale consiste in suoni spezzati, interrotti, sovente
metallici o stridenti, in accordo o in contrasto con le luci, attentamente studiate
a formare effetti speciali. Come nel caso del groviglio umano, quando i
palloncini neri, nelle mani di ognuno, mossi in un certo modo e sotto le luci,
diventano dei nastri danzanti. I costumi sono essenziali: pantaloni con bretelle per gli uomini, un abito marrone per la donna. Nessun oggetto in
scena, solo un casco dalla forma di testa di animale, una corona, una
sedia-trono da cui un breve aggancio con la tragedia shakespeariana. Qui non ci
sono protagonisti. Il vero, assoluto, incontrastato protagonista è il male. Non
è solo nella perfida regina pronta a tutto purché il marito arrivi al potere.
E' in tutti, passa dall'uno all'altro. Perché nessuno è totalmente buono o
totalmente cattivo. C'è l'ambiguità, l'inganno, la simulazione, la perversione.
E,incredibilmente, anche se non si ha il soggetto da condannare, l'eroe buono o quello a cui dare il proprio appoggio, si segue la drammaturgia, come fosse
una storia con finale. Una prova di teatro davvero eccezionale con
un'esecuzione perfetta, da parte di tutti. Dagli attori-mimi-ballerini al
regista, dalla drammaturga alla costumista, da chi ha curato i movimenti di
scena a chi si è occupato delle luci. Lo spettacolo è al Teatro Menotti di
Milano fino al 24 marzo.
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