venerdì 31 maggio 2019

LIBERAMENTE TRATTI


Difficile affrontare temi come violenza, discriminazione, abuso di potere, oppressione, senza lasciarsi trascinare dall’indignazione o finire nella retorica. Nella mostra aperta ieri al Palazzo della Ragione di Bergamo (foto in alto), Jenny Holzer non ha corso il rischio, anzi Tutta la verità (The Whole truth) riesce a entusiasmare da Sindrome di Stendhal, affrontando il tema con un rigore coerente con il titolo. Qui, come sempre, l’artista americana utilizza la parola scritta, quei Truisms che sono stati dirompenti negli anni ‘70. Su due lati della sala sono proiettate in inglese, solo qualcuna in italiano, frasi che diventano massime, aforismi, estratti di testi che  parlano di politica sociale ma soprattutto di emigrazione.  Gli autori sono scrittori, giornalisti o persone comuni, molti africani, che raccontano frammenti di esperienze personali. Nel mezzo della sala, disposte in circolo, nove panchine di marmo con incise poesie o frasi, tra gli altri, dell’italiana Patrizia Cavalli, di Pier Paolo Pasolini, della saggista polacca Wislawa Szymborska. Perfetta la scelta della Sala delle Capriate sia  perché le scritte sembrano dialogare con gli affreschi alle pareti e sia simbolicamente, perché qui  nei secoli passati veniva amministrata la giustizia cittadina.
La mostra (fino al 1° settembre) è in contemporanea con altre due  alla GAMeC, Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo. Tutte e tre, come ha detto Lorenzo Giusti, direttore della Galleria, nonché curatore della prima, sono legate dal concetto  di libertà. Libera. Tra Warhol Vedova e Christo racconta la volontà degli artisti di liberarsi dalle regole stabilite e dalle convenzioni. Quattro le sezioni:  Libera dalla forma con opere di Hartung, Morlotti, Vedova; Libera dalla figurazione  con le geometrie di Vasarely e Sol LeWitt e                                   il minimalismo. Libera dallo stile, con artisti riconducibili all’Arte Povera come Pino Pascali, Giulio Paolini (in basso a destra Sala d'attesa), Pier Paolo Calzolari; Libera dalla rappresentazione con il New Dada, il Nouveau Réalisme, la Pop Art e lavori di César, Warhol (al centro ritratto di Giorgio Armani), Christo. Delle opere esposte molte sono della raccolta permanente della GAMeC, altre fanno parte di una ricchissima collezione privata confiscata alla malavita. Hysterical Strength è la prima personale in Italia di Luke Willis Thompson, neozelandese, classe 1988, che vive a Londra, selezionato per il Turner Prize. Presenta tre filmati (in basso a sinistra Human)e un site specific che hanno come tema l’iniquità sociale e razziale.




venerdì 24 maggio 2019

STASERA SI CENA A SOGGETTO


Immaginate un grande teatro con il palcoscenico e quattro musicisti con i loro strumenti e solo le tre ultime file di poltrone. Il resto dello spazio è invaso da tavoli, dove si mangia e si beve.  Un attore spunta da dietro le quinte, gli altri sono già fra il pubblico. Chi è seduto a un tavolo, chi passeggia, chi balla, chi parla con i vicini di posto. Qualcuno sale sul palco e canta, o si esibisce in un monologo, o dialoga con il pubblico vero o con gli altri attori.  Siamo al 
                            Teatro Menotti di Milano e lo spettacolo, ideato e diretto da Emilio Russo, s’intitola Trattoria Menotti – Metti un teatro a cena, in scena fino al 16 giugno. Una specie di café chantant alla milanese, molto simile ai trani di Gaber, dove tirar mattino bevendo, parlando e cantando. C’è il giornalista, con la sua conversazione pseudo intellettuale (Paolo Bessegato), c’è l’anziano avventore brontolone e pronto alla battuta (Marco Balbi) seduto al tavolo con Norma, la prostituta di una certà età con le sue pillole di saggezza popolare (Gianna Coletti), c’è Poupette, alias Claudia Donadoni,  che s’intrattiene con il pubblico o racconta le sue storie di mala e c’è Manon(Helena Hellwig) la cantante dal repertorio milanese, in abito lungo, corteggiata senza speranze dal presentatore Sinatra, dalle giacche folcloristiche, reso perfettamente da uno scatenato Enrico Ballardini. In stile i quattro di Musica da Ripostiglio, molto di più che degli interpreti. Il pubblico, mentre gusta i piatti tipici milanesi(risotto al salto, polpette e dintorni) preparati da Artecucina, è continuamente coinvolto nello spettacolo. Non solo applaude e ride, ma partecipa battendo il tempo, cantando, anche ballando, invitato dagli attori.   
Ora immaginate lo stesso spazio invaso da automobili. Questo potrebbe diventare il Teatro Menotti, se non si riescono a trovare i fondi per acquistarlo. Certo i box saranno un notevole plus per gli appartamenti del palazzo ristrutturato, che si rivaluteranno ulteriormente. Ma  di sicuro non si avrà mai il valore aggiunto di un fitto programma fra prosa, varietà, recital, café chantant, che si rinnova e cambia continuamente . E per quasi nove mesi tutti i giorni allieta centinaia di persone. E’ importante fare qualcosa, non tanto per il teatro in generale, quanto per Milano. www.teatromenotti.org 

giovedì 23 maggio 2019

CHIAMAMI COL SUO NOME


Sentirsi genio per un’ora e mezzo è possibile. Peccato che la magia si limiti agli occhi. Con un visore, infatti, possiamo vedere quello che ci sta intorno con gli occhi di Leonardo da Vinci.  Il progetto si chiama You are Leo ed è una delle tante iniziative per i 500 anni dalla morte del genio. Nasce dalla collaborazione tra Way (We Augment You), una start up che utilizza la realtà aumentata e virtuale nell’ambito turistico-culturale e Ad Artem  società, sempre  di Milano, che opera da 25 anni nella didattica e divulgazione d’arte.  “Un’esperienza che ricorderai per i prossimi 500 anni“ dice il dépliant. Esagerato per l’impossibilità dell’essere umano di vivere così a lungo, ma realistico per l’entusiasmo che suscita.  Consiste in un giro di Milano in quei luoghi, ora un po’ tanto cambiati,  che Leonardo frequentava nei diciassette anni prima e quattro dopo, trascorsi nella città lombarda.  Un percorso nello spazio, inteso come vie e strade, e nel tempo. Perché con i famosi visori Oculus GO si  può vedere quei luoghi come erano cinquecento anni fa, commentati con un’ipotetica voce del grande maestro. La passeggiata, che dura un’ora e mezza percorre 1,8 km, parte da Piazza del Duomo, dove del Duomo c’è solo un inizio di cantiere. Va a Palazzo Reale dove  nel cortile si affacciava la sua bottega. Prosegue alla Pinacoteca Ambrosiana, che non esisteva ancora, ma dove ci sono alcuni suoi capolavori. Quindi è a Porta Vercellina, in corrispondenza dell’angolo fra Corso Magenta e i Navigli, con le barche che allora transitavano. Ultima tappa Santa Maria delle Grazie con il Cenacolo, ovviamente ultimato, da vedere come se si fosse su quell’impalcatura da dove Leonardo dipingeva. Non solo il tour fa conoscere com’era Milano a quei tempi, con una ricostruzione documentata e quanto mai attendibile, ma rivela l’uomo . Nelle sue abitudini, nelle sue riflessioni, anche nelle sue contraddizioni. Come ha raccontato Romualdo Mazzocco, autore di due biografie di Leonardo,  emergono tre caratteristiche del personaggio: curiosità,  perfezionismo e affidabilità. Per cui  poteva sfinire una persona perché gli  spiegasse nei dettagli come aveva cucinato un certo piatto, ma anche riprendere a trent’anni di distanza un lavoro come se l’avesse interrotto qualche ora prima. Capace di dipingere indefessamente per un giorno e il giorno dopo dare solo due pennellate. Sempre con un taccuino-diario in mano su cui scriveva di essere riuscito in una delle tante invenzioni straordinarie e, nella pagina a fianco, l’appunto di aver comprato due ali di pollo. Il tour si fa a piedi con una guida e, nei cinque luoghi prima citati, si indossa Oculus per ritornare indietro nel tempo. Per informazioni e prenotazioni: info@youareleo.com


mercoledì 22 maggio 2019

NON SARA' UN'AVVENTURA...




...ma lo può diventare,  se da una piccola isola della Grecia si parte per Milano con un bagaglio insolito. Come è capitato a Mila e Giovanni. Non si trattava di un bagaglio ingombrante e nemmeno fragile,  tanto da  avere uno speciale imballaggio. Certo era previsto un contenitore anche per ovvi motivi di privacy. In programma due traversate marittime e  1600 chilometri di strada. Il viaggio in macchina
non presentava grandi difficoltà, eccetto numerose soste 
per la continua 
manutenzione che il carico richiedeva. Il problema più grosso erano le navigazioni.Il bagaglio per motivi di sicurezza non poteva essere lasciato in auto come un bagaglio qualsiasi, ma doveva essere portato in cabina.  Non solo necessitava di operazioni di adattamento, che impedivano una notte tranquilla, ma anche una buona dose di precauzioni per non disturbare, o meglio per non farsi notare dai vicini. Contro ogni aspettativa il passaggio della dogana era stato tranquillo e senza imprevisti, così come lo sbarco. Ottimo e senza sosta l’ultimo tratto del viaggio in Italia di 900 km. Percorsi in nove ore. Arrivo quindi in orario, ma negli ultimi chilometri il carico mostrava una forma inconsueta. Il contenitore  era completamente aperto, la rete su un lato strappata e Brio, Etti e Prince  giravano  soddisfatti per l’abitacolo. Adottati i tre gatti si sono ambientati perfettamente  nelle loro nuove case. Non sentono la mancanza né della mamma Mammola, che nel frattempo, come ogni sei mesi, si sta ricostruendo un’altra vita e un’altra famiglia, né  del fratello Luft che ha preferito restare sull’isola con il suo  amico Safik, un cane, nero come lui. Per sfatare una volta per tutte il luogo comune dell’ odio fra cani e gatti. La storia dei  mici, dalla nascita fino a destinazione, è raccontata in un  divertente libro-testimonianza scritto da Mila de Franco e corredato di significative foto. Intitolato La Pasticceria, perché così erano chiamati i quattro per la loro propensione a movimentati eventi a sorpresa, è pubblicato in solo 200 copie da A(mici)edizioni e in vendita a 15 euro. L’incasso viene interamente devoluto ai gatti dell’isola. Non solo per nutrirli e dissetarli, ma per curarli e soprattutto regolare la loro natalità, con l’intervento di un veterinario.