Forse oscuro, sicuramente relativo. L’oggetto del desiderio non può essere
qualcosa di cui si ha bisogno o di
cui non si può fare a meno per vivere.
Ma è qualcosa che fa vivere bene, anche solo a pensarlo e a desiderare
di possederlo. Deve essere speciale non necessariamente in
assoluto, ma per chi lo desidera. Con le dovute eccezioni, desiderabili per
chiunque. Come Karlbox.
E’ una scatola, come dice la parola, ideata da Karl Lagerfeld, stilista di una sua linea
nonché direttore creativo di Chanel e Fendi. In legno di faggio laccato si
ispira ai bauli nuziali della tradizione
cinese. All’interno matite, colori e
quello che serve per dipingere e disegnare , tutto
realizzato da Faber-Castell, azienda tedesca fondata nel 1761, e forse
la più prestigiosa per la produzione di articoli per scrittura, pittura e
disegno creativo. Con le sue matite e i suoi colori hanno lavorato Van Gogh,
Klee, Kokoschka e ovviamente Lagerfeld, che è da sempre un grande amico della famiglia (nella foto un
suo schizzo). Karlbox per la sua costruzione, la raffinatezza dei
dettagli, la meraviglia delle sfumature di colori, potrebbe diventare l’oggetto
del desiderio anche di chi non dipinge e non disegna. Per aumentarne la
desiderabilità Karlbox è stato presentato
solo alla stampa e ne saranno prodotti soltanto 2500 esemplari, numerati
e firmati. Il 1° settembre farà la sua prima apparizione nella boutique Karl
Lagerfeld e da Harrods a Londra e dal 19 sarà anche in Italia alla Rinascente
di Milano e in negozi per pittori più esclusivi e selezionati.
mercoledì 29 giugno 2016
lunedì 27 giugno 2016
SUQ SEMPRE PIU' SUQ
E’ finito ieri il Suq Festival di Genova alla sua
diciottesima edizione. Come sempre un grande successo. Tutto si è svolto a
Porto Antico in Piazza delle Feste e al Museo Luzzati, nei vicoli che salgono
verso palazzo Ducale e la cattedrale di San Lorenzo. E per i non genovesi è stato
un modo per conoscere luoghi davvero speciali. Come la chiesa di San Pietro in
Banchi(foto in alto), in piazza Banchi, dove è andato in scena Hagar la schiava in prima nazionale sabato sera, replicato domenica
pomeriggio. L’autore è Adonis, poeta e saggista siriano, candidato per il premio
Nobel per la letteratura. L’adattamento scenico e la regia sono di Giuseppe
Conte. Due gli attori, Enrico Campanati narratore emozionante e Carla
Peirolero, creatrice e direttore artistico del Festival, convincente nei panni
della schiava. Con l’accompagnamento musicale
di Elias Nardi ed Edmondo Romano. La pièce racconta gli inizi di quella
guerra senza fine, nata proprio dai due figli, l’ebreo Isacco e l’arabo Ismaele,
concepiti da due donne, la moglie Sara e la concubina Harar, con lo stesso uomo, Abramo. Con una possibile
lettura contemporanea sul tema del corpo prestato e dell’utero in affitto. Davvero
straordinaria la scenografia con una rete appesa al soffitto che lasciava però
intravvedere il pregevole interno della chiesa del 16° secolo(foto in basso). Uscendo, era impossibile
non notare la seicentesca Loggia di Banchi con le grandi vetrate, dove si è tenuta la mostra su Gilberto Govi,
fondatore del teatro dialettale genovese, che probabilmente sarà prorogata ad
agosto. Tra le attrazioni del festival
oltre gli incontri e gli
spettacoli, centrati sul tema dei
dialoghi tra differenti culture, il bazar con 40 botteghe di artigianato da
tutto il mondo e gli workshop di cucina con la possibilità di assaggiare
i piatti di una quindicina di Paesi.
venerdì 24 giugno 2016
NOI SIAM COME LE LUCCIOLE?
Sì. Noi umani abbiamo dei comportamenti affini per
quel che riguarda il rapporto con l’altro sesso. I maschi lucciole volano di
notte alla ricerca di una compagna e sono sempre accesi e pronti all’incontro.
Le femmine, invece, se ne stanno nascoste nell’erba e più selettive si
accendono solo in presenza di quello
giusto… In genere i maschi degli animali, come gli umani, nel
corteggiamento tendono a mettere in evidenza i loro atout. La criniera per il
leone , le corna per i cervidi, la dentatura possente per i lupi e le scimmie. Non
è vero che per gli animali l’accoppiamento è un gesto meccanico. I cani nell’atto possono
rimanere attaccati anche per mezz’ora. Sono solo alcune delle mille
informazioni curiose che si scoprono in Emozioni Bestiali. Viaggio alla scoperta dei
sentimenti negli animali di Diego Santini (Proedi Editore).
L’autore, veterinario, viaggiatore,
scrittore (al suo attivo un saggio dedicato alle somiglianze fra cani e
padroni) ci informa del senso del
piacere molto sviluppato negli animali. Gli amatori veloci non sono tali per
scelta, ma perché in quanto prede non possono permettersi distrazioni
prolungate.I pipistrelli,contro ogni aspettativa, sono decisamente assatanati e
non disdegnano il sesso orale. La femmina, infedele e poco virtuosa, può
conservare il seme maschile e scegliere quando dare inizio alla gravidanza,
così per migliorare la specie se trova il
bello di turno gli regala un ovulo. Gli scoiattoli si dedicano ai piaceri
della carne solo quando si sono riposati con il letargo. E per gli indolenti e
i restii ci pensano le femmine a richiamarli al dovere coniugale con i fischi.
Le balene sono delle romanticone, dopo il rapporto adorano nuotare cheek to
cheek, proprio come nei più mielosi happy
end. Ma il libro non parla solo di sesso e amore tra gli animali, ma del
loro rapporto con i simili e soprattutto
con gli umani. Ci sono pagine che fanno sorridere o ridere, altre che
inteneriscono e commuovono, alcune irritano, altre ci fanno quasi vergognare di noi umani. Senza
mai la presunzione di voler insegnare qualcosa, anche se in realtà molti sono i
suggerimenti e i consigli da trarre. Nessuna illustrazione a piena pagina, ma
piccole, deliziose foto con gustose citazioni ad aprire i diversi capitoli dai
titoli spiritosi e intriganti.
giovedì 23 giugno 2016
QUANDO GLI HOTEL SI FANNO IN QUATTRO
Un hotel può diventare la meta di
un viaggio? Non si sta parlando di quello sott’acqua alle Isole Keys in Florida
e neanche di quelli sugli alberi o scavati nel ghiaccio che ormai non sono più così unici. Si
sta parlando di un albergo tradizionale, in un edificio contemporaneo o antico,
ma normale. Ebbene sì. Anzi questo genere di hotel fa parte dei quattro che il
colosso alberghiero spagnolo Barcelò ha creato e su cui ha impostato la nuova
strategia. Nato 85 anni fa a Majorca conta 107 strutture tra hotel e resort sparsi
in 19 paesi del mondo, di cui 50 in Spagna. Gli undici azionisti sono tutti della
famiglia, ora alla terza generazione. Oltre a 45mila camere (di cui 16mila in edifici di proprietà) posseggono agenzie di viaggio, tour operator e una linea aerea. Il nuovo progetto aziendale prevede la creazione di quattro brand, ciascuno dei quali con caratteristiche ben
delineate per soddisfare target diversi.
In ognuno ci sono da hotel a tre fino a
cinque stelle. Solo il marchio Royal Hideaway comprende eslusivamente alberghi
di lusso e di quel genere da poter essere la motivazione di un viaggio. Il lusso non è solo negli arredi, nel
servizio, nella ristorazione ma è anche esperienziale. Con eventi come
festival di musica classica e manifestazioni culturali varie. Un altro marchio ha
conservato il nome della famiglia, Barcelò, e raggruppa hotel con qualcosa di
speciale. Può essere l’arredo come il caso dell’unico a Milano, vicino all’area
Expo, e uno degli unici quattro in Italia (gli altri tre sono intorno a Roma).
E’ in un grattacielo con eccezionale vista dal 22esimo piano (v.foto) e ha un arredo con il tocco visionario futurista di Simone
Micheli, un guru nel settore. Ma può essere anche in uno stile legato a un
personaggio storico, come quello di Madrid ispirato all’imperatrice Eugenia de
Montijo, moglie di Napoleone III. Occidental è un altro brand, il suo motto è l’easy living. Tutto è confortevole,
facile da vivere.Può essere in una spiaggia caraibica o in una città europea. Come
il cinquestelle nella centralissima piazza Venceslao a Praga perfettamente
inserito nel contesto, con vari ristoranti, ma senza la spa. E poi c’è Allegro,
come dice il nome per un target giovane,
che vuole divertirsi, adatto per famiglie con bambini. Dove insomma quiete e
silenzio non sono le priorità. Rafforzarsi in Italia è tra gli obiettivi del
gruppo e ovviamente nelle quattro tipologie.
martedì 21 giugno 2016
L'ALTRO VOLTO DELLA MODA
Non è vero che quello che colpisce ha un effetto positivo, ma
è vero che nella moda specie maschile, meno predisposta alla creatività, una
presentazione curiosa è un fattore di attrazione.
Non certo sufficiente per giudicare una
collezione. In questa fashion week milanese ridotta all’osso (quattro giorni scarsi) si sono visti allestimenti, location, regie capaci di intrigare anche i non addetti ai lavori. A cominciare dai particolari, come le due sovradimensionate poltrone da barbiere vintage e il lampadario a gocce dell’area scambio-Revolver di White, con i dodici espositori scandinavi (Dieci italiani saranno invece per la fiera Revolver a Copenhagen). O la fila di sedute da Ermanno Scervino: sedie di legno da cinema anni ’50, dormeuse, poltrone e poltroncine Luigi XIV. Queste ultime con un rivestimento di cashmere a righe come le maglie dei modelli. Più scontato, ma emozionante il video di un oceano sullo sfondo della passerella di Etro con rumore delle onde. Da spiare da un buco tipo serratura la collezione di Santoni. Per scoprire accanto a scarpe raffinate, scritte ironiche alla Ben Vautier o vere gambe pelose di uomini invisibili dal ginocchio in su. Il tutto nei sontuosi saloni di Palazzo Bocconi (sede del Circolo della Stampa). Sempre straordinario il cortile del Filarete nella Ca’Granda (Università degli Studi) scelto da anni come passerella da Missoni. O l’Accademia di Brera luogo deputato per le presentazioni dell’uomo Trussardi(v.foto). Questa volta i nuovi dandy, interpretati da attori, davanti a specchi, nel porticato al primo piano, dialogano con il loro riflesso, con il pubblico, gridano, imprecano, ridono, cantano, sulle note eccellenti di un pianoforte dal vivo. Nuovissima perché precede di due giorni l’inaugurazione ufficiale la passerella di Dirk Bikkembergs. E’ la storica Piscina Caimi costruita nel 1939 e chiusa per lavori dal 2007. I modelli camminano intorno all’acqua, mentre si allenano con schizzi e grida i campioni di pallanuoto della Canottieri Milano. E infine, discutibile per la portabilità dei capi, ma divertente per la regia, lo styling, il trucco, la colonna sonora, la sfilata del malese Moto Guo. Adolescenti dal sesso incerto e la faccia piena di brufoli (finti), vestiti indifferentemente con gonne, pantaloni, grembiuli, sahariane, giacche strutturate infilate nei calzoni e calzini bianchi con scarpone nere ai piedi, sembrano i protagonisti di un horror nel college.
collezione. In questa fashion week milanese ridotta all’osso (quattro giorni scarsi) si sono visti allestimenti, location, regie capaci di intrigare anche i non addetti ai lavori. A cominciare dai particolari, come le due sovradimensionate poltrone da barbiere vintage e il lampadario a gocce dell’area scambio-Revolver di White, con i dodici espositori scandinavi (Dieci italiani saranno invece per la fiera Revolver a Copenhagen). O la fila di sedute da Ermanno Scervino: sedie di legno da cinema anni ’50, dormeuse, poltrone e poltroncine Luigi XIV. Queste ultime con un rivestimento di cashmere a righe come le maglie dei modelli. Più scontato, ma emozionante il video di un oceano sullo sfondo della passerella di Etro con rumore delle onde. Da spiare da un buco tipo serratura la collezione di Santoni. Per scoprire accanto a scarpe raffinate, scritte ironiche alla Ben Vautier o vere gambe pelose di uomini invisibili dal ginocchio in su. Il tutto nei sontuosi saloni di Palazzo Bocconi (sede del Circolo della Stampa). Sempre straordinario il cortile del Filarete nella Ca’Granda (Università degli Studi) scelto da anni come passerella da Missoni. O l’Accademia di Brera luogo deputato per le presentazioni dell’uomo Trussardi(v.foto). Questa volta i nuovi dandy, interpretati da attori, davanti a specchi, nel porticato al primo piano, dialogano con il loro riflesso, con il pubblico, gridano, imprecano, ridono, cantano, sulle note eccellenti di un pianoforte dal vivo. Nuovissima perché precede di due giorni l’inaugurazione ufficiale la passerella di Dirk Bikkembergs. E’ la storica Piscina Caimi costruita nel 1939 e chiusa per lavori dal 2007. I modelli camminano intorno all’acqua, mentre si allenano con schizzi e grida i campioni di pallanuoto della Canottieri Milano. E infine, discutibile per la portabilità dei capi, ma divertente per la regia, lo styling, il trucco, la colonna sonora, la sfilata del malese Moto Guo. Adolescenti dal sesso incerto e la faccia piena di brufoli (finti), vestiti indifferentemente con gonne, pantaloni, grembiuli, sahariane, giacche strutturate infilate nei calzoni e calzini bianchi con scarpone nere ai piedi, sembrano i protagonisti di un horror nel college.
domenica 19 giugno 2016
TENDENZA A DUE FACCE
Continuando con il tema del genderless, che non è altro che il seguito esasperato dell’unisex, oggi
si sono viste due collezioni emblematiche
della tendenza. Una di un emergente, supportato dalla Camera della moda
Italiana, l’altra
di un’affermata star della moda. Le due collezioni possono vestire indifferentemente uomini e donne. La prima, Omar (foto in alto), è di un giovane modenese con studi alla scuola di Anversa, e propone capi con forme oversize, dallo spolverino alla giacca-camicia. Curati nei dettagli e con tagli sartoriali, non a caso Omar ha iniziato la sua carriera creando cartamodelli. I colori sono gli assoluti bianco e nero, con l’eccezione di qualche flash arancione e della stampa, in bianco e nero, ispirata al muro di un edificio di archeologia industriale del modenese. Il filo conduttore sembra essere less is more. Al contrario della collezione di Vivienne Westwood (foto in basso)che può essere considerata il guru di un nuovo barocco, dove la sovrapposizione, il richiamo ai costumi, il mix di stili sono le caratteristiche. Sfilano salopette,giacche, mantelline, mantellone, abiti diritti, completi giacca e pantaloni larghi, abiti e perfino chemisier per lei e per lui. La scarpa è indifferentemente il sandalo nudissimo o lo stivaletto in cavallino. Come tessuti il velluto e la lana si accostano o sostituiscono lino e cotone. Anche nei colori la palette è sterminata. La voglia di libertà e di uscire dagli schemi è l’ispirazione più forte. La stessa che spinge la grande Vivienne a lottare per la liberazione di Jules Assange il giornalista programmatore al quinto anno di reclusione illegale nell’ambasciata dell’Ecuador di Londra, dove ha chiesto asilo politico.
di un’affermata star della moda. Le due collezioni possono vestire indifferentemente uomini e donne. La prima, Omar (foto in alto), è di un giovane modenese con studi alla scuola di Anversa, e propone capi con forme oversize, dallo spolverino alla giacca-camicia. Curati nei dettagli e con tagli sartoriali, non a caso Omar ha iniziato la sua carriera creando cartamodelli. I colori sono gli assoluti bianco e nero, con l’eccezione di qualche flash arancione e della stampa, in bianco e nero, ispirata al muro di un edificio di archeologia industriale del modenese. Il filo conduttore sembra essere less is more. Al contrario della collezione di Vivienne Westwood (foto in basso)che può essere considerata il guru di un nuovo barocco, dove la sovrapposizione, il richiamo ai costumi, il mix di stili sono le caratteristiche. Sfilano salopette,giacche, mantelline, mantellone, abiti diritti, completi giacca e pantaloni larghi, abiti e perfino chemisier per lei e per lui. La scarpa è indifferentemente il sandalo nudissimo o lo stivaletto in cavallino. Come tessuti il velluto e la lana si accostano o sostituiscono lino e cotone. Anche nei colori la palette è sterminata. La voglia di libertà e di uscire dagli schemi è l’ispirazione più forte. La stessa che spinge la grande Vivienne a lottare per la liberazione di Jules Assange il giornalista programmatore al quinto anno di reclusione illegale nell’ambasciata dell’Ecuador di Londra, dove ha chiesto asilo politico.
sabato 18 giugno 2016
SE QUESTO E' UN UOMO
Che legame ci può essere tra un saio monacale con
coulisse in vita in una tonalità senape e un mocassino curato nei dettagli con fibbia e piccole
frange in tessuto? Molto di più che far parte delle proposte viste a Milano
nella prima giornata della settimana (di tre giorni) della moda
maschile. Rappresentano estremizzate una tendenza forte del momento.
La tunica saio, disegnata da Miaoran,
ventottenne cinese che ha sfilato nel
teatro Armani, quindi con il beneplacito di Giorgio, è indicativo di un modo di vestire
assolutamente oltre gli schemi, che
punta sulla varietà dei volumi, sulla leggerezza dei tessuti, la non
costrizione in tutti i sensi, il rifiuto perfino
dei condizionamenti più basici. Per lo stilista non esiste, infatti, differenza fra vestire un uomo e una donna. Sono dei corpi per cui progettare un involucro. La collezione si chiama Ittiofobia, ma il tema della paura è secondario. Più che di paura è giusto parlare di mistero che circonda i pesci sconosciuti che vivono sui fondali marini a 3mila metri sott’acqua e, anche se mai visti, sono gli ispiratori dei disegni, (come quello sul cappello del modello nella foto) delle stampe presenti in molti capi e persino delle maglie di un macramé di pizzo.
dei condizionamenti più basici. Per lo stilista non esiste, infatti, differenza fra vestire un uomo e una donna. Sono dei corpi per cui progettare un involucro. La collezione si chiama Ittiofobia, ma il tema della paura è secondario. Più che di paura è giusto parlare di mistero che circonda i pesci sconosciuti che vivono sui fondali marini a 3mila metri sott’acqua e, anche se mai visti, sono gli ispiratori dei disegni, (come quello sul cappello del modello nella foto) delle stampe presenti in molti capi e persino delle maglie di un macramé di pizzo.
All’estremo opposto c’è il mocassino di Giuseppe
Zanotti Design. Un pezzo anch’esso unisex e un classico del guardaroba che però
si rinnova completamente. Non solo nei dettagli come la fibbia o le piccole
frange in tessuto che movimentano la tomaia, ma soprattutto nella scelta del
materiale, nella lavorazione, studiate per renderlo sempre più leggero e
confortevole.
Due strade completamente diverse per un medesimo
obiettivo.
giovedì 16 giugno 2016
SPLENDORI E MISERIE DELLA CORNICE
Una location particolare invoglia a visitare una
mostra, ma non sempre aiuta ad apprezzarla. La scelta di Cartier di ambientare
il lancio dell’orologio Drive nel cinquecentesco palazzo Gondi, ambiziosa negli
intenti, si è rivelata felicissima negli sviluppi. Merito dell’allestimento di
Sergio Colantuoni, che ha escluso ogni possibile confronto giocando su una
poetica ironia. Nessun stridore quindi tra la presentazione degli orologi e la
vista dall’alto dei
terrazzi, forse una delle più belle di Firenze, data la vicinanza con il Duomo e palazzo della Signoria e la cornice lontana delle colline (foto in basso).Per evidenziare l’universalità dell’oggetto, Colantuoni ha scelto un gioco di cassetti. E in ognuno ha messo il ritratto di un uomo raccontato dagli abiti, dagli accessori, dalle passioni e dall’orologio,
diverso solo nel cinturino. Non si può dire lo stesso della mostra Karl Lagerfeld, Vision of Fashion a Palazzo Pitti (fino al 23 ottobre). Nel percorso dallo Scalone del Moro agli Appartamenti degli Arazzi, sono esposte fotografie del direttore creativo sia per campagne su riviste internazionali, sia ispirate alla mitologia, di cui alcune inedite. Per quanto di altissimo livello non riescono a dialogare con le opere intorno (da Tiziano a Rubens, da Velasquez a Raffaello,ecc.) e neppure a creare un contrasto che susciti emozione. Impossibile trovare un filo conduttore. Scenografica invece la Sala Bianca, dove nel 1955 ci fu la prima sfilata della moda italiana. Qui pannelli in tessuto leggerissimo con stampate le foto, ondeggiano per tutta la sala evocando una fantomatica passerella. Interessante il ritratto in cornice barocca di Lagerfeld che in una sala sostituisce un’opera in restauro(a destra). E anche il pannello all’ingresso con patchwork di foto. Fantastica la vista dal terrazzo, aperto per l’occasione(in alto a destra). Molti gli allestimenti curiosi sia fuori che dentro Pitti. Come il mini-circo creato dalla Compagnia del denim, dove sotto il tendone campeggia una tigre fatta con pezzi di jeans dall’artista africano Afran (in alto a sinistra). O ancora il cinema anni Cinquanta di Xacus, che per i suoi sessanta anni ha creato una mini-collezione di otto camicie ispirate ai film più cult degli ultimi sessanta anni. Con una serata evento nel cortile di palazzo Budini Gattai e la proiezione di un corto realizzato in collaborazione con l’istituto Luce di Cinecittà.
terrazzi, forse una delle più belle di Firenze, data la vicinanza con il Duomo e palazzo della Signoria e la cornice lontana delle colline (foto in basso).Per evidenziare l’universalità dell’oggetto, Colantuoni ha scelto un gioco di cassetti. E in ognuno ha messo il ritratto di un uomo raccontato dagli abiti, dagli accessori, dalle passioni e dall’orologio,
diverso solo nel cinturino. Non si può dire lo stesso della mostra Karl Lagerfeld, Vision of Fashion a Palazzo Pitti (fino al 23 ottobre). Nel percorso dallo Scalone del Moro agli Appartamenti degli Arazzi, sono esposte fotografie del direttore creativo sia per campagne su riviste internazionali, sia ispirate alla mitologia, di cui alcune inedite. Per quanto di altissimo livello non riescono a dialogare con le opere intorno (da Tiziano a Rubens, da Velasquez a Raffaello,ecc.) e neppure a creare un contrasto che susciti emozione. Impossibile trovare un filo conduttore. Scenografica invece la Sala Bianca, dove nel 1955 ci fu la prima sfilata della moda italiana. Qui pannelli in tessuto leggerissimo con stampate le foto, ondeggiano per tutta la sala evocando una fantomatica passerella. Interessante il ritratto in cornice barocca di Lagerfeld che in una sala sostituisce un’opera in restauro(a destra). E anche il pannello all’ingresso con patchwork di foto. Fantastica la vista dal terrazzo, aperto per l’occasione(in alto a destra). Molti gli allestimenti curiosi sia fuori che dentro Pitti. Come il mini-circo creato dalla Compagnia del denim, dove sotto il tendone campeggia una tigre fatta con pezzi di jeans dall’artista africano Afran (in alto a sinistra). O ancora il cinema anni Cinquanta di Xacus, che per i suoi sessanta anni ha creato una mini-collezione di otto camicie ispirate ai film più cult degli ultimi sessanta anni. Con una serata evento nel cortile di palazzo Budini Gattai e la proiezione di un corto realizzato in collaborazione con l’istituto Luce di Cinecittà.
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