Chi se lo sarebbe aspettato che il gioco del polo è
nato tra i contadini dell’Afghanistan e
del Tibet.La raffinata mazza, chiamata stecca con manico in bambù e testa di
legno duro che tengono in mano i
giocatori, non è il parente prossimo di quelle usate per il golf, ma è il discendente di un
rozzo bastone, con cui nelle vaste praterie, in groppa al cavallo, i
coltivatori difendevano le terre dalla voracità di feroci roditori. Meno chiaro è
perché il termine polo sia fatto
derivare da “pulu” che in tibetano significa palla. Dato che quelle che possono essere considerate
le prime partite, con palla appunto, sono
state giocate nel 1500 in Turkestan. Comunque
con grande delusione di chi insiste per
vederlo imparentato con il golf, il polo è arrivato in Europa solo nella seconda metà
dell’Ottocento. Tramite gli inglesi sì, ma che militavano nelle guarnigioni in
India. Una delle prime partite fu giocata a
Richmond Park, a Londra nel 1870.
Che poi si sia affermato in
Argentina , tanto che da lì vengono
regolamenti e tecniche di gioco, dipende dal fatto che il Paese è predisposto per la vastità di spazi,
l’abitudine di allevare molti cavalli insieme e di un certo tipo. L’animale ideale per il polo è, infatti, quello di razza criollo
argentina, o un incrocio con purosangue.
Deve essere docile,
ubbidiente, veloce, resistente, capace di fermarsi o di accelerare in un
nanosecondo e di voltarsi con rapidità. Curiosamente nel gergo del polo viene
chiamato pony anche se è di altezza normale. E’ proprio l’elemento cavallo che
rende questo sport non per tutti. Basta dire che per un torneo di cinque giorni,
sei squadre, chiamate quartetto, perché
composte ognuna di quattro giocatori
hanno a disposizione 120 pony.
Il prossimo appuntamento per vedere quartetti e pony
in azione è al Milano Polo Club dall’11 al 15 settembre. E' la terza
tappa del Polo Gold Cup Circuit 2013,
dopo la prima invernale sulla neve a Cortina e la seconda estiva a Roma.