Milano: Zona Navigli, ora di
punta, strada a doppio senso con macchine in coda e un tram che arriva. Due
ragazze, con tutte le caratteristiche delle blogger, all’uscita di una sfilata,
si fanno fotografare in mezzo alla strada bloccando il traffico. E quando il
tranviere scampanella,giustamente impaziente, gridano proterve: “Ma cosa fa non
capisce?”. Fa piacere quindi scoprire che il fantastico mondo della moda non è quello, anche se è quello che
vede la gente. Quasi finita l’era di “Mi
sono ispirato a…”. Oltre l’importante lato economico s’ incomincia a vederne il
lato sociale. Dietro a un vestito c’è del lavoro certo, ma di che tipo? Regolarmente
retribuito, o fatto di sfruttamento o peggio minorile? Cosa succede agli abiti
che si buttano via, dove si riciclano? Come far capire al consumatore finale
che un capo costa di più perché ha il valore aggiunto della sua sostenibilità.
Su queste considerazioni e molte altre si fonda il progetto Give a Fok-us di cui è direttore
artistico Matteo Ward, brillante trentenne fondatore del brand Wrad. E’ stato
presentato oggi a Milano all’inaugurazione del salone White, alla presenza del
sindaco Sala e di varie autorità. Al centro del progetto, un’installazione realizzata
dal gruppo DrawLight, che mette insieme arte, tecnologia, creatività e scienza(in alto). Guardare avanti, ma recuperando i pezzi forti
della tradizione, un altro modo intelligente di vedere la moda. Trussardi con Archive+Now
fa rivivere i suoi pezzi iconici,
soprattutto in pelle, con la rivisitazione di giovani creativi. In questa fase
iniziale del progetto, oltre le prime
interpretazioni esposte, un video di sei minuti curato da Giulia e Camilla
Venturini, art director e designer, dove loro stesse indossano vari capi e
accessori(al centro). La ricerca dei tessuti è il punto forte di Hanita, per la maggior parte
in fibre naturali o ricavati dal riciclo di materiali. Attenzione ai dettagli e
sofisticate lavorazioni sartoriali come
le plissettature, piuttosto che le decorazioni che guardano all’India e all’Oriente o la pioggia di
paillettes. Ricami fatti a mano e frange realizzate su antichi telai, quindi senza
l’uniformità industriale, caratterizzano la maglieria di Biancalancia che utilizza soprattutto baby Alpaca e cashmere
a più fili sottilissimi. “Le nostre capre vivono in Mongolia, non le tosiamo ma
le pettiniamo”. E’ il motto di Saldarini Cashmere che trasforma i velli delle
capre in imbottiture ecologiche. E per mostrarne i risultati propone flash di
due collezioni di apprezzati giovani stilisti, Marco Rambaldi, vincitore del Green
Carpet Award 2018 e il giapponese Ujoh. Recupero
delle tradizioni artigianali e di certi tipi di lavorazioni a mano, uniche nel
loro genere, anche nella intrigante capsule collection di Les Copains. Un
omaggio ai cent’anni della Bauhaus, di
cui riprende la scelta dei colori primari, giallo, rosso, blu. Gli stemmi-logo
diventano una decorazione, così come il ferro da lana per chiudere il cardigan(in basso).
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