La febbre è iniziata tanti anni fa, ma colpiva un
certo tipo di intellettuali,quaranta-cinquantenni per lo più architetti,
galleristi, psicanalisti. Ora la passione per il tango è diventata interclassiale, intergenerazionale,
interculturale. E’ qualcosa di più di un
ballo. Le lezioni di tango e la frequentazione delle milonga non hanno niente a che vedere con i corsi di ballo
latino-americani. Sono più vicini a una
filosofia. La moda ha colto la tendenza
e ha fatto suoi elementi e spunti di quel mondo. Come Guess che ha creato la
capsule collection Tango Roses, in vendita dal 28 ottobre solo sul web (www.guess.eu).
Il riferimento al tango sono il nero e le rose. Rivisitazione delle scarpette
con cinturino o sneaker nere con rose ricamate. Niente gonne aderenti ma jeans sempre con le rose ricamate e poi le borse in
pelle nera trapuntata, che però poco
hanno a che vedere con le mises di chi balla.Ma c’è di più. La Scala della Vita
(www.teatrolascaladellavita.it), grazioso teatrino milanese, propone una
stagione di prosa e tango. A dare il via, in scena fino al 31 ottobre, Segreti commedia di Paolo Pietroni,
giornalista , art director, creatore di testate, nonché autore con lo
pseudonimo di Marco Parma, del best seller, divenuto film, Sotto il vestito niente. Sul palcoscenico una sala da ballo dove
due provetti ballerini della scuola Riabilitango danzano al ritmo dei nuovi
tanghi del complesso argentino Las Rositas. Intorno, seduti ai tavolini, cinque
uomini e cinque donne, tutti attori amatoriali ma convincenti, coordinati da Cesare
Cadeo, con un ruolo di presentatore-confessore.
Raccontano liberamente i loro segreti
proprio come, si dice nel testo, si fa con uno sconosciuto sul treno, sicuri che non lo si vedrà più. Ed è una
metafora del tango che porta due estranei per la durata di una musica e di qualche
volteggio a un incontro di intima sensualità.
venerdì 30 ottobre 2015
giovedì 29 ottobre 2015
DOLCETTO? SCHERZETTO? SACCHETTO!
Quale piacere ci può essere nel dormire in un
albergo dove dicono si aggiri un fantasma? A parte il gusto perverso di mettere
la bandierina dell’io-ci-sono-stato. Eppure
sono sempre di più le proposte di week end in luoghi cosiddetti dell’orrore per Halloween: “Gli hotel
più spaventosi del pianeta”, “Le destinazioni più terrificanti per un’
indimenticabile vacanza” sono gli slogan d’attrazione. Non meno incomprensibile
l’idea di comprare o di regalare un capo o un accessorio da indossare per una
festa che non appartiene alla nostra cultura e, anche in
un giusto discorso di ampliamento degli orizzonti, è una delle più insulse tradizioni da recepire.
Niente contro il
braccialetto con i teschi o l’orsacchiotto-ciondolo con scheletro, piuttosto
che piccoli simboli horror su calze e
maglie, ma perché devono far parte di un travestimento ridicolo? In fondo
Carnevale è vicino. Al massimo si può
lasciare ai bambini dolcetto e scherzetto
dato che la rima viene bene. Per quanto una
città italiana non offra la stessa
situazione di un paese della provincia americana. Ottima, invece, e da imitare la ricetta per Halloween che diventa
Guerrilla di Kiki Pelosi, blogger amante degli animali. In questi giorni
ha sparso sui marciapiedi di un quartiere trendy di Milano cakke, cioè cake che
hanno la forma di deiezioni canine, commestibili per i quattrozampe. Corredati
da biglietti che evidenziano l’horror,
vero. Uno scherzetto gentile per invitare
i padroni di cane distratti a portare un sacchetto
per raccogliere quello che normalmente non è un dolcetto.
martedì 27 ottobre 2015
LA BARBIE E' CULTURA?
O meglio è interculturale, perché è riuscita ad
abbattere ogni frontiera “linguistica, culturale, sociale, antropologica”. E’
quello che sostiene Massimiliano Capella, il curatore di Barbie
the icon una delle tre mostre (dal
28 ottobre al 13 marzo 2016) scelte per inaugurare il Mudec, Museo delle Culture di Milano. Con l’allestimento di Peter Bottazzi,
racconta la storia di una bambola che in 56 anni di vita ha viaggiato per tutto
il mondo,
diventando anche rappresentativa, con le sue mises,
di 50 nazionalità. Eccola quindi oltre che in quelle folkloristiche, in total
look firmati dai più grandi stilisti o
in varie divise come le 15 che hanno indossato le hostess dell’Alitalia negli
ultimi 60 anni. In lunghi da sera stile
red carpet e in abiti da sposa, anche se una delle tante scritte pseudo–ironiche
all’ingresso spiega che Barbara Millicent Robert, questo è il suo vero nome,
non si è mai sposata. Nonostante la lunga amicizia con Ken, presente insieme alla sorellina
Skipper. Trasformista eccezionale la Barbie diventa bruna, cambia make up alla
fine dei Sessanta per adeguarsi alle top model Twiggy e Jean Shrimpton, è abbronzatissima
in costume da bagno nel modello Malibù 1971, prende i tratti di Farrah Fawcett
nel 1977, ha la pella nera nel modello Black 1980. Ma è anche celebrity e personaggio storico. Da piccolo clone di Cleopatra e di Caterina
De Medici a miniatura di Grace Kelly in abito da sposa, di Marilyn più che mai vamp e di Audrey Hepburn versione Colazione da Tiffany. Da vedere anche la
casa dell’adorata bambola, i suoi mezzi di trasporto, la sua cucina, ma anche
tavolini e poltroncine rosa per bambine barbizzate.
Per saperne di più telefoni, ovviamente rosa, sono appesi alle pareti delle
sale. Mentre nella boutique centinaia di gadget ispirati a lei riempiono scaffali e banchi. Per un consumismo multiculturale.
giovedì 22 ottobre 2015
TANTO DI CAPPELLO
Si sono visti diversi cappelli nelle prime file
delle sfilate milanesi e anche di dimensioni ragguardevoli. Due le considerazioni
immediate. Si sono perse le regole di
bon ton che bocciavano i copricapi ingombranti a teatro o cinema
e i cappelli stanno tornando di moda. Tutte e due espressioni di tendenza. Se la prima suona negativa e sottolinea un
processo, ohimé, inarrestabile, la seconda piace e fa pensare a un futuro di
eleganza. Confermata dalla frase di un
anonimo, non si sa bene di quale epoca: “Il cappello, un luogo simbolico,
complesso, in grado di far uscire dall’anonimato un volto, uno sguardo,
un’anima”. Non a caso è stato scelto per l’ home page dall’Antica Manifattura
Cappelli di Roma. La storia di quello che è considerato il più antico
laboratorio di cappelli della città inizia nel 1936, ma è grazie alla
determinazione di Patrizia Fabri che lo rileva, dandogli anche il nome nel
2003, che rinasce e si fa conoscere. L’ultimo passo è
stato l’apertura e l’inaugurazione lo scorso martedì di una boutique in Via
dell’Oca, considerato il nuovo indirizzo cool della capitale. A due passi da
Piazza del Popolo e dell’ Hotel Locarno, piccolo albergo di charme. Svariati i
modelli proposti: da quelli più classici, ma sempre con un dettaglio
innovativo, alle varianti sui classici, molto apprezzate dalle signore del
cinema, come la pamela in maculato (v.foto), fino a quelli più eccentrici per fashion
victim e modaiole. Tutti pezzi unici realizzati a mano secondo la tradizione.
martedì 20 ottobre 2015
BERSAGLIO CENTRATO
contenitori, affrontano l’argomento. Le risorse ci sono ma bisogna condividerle. Dopo cinque mesi e mezzo, la torre delle mele non ha più niente. Così pure quella dell’acqua con due rubinetti e quattro piani con scatole di bicchieri in plastica. Se li sono portati via tutti. Qualcuno ne ha preso uno, magari condividendolo con altri, ma c’è anche chi ne ha presi due, solo per sé. Quello che succede nel mondo si ripete qui. Restano il sale grosso e il Nescafé. Il primo in tetra-pacchi da 20 gr,dose giornaliera equilibrata per quattro persone. Sono state scelte le risorse alimentari di cui è ricco il paese. Contro ogni aspettativa niente cioccolato, meno esportato del caffè solubile.Le torri non saranno distrutte ma diventeranno delle serre. All’esterno del padiglione boschi verticali, in versione completa e ridotta, spiegano come la natura va salvaguardata. Una struttura, con dentro le bottiglie di plastica vuote abbandonate dai visitatori, pone il problema del riciclo. Al piano inferiore le maggiori città svizzere hanno allestito a turno delle mostre, sempre sul tema. L’ultima per Ginevra è di Fabrice Gygi che ha lasciato il luogo come l’aveva trovato, dopo lo smantellamento della precedente rassegna, per dare il senso di come tutto si rovina. Con un’unica persuasiva installazione: un senza tetto (in marmo di Carrara) che guarda un cubo, espressione d’ imperfezione rispetto al globo (foto in alto). Al piano più alto, nei locali privati, le città di volta in volta si sono raccontate turisticamente. Così Losanna ha presentato la sua brillante stagione teatrale, le mostre d’arte, le Olimpiadi invernali dei giovani, che qui hanno sede, e il Collegio internazionale Brillantmont, l’unico delle 200 scuole svizzere in mano alla stessa famiglia da cinque generazioni.
Iscriviti a:
Post (Atom)