venerdì 30 ottobre 2015

LA MACCHINA DEL TANGO


La febbre è iniziata tanti anni fa, ma colpiva un certo tipo di intellettuali,quaranta-cinquantenni per lo più architetti, galleristi, psicanalisti. Ora la passione per il tango è  diventata interclassiale, intergenerazionale, interculturale. E’  qualcosa di più di un ballo. Le lezioni di tango e la frequentazione delle milonga non hanno niente a che vedere con i corsi di ballo latino-americani. Sono più vicini a  una filosofia. La moda  ha colto la tendenza e ha fatto suoi elementi e spunti di quel mondo. Come Guess che ha creato la capsule collection Tango Roses, in vendita dal 28 ottobre solo sul web (www.guess.eu). Il riferimento al tango sono il nero e le rose. Rivisitazione delle scarpette con cinturino o sneaker nere con rose ricamate. Niente gonne aderenti ma jeans  sempre con le rose ricamate e poi le borse in pelle nera  trapuntata, che però poco hanno a che vedere con le mises di chi balla.Ma c’è di più. La Scala della Vita (www.teatrolascaladellavita.it), grazioso teatrino milanese, propone una stagione di prosa e tango. A dare il via, in scena fino al 31 ottobre, Segreti commedia di Paolo Pietroni, giornalista , art director, creatore di testate, nonché autore con lo pseudonimo di Marco Parma, del best seller, divenuto film, Sotto il vestito niente. Sul palcoscenico una sala da ballo dove due provetti ballerini della scuola Riabilitango danzano al ritmo dei nuovi tanghi del complesso argentino Las Rositas. Intorno, seduti ai tavolini, cinque uomini e cinque donne, tutti attori amatoriali ma convincenti, coordinati  da  Cesare Cadeo, con un  ruolo di presentatore-confessore. Raccontano liberamente i loro  segreti proprio come, si dice nel testo, si fa con uno sconosciuto sul treno,  sicuri che non lo si vedrà più. Ed è una metafora del tango che porta due estranei per la durata di una musica e di qualche volteggio a un incontro di intima sensualità.



giovedì 29 ottobre 2015

DOLCETTO? SCHERZETTO? SACCHETTO!


Quale piacere ci può essere nel dormire in un albergo dove dicono si aggiri un fantasma? A parte il gusto perverso di mettere la bandierina dell’io-ci-sono-stato. Eppure sono sempre di più le proposte di week end in luoghi cosiddetti dell’orrore per Halloween: “Gli hotel più spaventosi del pianeta”, “Le destinazioni più terrificanti per un’ indimenticabile vacanza” sono gli slogan d’attrazione. Non meno incomprensibile l’idea di comprare o di regalare un capo o un accessorio da indossare per una festa che non appartiene alla nostra cultura e, anche in un giusto discorso di ampliamento degli orizzonti, è una delle più insulse tradizioni da recepire. 
Niente contro il braccialetto con i teschi o l’orsacchiotto-ciondolo con scheletro, piuttosto che piccoli simboli horror su calze e maglie, ma perché devono far parte di un travestimento ridicolo? In fondo Carnevale è vicino.  Al massimo si può lasciare ai bambini dolcetto e scherzetto  dato che la rima viene bene. Per quanto una città italiana non offra la  stessa situazione di un paese della provincia americana. Ottima, invece, e da imitare la ricetta per Halloween che diventa Guerrilla di Kiki Pelosi, blogger amante degli animali. In questi giorni ha sparso sui marciapiedi di un quartiere trendy di Milano cakke, cioè cake che hanno la forma di deiezioni canine, commestibili per i quattrozampe. Corredati da biglietti che evidenziano l’horror, vero. Uno scherzetto gentile per invitare i  padroni di cane distratti  a portare un sacchetto per raccogliere quello che normalmente non è un dolcetto.

martedì 27 ottobre 2015

LA BARBIE E' CULTURA?


O meglio è interculturale, perché è riuscita ad abbattere ogni frontiera “linguistica, culturale, sociale, antropologica”. E’ quello che sostiene Massimiliano Capella, il curatore  di Barbie the icon  una delle tre mostre (dal 28 ottobre al 13 marzo 2016) scelte per inaugurare il Mudec, Museo delle Culture di Milano. Con l’allestimento di Peter Bottazzi, racconta la storia di una bambola che in 56 anni di vita ha viaggiato per tutto il mondo,
                    diventando anche rappresentativa, con le sue  mises, di 50 nazionalità. Eccola quindi oltre che in quelle folkloristiche, in total look firmati dai più grandi stilisti  o in varie divise come le 15 che hanno indossato le hostess dell’Alitalia negli ultimi 60 anni.  In lunghi da sera stile red carpet e in abiti da sposa, anche se una delle tante scritte pseudo–ironiche all’ingresso spiega che Barbara Millicent Robert, questo è il suo vero nome, non si è mai sposata. Nonostante la lunga amicizia  con Ken, presente insieme alla sorellina Skipper. Trasformista eccezionale la Barbie diventa bruna, cambia make up alla fine dei Sessanta per adeguarsi alle top model Twiggy e Jean Shrimpton, è abbronzatissima in costume da bagno nel modello Malibù 1971, prende i tratti di Farrah Fawcett nel 1977, ha la pella nera nel modello Black 1980.  Ma è anche celebrity  e personaggio storico.  Da piccolo clone di Cleopatra e di Caterina De Medici a miniatura di Grace Kelly in abito da sposa, di Marilyn più che mai vamp e di Audrey Hepburn versione Colazione da Tiffany. Da vedere anche la casa dell’adorata bambola, i suoi mezzi di trasporto, la sua cucina, ma anche tavolini e poltroncine rosa per bambine barbizzate. Per saperne di più telefoni, ovviamente rosa, sono appesi alle pareti delle sale. Mentre nella boutique centinaia di gadget ispirati a lei riempiono scaffali e banchi. Per un consumismo multiculturale.

giovedì 22 ottobre 2015

TANTO DI CAPPELLO


Si sono visti diversi cappelli nelle prime file delle sfilate milanesi e anche di dimensioni ragguardevoli. Due le considerazioni immediate.  Si sono perse le regole di bon ton che bocciavano i copricapi ingombranti a teatro o cinema   

e i cappelli stanno tornando di moda.  Tutte e due espressioni di tendenza.  Se la prima suona negativa e sottolinea un processo, ohimé, inarrestabile, la seconda piace e fa pensare a un futuro di eleganza.  Confermata dalla frase di un anonimo, non si sa bene di quale epoca: “Il cappello, un luogo simbolico, complesso, in grado di far uscire dall’anonimato un volto, uno sguardo, un’anima”. Non a caso è stato scelto per l’ home page dall’Antica Manifattura Cappelli di Roma. La storia di quello che è considerato il più antico laboratorio di cappelli della città inizia nel 1936, ma è grazie alla determinazione di Patrizia Fabri che lo rileva, dandogli anche il nome nel 2003, che rinasce e si fa conoscere. L’ultimo passo  è stato l’apertura e l’inaugurazione lo scorso martedì di una boutique in Via dell’Oca, considerato il nuovo indirizzo cool della capitale. A due passi da Piazza del Popolo e dell’ Hotel Locarno, piccolo albergo di charme. Svariati i modelli proposti: da quelli più classici, ma sempre con un dettaglio innovativo, alle varianti sui classici, molto apprezzate dalle signore del cinema, come la pamela in maculato (v.foto), fino a quelli più eccentrici per fashion victim e modaiole. Tutti pezzi unici realizzati a mano secondo la tradizione.

martedì 20 ottobre 2015

BERSAGLIO CENTRATO


Ultimi giorni di Expo. Giudizi, paragoni, critiche, commenti, perplessità. Sono pochi i Paesi che hanno centrato il tema come la Svizzera. Nutrire il pianeta non significa salami e prosciutti, piatti tipici o alta cucina, ma trovare le risorse per sfamare una popolazione in crescita. E le quattro torri del padiglione svizzero, ognuna con quattro piani di 
                      contenitori, affrontano l’argomento. Le risorse ci sono ma bisogna condividerle. Dopo cinque mesi e mezzo, la torre delle mele non ha più niente. Così pure quella dell’acqua con due rubinetti e quattro piani con scatole di bicchieri in plastica. Se li sono portati via tutti. Qualcuno ne ha preso uno, magari condividendolo con altri, ma c’è anche chi ne ha presi due, solo per sé. Quello che succede nel mondo si ripete qui. Restano il sale grosso e il Nescafé. Il primo in tetra-pacchi da 20 gr,dose giornaliera equilibrata per quattro persone. Sono state scelte le risorse alimentari di cui è ricco il paese. Contro ogni aspettativa niente cioccolato,  meno esportato del caffè solubile.Le torri non saranno distrutte ma diventeranno delle serre. All’esterno del padiglione boschi verticali, in versione completa e ridotta, spiegano come la natura va salvaguardata. Una struttura, con dentro le bottiglie di plastica vuote abbandonate dai visitatori, pone il problema del riciclo. Al piano inferiore le maggiori città svizzere hanno allestito a turno delle mostre, sempre sul tema. L’ultima per Ginevra  è di Fabrice Gygi che ha lasciato il luogo come l’aveva trovato, dopo lo smantellamento della precedente rassegna, per dare il senso di come tutto si rovina. Con un’unica persuasiva installazione: un senza tetto (in marmo di Carrara) che guarda un cubo, espressione d’ imperfezione rispetto al globo (foto in alto). Al piano più alto, nei locali privati, le città di volta in volta si sono raccontate turisticamente. Così Losanna ha presentato la sua brillante stagione teatrale, le mostre d’arte, le Olimpiadi invernali dei giovani, che qui hanno sede, e il Collegio internazionale Brillantmont, l’unico delle 200 scuole svizzere in mano alla stessa famiglia da cinque generazioni.