lunedì 30 novembre 2015
BUEN RETIRO IN RIVIERA
domenica 29 novembre 2015
UBU RE ALLA VENETA
Quando
si vede uno spettacolo come La cativìssima
(con una sola T)- Epopea di Toni Sartana, viene di
pensare a quanto si sono divertiti gli attori nelle prove. Certo dietro c'è un enorme
lavoro, perché tutto è perfetto. Ma è anche vero che non ci può essere quel
ritmo incalzante, quella freschezza, quel continuo
di comicità che tiene incollati alla poltrona, se non c'è una forte sinergia tra
chi sta sul palcoscenico. In scena dal 26 novembre al 6 dicembre al Teatro
Menotti di Milano, La cativìssima, prodotta
dal Teatro Stabile del Veneto, racconta l'ascesa al potere di un assessore
regionale veneto, appunto Toni Sartana. La regia è di Natalino Balasso che ne è
anche interprete nella parte di Sartana. Con lui i bravissimi Francesca Botti,
Marta Dalla Via, Andrea Pennacchi, Silvia Piovan, Stefano Scandaletti che si
destreggiano in vari ruoli, davvero irriconoscibili
e con una velocità alla Fregoli. Tutti gli elementi della satira ci sono, compresi qualche luogo comune,ma abilmente lavorato, innumerevoli colpi di scena e situazioni
assolutamente inedite. L'arrembaggio e la corsa al potere di personaggi di
bassissimo livello, desiderosi solo di schei, per quanto portata
all'esasperazione, prende molto dalla realtà. Anche non limitandosi agli
aspetti più clamorosi ed evidenti. Ma toccando risvolti meno ovvii, che
denotano una grande capacità critica dell'autore. Semplice, ma funzionale per
creare le varie situazioni, la scenografia, fatta da container e casse che
diventano di volta in volta strada, tinello piccolo borghese, salone alto
borghese e perfino spalti di un'aula giudiziaria.Più di due ore di spettacolo,
che scorrono velocissime, in cui si ride, ci si diverte, si pensa, anche se non
c'è nessuna volontà ambiziosa di dare messaggi. Da vedere.
Info:
www.teatrostabileveneto.it
venerdì 27 novembre 2015
INGRID E LE VIOLA COLLINE D'ASOLO
E’ la persona più adatta a scrivere un libro su un
personaggio, specie se si tratta di una
star come Ingrid Bergman, di cui
continuano le celebrazioni per il centenario della nascita. Luciana
Boccardi , giornalista e scrittrice veneziana, non ha mai amato
la corsa al vip. Non è sensibile alle celebrità, le piacciono le
persone. Ed è stata un’occasione quella che l’ha messa in contatto con
l’attrice svedese, e lo scrive in Con
Ingrid tra colline viola (Ed. Supernova). Un titolo che può sembrare a effetto solo a chi
non conosce Boccardi. In realtà annuncia un approccio giornalistico al
contenuto, che è un racconto di cronaca, come spiega l’autrice. Le colline viola sono quelle intorno ad
Asolo, definizione che pare risalga a una frase di Henry James in una lettera
all’amata Mrs. Gardner :“Sono stato trattenuto ad Asolo da quel panorama
viola”. E anche Boccardi è stata trattenuta nella cittadina del trevigiano nel
1977 per intrattenere Ingrid Bergman, arrivata per un disguido un giorno prima
di quello stabilito per l’assegnazione del Premio Duse. Un incontro
che ha saputo tenere segreto e che le ha permesso di conoscere la donna Ingrid.
Da quel pomeriggio inizia una biografia molto particolare dell’attrice.
Dall’infanzia in Svezia agli inizi della carriera, al matrimonio, fino agli
anni di Hollywood. Prosegue con la storia d’amore con Rossellini
di cui simpaticamente la scrittrice coglie gli aspetti geniali ma anche le
debolezze un po’ goffe da maschio italiano. Finisce con il ritorno di Ingrid al
cinema internazionale e con la sua morte prematura nel 1982. C’è poi un capitolo
con le testimonianze dei personaggi del cinema, della cultura e dell’arte
raccolte dal 1983 al 2015. A cui seguono in un altro capitolo quelle dei couturier che l’anno vestita, ma anche
degli attuali stilisti che riconoscono quella sua eleganza naturale così
lontana dal mondo del fashion. Nell’ultima parte alcune firme del giornalismo
di moda cercano di dare un colore a Ingrid. Primo esce il bianco, forse per il
legame con il nord. Il viola-Asolo resta nella copertina e nella borsa V° 73 (V sta per Venezia e 73 l’anno di
nascita della stilista trevigiana Elisabetta Armellin). Dedicata a Ingrid, è
realizzata con il velluto dell’Archivio Rubelli, usato per la stola dei
procuratori della Repubblica di Venezia. Dopo la presentazione a Milano il
libro sarà fra gli ospiti d’onore di un tributo all’attrice a Palazzo Ducale di
Venezia, il 3 dicembre.
mercoledì 25 novembre 2015
C'ERA UNA VOLTA
Una poltrona imponente nel mezzo di un giardino e a
far da quinta un quartetto d’archi. Donne che leggono in un grande prato, i
testi illuminati da una piccola lampada con solo una candela ai loro piedi.
Sono alcune immagini della seconda edizione. La terza, visto il successo, avrà più
interventi, più artisti, più favole… Sì, favole perché si sta parlando del
Festival della Fiaba di Modena, la cui terza volta sarà in giugno. Non ci
vogliono studi di psicologia per rendersi conto che le favole sono molto di più
di racconti per bambini. Secondo Nicoletta Giberti, ideatrice e direttore
artistico della manifestazione, mettono in scena l’identificazione del sé. “Il
cavaliere che sconfigge il drago
non salva la principessa, ma salva se stesso”
spiega. “Bisogna far luce sui tanti luoghi oscuri che la fiaba racchiude”
ribadisce Michele Collina, docente di lettere e uno dei relatori. Per questo
ogni giornata si aprirà con una conferenza in cui dal linguaggio semplice e
lineare delle fiabe si trarrà ogni volta qualche elemento complesso e si
indagherà su questo. E tutto in forma
interattiva, senza uno stacco dal pubblico. Tema specifico di questa edizione
la relazione della fiaba con il tempo. Come cioè la favola si componga di
passato, presente e futuro, attraversi indifferentemente il mondo dei vivi e
dei morti, e sia un altrove di cui C’era una volta è la porta d’entrata. Perfettamente
coerente è la sede scelta, Villa Sorra, una delle più scenografiche ville del
modenese utilizzata da Pasolini per Salò
o le 120 giornate di Sodoma. La serra,
allestita con un palco e un’area espositiva, sarà un ideale secret garden per mostre, video
proiezioni, spettacoli, installazioni, concerti, gli incontri d’apertura e
naturalmente le fiabe. Anche queste,
come tutto quello che verrà presentato qui, saranno inedite e prodotte ad hoc.
A chiusura verrà inaugurato, in un ex
capannone industriale vicino al centro
storico, il Filatoio, laboratorio permanente del Festival. Progettato da un
architetto e realizzato interamente a mano da un artigiano e macchinista
teatrale ospiterà una cucina, una caffetteria, un salotto con libreria,
dove leggere non solo fiabe, e un palco per concerti e performance.
martedì 24 novembre 2015
ALTRO CHE PAROLE
Sandalo Spike di Max Kibardin |
Abito Nudress di Gentucca Bini |
Abito Bruco di Moi Multiple |
Niente A come Armani, B come balza, o S come
spolverino. Nel Nuovo Vocabolario della
Moda italiana non si trovano le spiegazioni e i sinonimi di parole o le
biografie di personaggi. Perché è una mostra. Inaugurata ieri alla Triennale di
Milano prosegue fino al 6 marzo. Racconta in tutti i suoi aspetti, con personaggi e interpreti, la moda italiana dal
1998 a oggi. Dalla diffusione di Google che segna l’inizio dell’era digitale
all’anno in corso, passando per la crisi mondiale del 2008 che ha coinvolto
tutti e ha spinto al rinnovamento. L’esposizione, curata da Paola Bertola e
Vittorio Linfante, si articola in tre sezioni. Narrazioni è dedicata a ciò che ruota intorno alla moda,
dall’illustrazione e la fotografia ai nuovi media, dall’editoria specializzata
alla video arte. Biografie, com’è
intuibile, traccia la storia di stilisti e marchi che in questi vent’anni hanno
recuperato le tradizioni, riscrivendole con la tecnologia e i linguaggi
contemporanei. E poi il vero e proprio Vocabolario,
cioè un percorso attraverso varie sale, ognuna con un tema chiave. Da Archetipo da cui derivano le attuali proposte,
essenziali ed esemplari, a Costruzione con
capi o accessori frutto di combinazioni. Da Dettaglio,
che va da un tocco di asimmetria a un volant
inaspettato, a Laboratorio dove il
legame con il sartoriale e l’artigianato è molto forte. Da Materia, dominata dalla ricerca dei materiali, a Ornamento con l’applicazione di elementi
a sorpresa, come espressione del rinnovamento. Da Superficie, in cui le
geometrie sono viste in tutte le accezioni fino all’etnico, a Uniforme che ribadisce l’appartenenza a
una categoria, si rifà al mondo del lavoro o guarda allo street style. Da vedere quindi in un allestimento-installazione capi da uomo e da donna, scarpe, borse,
zainetti, gioielli, occhiali. Tutti disegnati e prodotti da brand e stilisti, dal 1998 in poi.
E non da giovani o da emergenti, termini che i curatori non hanno giustamente voluto
utilizzare. La mostra è dedicata a Elio
Fiorucci. Non un omaggio alla memoria, come ha spiegato Eleonora Fiorani,
curatore del settore moda della Triennale, ma
un tributo di riconoscenza a uno dei più grandi innovatori a livello
internazionale.
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