giovedì 27 aprile 2023

DIETRO IL CABARET

E’ un momento felice per il cabaret nel senso che, tornato in primo piano,  è addirittura entrato nei teatri. Merito anche della sua duttilità e delle sue svariate formule. Quella di Tutto è kabarett al Teatro della Cooperativa di Milano, fino al 30 aprile, è più nuova o per lo meno inaspettata. Prodotto dal teatro in collaborazione con Caffè Hertz, si presenta con tutte le caratteristiche di questo genere di spettacolo e poi a poco poco vira su un piano diverso.  Sul palcoscenico Valentina Mandruzzato, Francesca Zaira Tripaldi, Maria Luisa Zaltron  dirette da Riccardo Mallus, Caffè Hertz, con la drammaturgia di Riccardo Tabilio. 


Il filo conduttore apparente sono le vicende negli anni Venti della ventenne viennese Elli che vuole fare l’attrice e va a Berlino, il luogo migliore in quei tempi per concretizzare la sua aspirazione. Dalla partenza e il saluto all’amica del cuore al viaggio in treno, fino ai primi lavori e alla fondazione di un locale, appunto di cabaret, chiamato Jazz. Ed è qui che salta fuori il cabaret tradizionale, dove sia Elli che amiche e amici, sempre interpretati dalle tre attrici, cantano canzoni rigorosamente in tedesco, suonano il pianoforte o la fisarmonica in pieno stile Lili Marleen.  Sempre le tre come voci narranti parlano di una di loro che è stata portata via dai nazisti ed è morta. E qui il cabaret prende una connotazione particolare. Come spiegano alla fine le attrici, quella ragazza è veramente esistita. Si chiamava Lili Grun e lo spettacolo  è liberamente tratto dal suo romanzo del 1933 Alles ist jazz, che racconta la sua storia di ebrea, deportata e uccisa in un campo di concentramento. Un libro scomparso per molti anni che è stato ripubblicato nel 2018. E che Caffè Hertz ha messo in luce, con il suo lavoro, nel modo più giusto. Dando spazio all’atmosfera, anche festosa, di quella generazione di giovani artisti inserita in un orribile periodo storico. Con un equilibrato mix per intrattenere piacevolmente ma anche far riflettere. 
  

venerdì 21 aprile 2023

TUTTI DICONO DESIGN

Nel grande Oceano della Design Week milanese, come si è scritto e detto, c’è davvero spazio per tutti. Non significa qualunquismo, che anche se variopinto è deprecabile. Ma affermazione di creatività, voglia di stare al passo con i tempi, di guardare al futuro, di coccolarsi e coccolare. Normale che anche i cani rientrino in questo circuito. Anche se in una sfera non così fondamentale e per tutti i gusti. 






E’ stata presentata nel FPM Flagship Store, il valigiaio più in di via Madonnina, la Pet Station, una super valigia per l’amato quattrozampe, ovviamente di taglia piccola, proprio come Poldo il testimonial del brand. E’ un raffinato trolley che aperto diventa beauty case, armadio, letto per il peloso. La parte più ampia è una comoda cuccia in morbida pelle scamosciata, mentre all’interno del coperchio c’è tutto l’occorrente per un viaggio. Da spazzole e speciale pettine, solo per i peli lunghi, a un accappatoio, tre shampoo e gli indispensabili sacchetti per le deiezioni. Nel cortile di un palazzo del Quadrilatero troneggia il davanti di una BMW in materiale plastico giallo. Mentre è tutto intero e vero il nuovissimo modello di Audi nello scenografico cortile di Portrait Milano, l’hotel di Ferragamo aperto lo scorso novembre nello storico Seminario Arcivescovile di Corso Venezia. Bellezza e funzionalità insieme nelle lavorazioni di Valextra,: le racconta un’installazione del duo londinese Isabel+Helen nel flagship store del brand in Via Manzoni. L’ungarettiano "M’illumino d’immenso" compare a lettere luminose nella mostra The Art of Light che la rivista Elle Décor ha organizzato a Palazzo Bovara in partnership con svariate aziende. Vuole raccontare il ruolo fondamentale della luce nello spazio domestico. Come la luce “accende i luoghi dell’abitare, accarezza le forme di oggetti e arredi, influisce sul nostro umore”. Nelle varie sale si gioca sui riflessi, le trasparenze, sui cambiamenti secondo la luce, con opere site specific. Arthur Arbesser, stilista austriaco, non si smentisce e gioca con ironia, per il tessuto d’arredo floreale con a sorpresa qua e là oggetti vari (foto in alto) e per la Oca chair che riprende il becco di un’oca. “Vestitevi come la vostra tavola” dice l’invito all’evento di Luisa Beccaria nell’atélier e show room di Via Formentini. Ed ecco nel perfetto stile jeune fille en fleur vasi, piatti, tovaglie (foto in basso).  


giovedì 20 aprile 2023

MODI DI MODA

La popolazione di una città di media grandezza (poco meno del doppio degli abitanti di Modena) si è riversata su Milano per la Design Week. Soprattutto nel pomeriggio sono pochissime le strade non intasate da gente e veicoli, dal camion al monopattino.  Eppure le esposizioni, i negozi, le mostre da visitare sono moltissime e disseminate quasi dappertutto. I motivi di coinvolgimento sono svariati, alle volte minimi, incomprensibili. Tutto è design o lo può diventare. Come sempre la moda è molto coinvolta in questo senso, in modi e maniere diverse. 





Può essere una poltrona come quella di Moroso con Diesel, di colore rosso, come Mr.Diesel Renzo Rosso e il Campari degli aperitivi.  Può essere uno scaffale di Lago dove impilare i cashmere di Falconeri. O la scritta Love dell’artista Nami Yokoyama da Anteprima, un inno all’amore in tutti i sensi con cui il brand giapponese festeggia i suoi 30 anni. Si chiama Love anche la madia rossa, dalle linee in 3D, disegnata da Fabio Novembre direttore artistico di Driade. E’ nella boutique di Baldinini e sancisce l’accordo fra l’azienda di scarpe e quella di arredi.  Sono i robot di Ceramiche Puzzo a festeggiare i 40 anni di Martino Midali nel negozio di Via Mercato. Ce n’è uno d’oro, celebrativo, uno nei colori della pace, uno rosa contro la violenza sulle donne, uno verde per la sostenibilità. Ceramiche anche da Marina Rinaldi: sono di Knockout. Il vetro di Venini incontra le scarpe di Jimmy Choo e il colpo di fulmine è rappresentato da un’installazione di vasi di varie dimensioni appesi, come fiori, a una grata di legno. Dior racconta la sua collaborazione con Philippe Starck. Ecco nelle vetrine di Via Montenapoleone le sedie Miss Dior e Monsieur Dior, mix di tecnologica leggerezza e rivisitazioni Ottocento.  Le stesse sono protagoniste di una straordinaria installazione dell’architetto francese al piano interrato di Palazzo Citterio. Ma ci sono anche le maison di moda a proporre collezioni complete. Dalle più vecchie, Giorgio Armani, Versace, Roberto Cavalli, alla nuova di Karl Lagerfeld, un omaggio allo stilista scomparso che tra le sue tre passioni annoverava la casa, insieme ai gatti e ovviamente alla moda.  E’ una casa completa, in cui i pezzi hanno i nomi di quartieri parigini cari a Lagerfeld.  Divani  con scaffali sul retro per una piccola biblioteca, in bianco e nero il pranzo,  dalle sedie al tavolo, ai piatti.   Qua e là  flash di rosso, mai invasivi, schizzi alle pareti, firme giganti dello stilista e piccoli Lagerfeld in ceramica.  


mercoledì 19 aprile 2023

C'ERA UNA VOLTA

E’ sempre una sorpresa piacevole il cortile dell’Università degli Studi di Milano disseminato di installazioni per la Design Week.  L’edizione di quest’anno s’intitola Design re-evolution. Vuole  fare riflettere sul “pensiero evolutivo per attivare sinergie tra diverse discipline”. Le contaminazioni tra arte, scienza, scenografia aumentano di continuo. Forse, a differenza degli altri anni, quel fil rouge fiabesco che dà spazio all’immaginazione è meno forte. Sostituito, con più contemporaneo pragmatismo, dalla voglia di saperne di più di quell’Universo lontano, quel Metaverso che si avvicina sempre più. Per questo forse si è meno stupiti, meno incantati. Sotto un’apparenza immaginifica c’è più concretezza. 





Come in quella Macchina Impossibile  di Piero Lissoni con le eliche che si muovono con un sistema a idrogeno verde. Un progetto di nautica sostenibile (foto in basso). Oppure quel bosco verticale miniaturizzato di Topotek, interamente realizzato con vasi e piante, per insistere sul messaggio delle città più verdi. A proposito di Bosco Verticale parla di biodiversità Swing, l’altalena di Stefano Boeri, ispirata  ai Surrealisti spagnoli che si dilettavano in performance seduti su un’altalena. Giocata sulla metafora l’installazione di Simone Micheli nel Cortile dei Bagni: tre gabbie, in due un uccellino di 2 metri, la terza vuota  e l’uccellino a fianco pronto a spiccare il volo  per evolversi e non lasciarsi coinvolgere dal sistema. Tra le installazioni più guardate Farfalle di Ludovica Diligu: 540 minuscole  giacche di velluto che dal bianco passano al nero formando un arcobaleno,    metafora del bruco che diventa farfalla. O ancora lo Studio Nomade d’ Artista di Sergio Fiorentino con visi su pareti blu oltremare e volti dorati dei sognatori, tutto incorniciato  dalle arcate del sottoportico del Cortile d’Onore (seconda foto dall'alto). O metri di tessuti sporchi dell’inchiostro delle rotative dei quotidiani nell’installazione di Gianluigi Colin, che raccontano il passato (terza foto dall'alto). Come tutti gli anni i rivestimenti dei porticati di accesso  ai chiostri del primo piano sono con i tessuti di Missoni e la mostra del design brasiliano è nel portico affacciato su Largo Richini: dal divano alla tazza da tè. Il gusto della fiaba è un po’ smorzato ma c’è molto altro per consolarsi. Una vera fiaba, durata solo un giorno, quella dei gioielli Aliita, intitolata Ammanita, il fungo più fiabesco.  Raccontata, con il cestino in mano, in un percorso verde con sportellini da aprire per cogliere, come funghi, deliziosi gioielli.

martedì 18 aprile 2023

MATERIAL WORLD

Nel risveglio del design, dopo il lungo sonno della pandemia, i materiali giocano il ruolo da protagonisti. Già dalle due prime giornate di Fuorisalone e Design Week milanese chiunque può riscontrarlo. E’ un continuo imbattersi in prodotti ecologici, sostenibili, il chilometro zero è ricorrente. La tecnologia è in quella direzione. Si è visto al Superdesign Show nel Superstudio  che da sempre raccoglie le proposte più avanzate, ma anche nel Masterly the Dutch che racconta la creatività  di architetti e artisti olandesi, trasferitosi in questa edizione da Palazzo Turati a Palazzo dei Giureconsulti. 





A dominare la scena al Superstudio Show sono gli orientali, sempre più proiettati nel futuro utilizzando tecniche tradizionali. Così il giapponese GPJ X Yutaka si ispira alle antiche lanterne per le lampade realizzate con tubi di alluminio, tessuto e LED capaci di illuminare a giorno ambienti vastissimi. DITP, collettivo tailandese, presenta una serie di pezzi e complementi d’arredo fatti esclusivamente con materiali di riciclo, imballaggi, pezzi di rocce e perfino erbe selvatiche. Funzionalità e resistenza al tempo sono gli obiettivi sostenibili del cinese Grado Design con una produzione ricchissima di pezzi, molto articolata e assolutamente innovativa. Tra gli italiani  Nichelcromlab punta all’acciaio inossidabile per un design lussuoso ed ecocompatibile.  Ispirata al recupero l’installazione Itala di Alberto Gianfreda con cocci di ceramiche di diverse regioni italiane (foto in basso). Da non mancare la visita alla Casa del futuro con gli elettrodomestici intelligenti di Samsung Electronics e una salita, anche in ascensore, al terrazzo-Paradiso di Michelangelo Pistoletto, con il suo ormai iconico Infinito (foto al centro). Molto variegate le proposte al Masterly the Dutch. Da quelle da giardino di Fatboy, alcune esposte sul terrazzo che guarda il Duomo (foto in alto), alla canoa da trekking decorata di Jerke Sijbrandij. Dalle settecentesche ceramiche di Delft reinterpretate in chiave Tremila ai paraventi metallici, vere e proprie sculture, di Vonn Jansen. Dalla Rising Chair di Robert van Embricqs, con un ingegnoso sistema per piegarla, all’installazione con fiori dipinti a mano e tagliati con il laser di Joris Kuipers, in stile barocco-rococò.

domenica 16 aprile 2023

ARTE NON A PARTE

Si concludono oggi il Miart e la Milano Art week. Non solo quindi l’esposizione a Fiera Milano, ma una sere di mostre, incontri in tutta la città (80 appuntamenti solo per Art Week). L’arte non è più riservata ai collezionisti, o da avvicinare a distanza nei musei. Sempre più forte il rapporto tra privato e pubblico, capaci di lavorare bene insieme. Numeri in crescendo per quanto riguarda il Miart  e il termine usato nella musica di crescendo è, a ragion veduta, il titolo di questa ventisettesima edizione. 169 gallerie partecipanti  più del 10% rispetto al 2022, provenienti da 27 paesi, che significa il 40% in più di espositori internazionali rispetto alle altre edizioni. 




Fotografia (da Man Ray agli anni ’60 raccontati dagli scatti di Ugo Mulas) pittura, scultura, ceramica, arredi i temi. Suddivisi, come sempre, in tre sezioni: Emergent, dedicato a 26 giovani gallerie, Established con 133 gallerie e opere che vanno dal XX secolo al contemporaneo e Decades con i progetti speciali di dieci gallerie che propongono lavori dagli anni dieci del 900 agli anni dieci del Duemila.  In più, come al solito, una parte dedicata alle riviste di settore e ai libri d’arte. Proposte quindi per tutti i gusti e tutti i modi di affrontare l’arte. Presentazioni molto interessanti per Established.  Richiedono un’osservazione più accurata e più tempo, largamente ricompensati. Per Emergent sono il primo impatto e la sorpresa il criterio e l’elemento trainante.  Così le sculture di visi stralunati con gli occhiali di MRZB, collettivo di artisti italiani basati ad Amsterdam, alla galleria romana Baleno International (foto in alto). O l’inquietante animale morente in plastica del canadese Dan Vogt, presentato dalla galleria viennese Shore. Non mancano i coup-de-thé
âtre anche tra gli Established, così i coccodrilli in tessuto a quadri dell’ Osart Gallery di Milano e l’allestimento della galleria Francesco Pantaleone, a Palermo e a Milano, con la stanza che si riflette (foto al centro).   O ancora  Vivir es caminar  di Rafael Canogar allo Studio Gariboldi di Milano (foto in basso). Novità di questa edizione il collegamento con il cibo, sempre per un maggiore coinvolgimento. Quindici opere sono state esposte nei ristoranti di dieci chef stellati.

venerdì 14 aprile 2023

LEGGERI COME L' ARIA

Il riferimento a Giulietta e Romeo c’è. Ci sono dei passi di Shakespeare letti in italiano e in inglese, brani musicali tratti dal balletto di Prokofiev. Ma è soprattutto il tema dell’amore contrastato in cui si perdono i due amanti al centro  di Vertigine di Giulietta, lo spettacolo della compagnia blucinQue  fino al 16 aprile al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano.  Una vertigine fatta di incredibili evoluzioni, salti nei cerchi e in strutture  dalle forme geometriche, salite su scale, accompagnate anche dalle note magiche del violoncello di Bea Zanin, che ha curato il sound design.

 



A far vivere e animare questi elementi, sei straordinari performer Elisa Mutto, Alexandre Duarte, Federico Ceragioli, Vladimir Jezic, Michelangelo Merlanti, Ivan Ieri. Con la regia e la coreografia di Caterina Mochi Sismondi, che è anche la fondatrice della Compagnia  blucinQue, titolare del primo centro di produzione nazionale per il circo contemporaneo blucinQue/Nice, sostenuto dal Ministero della Cultura.  Le evoluzioni vanno al di là della danza per diventare davvero  esibizioni acrobatiche. Gli artisti saltano, entrano ed escono da un cerchio volteggiando. Con le braccia e le torce, che tengono in mano, formano  cerchi di fuoco. Sorreggono con la testa scale a pioli su cui un altro  gira all’infinito. Si appendono con una lunga sciarpa legata alla caviglia  a un palo  e danzano nel vuoto. Esibizioni che lasciano con il fiato sospeso, dove i corpi, leggerissimi, diventano delle linee che scrivono disegni nell'aria. I ballerini sono legati alla terra solo da un esile filo che da un momento all’altro potrebbe rompersi. Proprio come l’amore di Giulietta e Romeo è legato a un filo sottile, che in qualunque momento si può spezzare e si spezzerà, nonostante l’amore fortissimo che lega i due giovani. Uno spettacolo davvero straordinario.  Che dà le vertigini

giovedì 13 aprile 2023

BRASSENS E IL SUO DOPPIO

Abbrassens s’intitola lo spettacolo di e con Alberto Patrucco, in prima nazionale al Teatro della Cooperativa di Milano fino a domenica. In quella strana crasi tra il cognome di uno dei più grandi cantautori e l’abbraccio s’intravvede l’humour, la vis comica, ma soprattutto la simpatia e la sensibilità del cantante-autore italiano e la sua perfetta sintonia con Georges Brassens.  

Per quasi due ore Patrucco intrattiene il pubblico con un monologo che va da considerazioni sulla società attuale con le sue contraddizioni, ovviamente esasperate e colte negli aspetti più ridicoli, ai giochi di parole, alle battute veloci. Ogni tanto s’interrompe prende in mano la chitarra e canta canzoni del chansonnier francese, da lui non solo tradotte e italianizzate ma anche rimaneggiate musicalmente. Ad accompagnarlo i virtuosismi di Jacopo Pugliese alle percussioni e di Dimitri Pugliese all’ukubass, strumento fusione tra basso e ukulele.  Anche nelle canzoni mantiene intatto quel tipo di spirito. Senza eccessi, mai fuori posto o sopra le righe, eppure irresistibile. Per  quasi due ore lo si segue con entusiasmo, pronti e curiosi delle nuove e continue sorprese. Patrucco parla con la semplicità dell’amico considerato il più spiritoso del gruppo, non perché conosce tante barzellette, ma perché nei momenti più impensati riesce a trovare la battuta fantastica, che tutti ricorderanno. Quello stesso spirito per cui Brassens, come ha raccontato Patrucco, al giornalista che gli chiedeva come era solito iniziare la giornata aveva risposto “Mi rivesto e torno a casa”.

mercoledì 12 aprile 2023

A SPASSO CON MONET

Non casuale, in Inside Monet a Milano, l’accostamento di una virtual reality experience con la pittura del grande impressionista. Il  pittore francese, infatti, ha operato una vera e propria rivoluzione,  dipingendo per primo en plen air, grazie anche all’utilizzo di speciali colori. Come altrettanto innovativa è la realtà virtuale di Way Experience, start up specializzata nella produzione di esperienze immersive, che fa entrare nell’atmosfera del mondo artistico parigino  di metà Ottocento.  Luogo di partenza del viaggio il Museo Impossibile dell’Arco della Pace, il più parigino dei monumenti milanesi e nello stesso tempo uno dei più emblematici, accanto al parco.  Ci si infila occhiali e cuffia e si procede. Ad accompagnare il visitatore-spettatore guide specializzate pronte a fornire informazioni tecniche e culturali, ma anche a rispondere a curiosità. In realtà il vero accompagnatore è Monet, con la sua voce interpretata dall’attore Luciano Bertoli, in una narrazione drammaturgica scritta in collaborazione con Libero Stelluti.  




Come tutti i racconti di viaggio anche questo è suddiviso in tappe, ognuna legata a un dipinto famoso. Si parte dal suo atélier a Giverny in Normandia (foto in alto). Pavimento in legno, seminascosto da tappeti, grandi finestre affacciate sullo splendido giardino che Monet curava personalmente. “Devo ai fiori se sono diventato pittore” dirà a un certo punto.  Appese alle pareti le opere, da cui partono le tappe del viaggio. Nella prima ci si immerge nei paesaggi marini al levar del sole. Nella seconda si è in un immenso prato di papaveri, forse il suo dipinto più noto. Nella terza tappa si passeggia con la moglie Camille e il suo bambino sulle colline di Argenteuil (foto in basso). Il vento muove l’erba e le foglie, così come l’abito di lei. E sembra di sentirlo. Qui la voce rievoca l’amore per questa donna speciale, morta prematuramente. Grazie anche all’interpretazione è un momento davvero toccante. Gli effetti del colore e dei cambiamenti della luce, clou dell’impressionismo, sono protagonisti nella tappa dei covoni. Lo stagno delle ninfee del 1899 è l’ultima tappa: c’è l’acqua, il ponticello, appunto le ninfee. Quasi un omaggio alla pittura dell’antico Giappone. “La mia arte è figlia dell’arte giapponese del passato… Ho riprodotto ciò che sentivo con il cuore, non ciò che vedevo con gli occhi”.   I tour si svolgeranno durante l’week end a partire dal 15 aprile, con una capienza di 37 persone. Per orari e informazioni www.insidemonet.it


sabato 8 aprile 2023

LIAISONS DANGEREUSES ? NON PROPRIO

Les Liaisons dangereuses come titolo per una mostra è accattivante, ma sapendo che tratta di moda appare un po’ forzato e troppo effetto facile. Invece il riferimento all’unico romanzo di Choderlos de Laclos è letterario, ma c’è. Esposti al Castello di Belgioioso per Next Vintage, fiera dedicata al fashion e agli accessori d’epoca, diciotto pezzi unici disegnati da altrettanti studenti dello IED Moda (Istituto Europeo di Design) di Milano. 



Tutti realizzati con lingerie, vestaglie, camicie da notte, copriletti vintage e seconda mano, messi a disposizione da Humana People to People Italia, promotrice con lo IED della mostra. Un’operazione di upcycling che fa rivivere “i momenti più intimi di chi questi capi li ha posseduti con i sogni tenuti al caldo e con l’amore che lega assieme i pezzi di ogni essere umano….I diciotto progetti racchiudono nuove forme e nuovi ambienti a partire dalla storia di chi ha scelto e indossato i capi…”ha commentato Olivia Spinelli, creative director IED Moda Milano e ideatrice della mostra. Ecco trapunte che diventano abiti. Pizzi di sottovesti che sono la parte dominante di un capo. Giochi di volant che impreziosiscono un corpino. Bordi di un copriletto che segnano e decorano il lungo da sera. Il tutto in una prevalenza di bianco e toni pastello. Come in tinta pastello sono i separé e i finti tappeti dell’allestimento. “Le opere realizzate con i nostri abiti, usati ma non più utilizzabili, sono la conferma che ogni capo racchiude per moltissimo tempo un valore e un potenziale enormi” ha detto Laura Di Fluri, responsabile Marketing e Comunicazione di Humana People to People Italia. Les Liaisons Dangereuses è dal 14 al 23 aprile a Next Vintage, nel Castello di Belgioioso, a pochi chilometri da Pavia.

martedì 4 aprile 2023

EQUESTRI EMOZIONI

In Italia non è l’unico, anche se i Musei del cavallo sono pochi e, curiosamente, meno noti di quelli del cavallo giocattolo. Ma quello della Collezione Moyersoen è il solo dedicato al cavallo militare durante il secondo conflitto mondiale 1939-1945.  Dietro non certo uno spirito guerrafondaio, ma la passione per i cavalli. Anzi un ringraziamento per l’enorme aiuto che gli oltre 10 milioni di cavalli diedero durante la seconda guerra mondiale. 




Si trova a Carpiano, nella bassa milanese al centro del parco agricolo sud. All’interno della cascina Longora, dove il barone Albert Moyersoen, qualche anno dopo la fine della guerra crea uno dei primi centri ippici di Milano, forte dell’esperienza maturata in Belgio, dove era nato nel 1926, in Inghilterra e in Francia nella famosa scuola dell’Harras National du Pin. L’idea della collezione nasce, oltre che dall’amore per i cavalli, sbocciato con il cavallo a dondolo regalatogli a un anno, con l’abolizione degli ultimi reparti di cavalleria in diversi paesi. Quando era facile trovare nei mercati selle e bardature militari . All’inizio li acquista per il centro ippico, poi decide di metterli in mostra.  Ora la collezione è diventata un museo e la seguono i figli Filippo, campione equestre,  ma soprattutto il fratello Jean Marie Moyersoen ex colonnello di cavalleria (foto al centro). In un ex stalla da vedere 15 cavalli e due muli in vetroresina con code e in alcuni anche criniere vere, completamente bardati. Alle loro spalle le bandiere del Paese del cui esercito facevano parte. Saltano all’occhio subito i modi diversi di attrezzare e utilizzare i cavalli, che per alcuni come i tedeschi erano il più affidabile mezzo di trasporto. Lo spiega Jean Marie Moyersoen, e lo ribadiscono le pagine di libri e le foto raccolte in 50 anni da Albert Moyersoen. Tra le molte curiosità l’attrezzatura dei cosacchi e un calesse sistemato in modo da essere trainato da cavalli di diverse dimensioni; la storia di Albino, il cavallo eroe della Campagna di Russia finito a trainare il carretto di un verduraio e poi recuperato in una caserma prima a Milano, poi a Merano, unico cavallo, sempre affiancato dall’asino Mariolino per non soffrire di solitudine. E poi, documentato da ritagli di giornali, soprattutto di Sorrisi e Canzoni Tv, il viaggio a cavallo di Lucio Battisti e Mogol, nel 1970, da Milano a Roma, durante il quale pare nacque l’ispirazione di Emozioni (foto in basso).  A organizzare il tutto, su insistenti richieste dei due artisti, Moyersoen  che accettò a condizione di scegliere i cavalli, dare lezioni di equitazione specie all’inesperto Battisti e che Battisti si tagliasse i capelli. “Perché i cavalli non vanno d’accordo con i leoni”, in realtà perché la paglia durante le strigliate può entrare tra i capelli e dà molto fastidio. L’ingresso al museo, aperto fino al 30 novembre, agosto escluso,  è solo su prenotazione per gruppi di massimo 15 persone. Tel. 3386362244, dalle 16 alle 18, dal lunedì al venerdì.