venerdì 27 febbraio 2015

ATTRAZIONE FATALE


 Jimmy Choo

L’attrazione per il cinema è forte. Lo sa bene Angelo Marani, stilista e imprenditore che colleziona manifesti di film.  Questa stagione traduce la sua passione in una  sfilata dove il fil rouge  è il mondo delle dive,  come è recepito nell’immaginario collettivo. Sono molti gli abiti fascianti con strategici inserti in pizzo.  I pantaloni  alla gaucho o i jodhpur  svelano la perfezione delle gambe. Tocchi brillanti  perfino sui lunghi stivali-feticcio. Sul cappotto maculato elementi geometrici alla Mondrian.  Sulle bluse e gli abiti fotogrammi di vecchi film cult.
 Aigner
Jimmy Choo ,lo scarpaio più amato da Carrie Bradshaw, l’attrazione                                         

la sente per la danza classica. E sceglie il tema del bondage, senza nessuna allusione all’hard sex, ma inteso  come le fasce e i nastri di protezione per il piede di una ballerina. Le décolleté  hanno dei nastri in tulle, organza, nappa, che si avvolgono alla caviglia. Gli stivali stretti sopra il ginocchio sono percorsi da lacci. Anche lo scarponcino da montagna ha un cinturino che lo circonda.  
L’attrazione per le forme geometriche e il rigore alla Bauhaus sono in molti stilisti a sentirla, anche i più insospettabili. Per Iceberg è stranamente mixata con dettagli del vestire tecnico sportivo. Le gonne diritte sono le protagoniste in passerella. Da abbinare a pull multicolori dove i quadri, le righe, gli inserti  quadrati sono dominanti.
I ricami e i motivi decorativi del folklore ungherese sono l’attrazione-ispirazione da Aigner. Il giovane direttore creativo Christian Beck,  per i 50 anni della maison, rende omaggio al suo fondatore, Etienne Aigner, raccontando con i dettagli il suo paese d’origine. Le grafiche floreali sullo sfondo della passerella si ritrovano sull’abito aderente con lunga cintura in vita. Sul pantalone classico con  pinces è sovrapposta una gonna di capra. Sulla stretta sottana in pelle profili con fiori in rilievo. Richiami di pelliccia sulle borse e sugli stivaletti.


martedì 24 febbraio 2015

COME TI CALPESTO L'ARTE


Peccato che quando piove la gente cammina più veloce. Però è anche vero che è più attenta a dove mette i piedi e guarda per terra. E così oggi avrà fatto caso alla novità in Via Montenapoleone, a Milano. Sui due marciapiedi spiccano dei tombini colorati. Sono quelli di Metroweb, l’azienda di fibre ottiche che  ha reso  Milano la città più cablata d’Europa, e ha organizzato con il patrocinio del Comune di Milano la mostra en plein air “Sopra il sotto”, 
                                                           da vedere, anzi da calpestare, fino a gennaio 2016.  Ogni tombino porta un disegno particolare firmato da una maison di moda.  Svariati i soggetti, ma sempre conformi agli intenti e allo spirito  del brand. Ed ecco quasi all’angolo con Via Manzoni un muso di ariete con tanto di corna, a ricordare l’importanza della lana per Ermenegildo Zegna.  Gambe svettanti su tacchi perversi per il tombino di Giuseppe Zanotti Design, poco più avanti. Geometrie sul rosso,  ça va sans dire, per Valentino. Una spirale di colori per Missoni. In bianco e nero per Prada. Giochi cromatici e  scritta per Etro. Un pizzo per Alberta Ferretti. Microlevrieri per Trussardi. Ispirato al futurismo di Balla il tombino di Laura Biagiotti. A sorpresa Ferragamo di fronte al suo negozio dipinge animali da safari con lo sfondo di grattacieli metropolitani. Lo skyline di una collina umbra per Brunello Cucinelli. Giorgio Armani non si smentisce e punta sul minimalismo delle iniziali. Patchwork di colori per Pucci, la Medusa, e cosa se no, per Versace. Coerente anche Just Cavalli,  guru del maculato, col muso di un ghepardo. Per DSquared due visi uguali e caricaturali per insistere sui gemelli stilisti. Sinfonie sull’azzurro per Larusmiani. Completano “la galleria” i tombini disegnati dagli studenti della scuola Marangoni e quello firmato da Camera della moda, che ha collaborato in partnership con Oxfam Italia alla mostra ideata, curata e coordinata da Monica Nascimbeni. 

lunedì 23 febbraio 2015

RIAPRIRE I NAVIGLI



E’ il titolo di un libro appena uscito, ma anche il nome di un’associazione che a Milano vuole rendere di nuovo navigabile quel corso d’acqua  che attraversava il centro storico e che iniziò a essere chiuso sotto il Fascismo nel 1929, per  venire quasi completamente sotterrato negli anni ’60. Per chi ha visto qualche vecchia foto, l’idea ha un colore di romantico passatismo, con spunti di velleitarismo un po’ patetico. Perché inseguire un’immagine di città decisamente superata e soprattutto investire del denaro in un’operazione nostalgia, con tutte le problematiche del momento da risolvere? E invece leggendo attentamente il libro e soprattutto ascoltando il punto di vista di chi a questo progetto ha lavorato e sta lavorando, si scopre che riaprire i Navigli non è un’iniziativa vetero, ma un’opera contemporanea.   La Lombardia è la prima regione italiana per estensione fluviale,  e curiosamente anche quella con più vie navigabili. Addirittura per l’Europa è inserita nella macroregione Adriatico-Jonica. Non a caso lo storico Carlo Cattaneo scriveva che la storia della Lombardia è una storia d’acqua. I Navigli navigabili non darebbero  solo più fascino alla città, ma da studi fatti porterebbero vantaggi per l’agricoltura, l’industria, i trasporti oltre che per il turismo. Otto chilometri navigabili a Milano connessi con il Naviglio Grande e quello Pavese potrebbero segnare un utilissimo collegamento con i laghi e il Po fino all’Adriatico.
Il problema è dove trovare i fondi per opere di ingegneria e architettura di un costo stimato fra i  120 e i 150 milioni di euro. E’ importante, dicono i responsabili dell’associazione,  far conoscere il progetto, spiegarlo alla gente, non  solo ai milanesi, e poi procedere da una parte con la richiesta di finanziamenti europei, dall’altra con sottoscrizioni popolari o formule di crowdfunding, magari approfittando dell’occasione Expo. 

giovedì 19 febbraio 2015

CHIARE FRESCHE DOLCI ACQUE


 Foto Gregory Allen

 Pochi conoscono Richard Toll in Senegal. Eppure è una città di più di 50mila abitanti, gemellata con Cuneo, importante porto di passaggio per la Mauritania, con zuccherifici che  producono  15 mila tonnellate di zucchero l’anno. Ma i bambini delle scuole devono camminare 3km per raggiungere una fonte d’ acqua. Nella zona di Pulawala in Sri Lanka  i chilometri da percorrere per arrivare a un pozzo sono più di dieci. Su 200 famiglie, solo 56 hanno accesso diretto all’acqua. In molti villaggi della Costa d’Avorio l’acqua c’è, ma è inquinata. Tre situazioni disperate, in tre diversi Paesi che raccontano una piaga mondiale:  768milioni di persone non hanno accesso a fonti di acqua potabile e 4mila bambini muoiono ogni giorno per malattie contratte bevendo acqua contaminata. Ma, anche se a piccoli passi, il panorama sta cambiando. E proprio nei tre luoghi sopra citati si sono ottenuti grossi risultati. Fanno parte dei 162 progetti di Acqua for Life, la campagna lanciata nel 2011 da Giorgio Armani. Da quattro anni lo stilista collabora con Green Cross International (l’Organizzazione nata nel 1993 a Kyoto per progetti ecologici e sanitari e ora diffusa in 30 Paesi del mondo) per portare l’acqua potabile dove manca. A fruirne sono stati Paesi di tre continenti, per i quali si sono ottenuti 530 milioni di litri di acqua potabile, di cui 74 solo nel 2014. Attualmente  Acqua for life, oltre che in Sri Lanka, Senegal e Costa d’Avorio, è operativa  in Ghana, Bolivia, Cina e Messico. Con la costruzione di pozzi e pompe, sistemi di trivellazione e di raccolta per acqua piovana.