E’ fedele al testo originale
l’Amleto del Teatro Messina, diretto da Ninni Bruschetta. E il regista lo
sottolinea con il titolo Amleto di
William Shakespeare. Gli attori però
indossano abiti contemporanei e
all’inizio il contrasto colpisce, poi a poco a poco diventa naturale. Forse modernizzato dalla recitazione e da
movimenti di scena veloci al limite della coreografia da music hall, il
linguaggio non stride più. Anzi più che mai intenso è perfetto per mettere in evidenza le profonde
considerazioni di cui è pieno il dramma. I personaggi diventano attuali, e non
solo nel vestire. Amleto, il bravissimo Angelo Campolo, non è il cupo personaggio dai dubbi, appunto,
amletici con il teschio in mano, ma è un giovane determinato e coerente.
Polonio somiglia a certi politicanti sempre pronti alla mediazione e il bieco zio Claudio, pur con in bocca il
testo shakespeariano, potrebbe essere un tracotante riccastro appena sceso da
un SUV. La scenografia è incisiva anche se apparentemente minima: un
trono-divano in velluto rosso su una pedana e
vecchie poltrone da cinema in legno dove siedono gli attori quando non
recitano e si trasformano in platea regale
al momento dello spettacolo organizzato da Amleto. Il soffitto è di vetro con
le righe del gioco della tela e cambia colore. D’effetto le musiche dal vivo di Gianluca Scorziello e
Toni Canto, che all’inizio accompagnano il suadente canto di Celeste
Gugliandolo, una dolce Ofelia in minigonna e stivaletti. Lo spettacolo è al
Teatro Menotti di Milano fino al 20 febbraio. Dopo sarà a Messina e Catania.
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