sabato 1 febbraio 2020

LA NORMALITA' DELL'ORRORE


Mai come in questo momento celebrare il giorno della memoria è non importante, ma obbligatorio, dovuto, fondamentale. In qualsiasi forma. Il teatro è una delle formule più convincenti. Perché racconta attraverso le voci e i gesti di persone vicine. Per quanto vada a fondo del tema, non può però rappresentare quella realtà in tutto il suo orrore. C’è sempre il filtro della finzione scenica. Quello che non esiste in I me ciamava per nome: 44787. Risiera di San Sabba, testo e regia di Renato Sarti (nella foto), basato sulle testimonianze di ex deportati raccolte da Marco Coslovich e Silvia Bon dell’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli-Venezia Giulia. Si parla della Risiera di San Sabba di Trieste, unico lager nazista in Italia con forno crematorio, dove furono assassinate circa cinquemila persone. Qui ebrei soprattutto, ma anche zingari, omosessuali, handicappati, non stazionavano ma venivano quasi immediatamente cremati al loro arrivo. Sul palco nessuna ricostruzione, solo un lungo tavolo dove sono seduti, come dei conferenzieri, i quattro bravissimi attori, Nicoletta Ramorino, Irene Serini, Ernesto Rossi e lo stesso Renato Sarti. Quando il pubblico entra in sala, ancora con le luci sulla platea, i quattro sono già al loro posto. Ognuno dice un nome seguito da data di nascita e dalla martellante parola soppresso con data. Il rumore di chi deve ancora prendere posto rende più vero l’elenco, come fosse una registrazione delle presenze. E quindi più straziante. Poi incominciano le testimonianze. Piccoli episodi raccontati senza enfasi, come una cronaca puntuale. Ritratti di personaggi, i nazisti, con qualche cenno alle loro piccole manie, spesso da uomini normali più che da mostri. Qualche brano musicale di accompagnamento e foto e video, non solo di quei tempi, tra cui quelli di Miran Hrovatin, il reporter triestino assassinato in Somalia con Ilaria Alpi. La narrazione, volutamente piatta,comunica ed emoziona più di qualsiasi altisonante discorso. La retorica è bandita. C’è la verità buttata lì, senza filtri, senza giri di parole, in tutto il suo orrore.  Dalle problematiche economiche, per ridurre le spese di eliminazione dei corpi, al capo nazista sempre con la chewing gum in bocca che esorta i prigionieri ad affrettarsi nelle docce, “Prima che l’acqua si raffreddi”. Lo spettacolo in prima al Piccolo Teatro Grassi di Milano il 27 gennaio è al Teatro della Cooperativa, sempre a Milano, dal 28 gennaio fino al 2 febbraio.

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