martedì 27 novembre 2018

L'ARTE DI CAMBIARE I CONNOTATI




Può capitare che, guardando foto artistiche di uno sconosciuto o di una sconosciuta, si pensi a che tipo di persona potrebbe essere, nel caso di una donna magari la si immagina con dei dettagli diversi,le si aggiunge 

un particolare. Si prova a caratterizzarla,  ovviamente solo con la fantasia. Francesca Agrati lo fa davvero, non solo con l’immaginazione. Formata nelle tecniche di addizione pittorica attraverso le lezioni di Valeria Oliva, la giovane artista parte da una foto di donna, presa dal web e libera di diritti. E’ sempre un volto che in qualche modo la incuriosisce, la interessa, le vede dietro una storia. Applica la foto ingrandita in una misura standard su una tela e poi interviene. Con colori, accessori, dettagli, utilizzando le tecniche più svariate. Dalla semplice colorazione, all'applicazione con Vinavil di materiali diversi, dalle paillettes al tessuto, dalla plastica al metallo, a piccoli oggetti, sempre elementi normali del quotidiano, magari ritoccati nella tinta, sovente enfatizzati e con il risultato della tridimensionalità. A queste donne dà un nome, che le caratterizza e le definisce. Nel Gioco delle apparenze, questo anche il titolo dell’ultima mostra  purtroppo solo di tre giorni a Milano alla Dream Factory, le protagoniste sono sedici. C’è Cleo, Cleopatra del Terzo millennio, “antipatica”, dice Francesca ridendo, con guanti neri  e un bracciale-serpente, aspide of course. Ecco Margot con la sua collana metallica che “vuol fare la misteriosa” sotto un cappello nero. Pauline dagli occhi blu, trasformata in una ragazza del nord con colbacco in 3D. Odette è maghrebina con il suo turbante in tessuto etnico. Amanda è una buttafuoco da Cirque du soleil. E poi c’è Magda la diva anni ‘50 con  occhiali neri applicati e Zoe la ragazza africana con i dreads in gesso di alabastro. Linda è l’atleta di nuoto sincronizzato, la Esther Williams del Duemila, con cuffia di paillettes, salvagente rosso acceso e grosso, improbabile bracciale. E qui i colori, che giocano un ruolo importante, mostrano più che mai la forte influenza della Pop Art sull’artista. E infine, quasi a sintesi e spiegazione di tutta la mostra, c’è Anna la donna dai due volti, non necessariamente Dr.Jekyll e Mr. Hyde, ma come forse  tutti noi  con un io tormentato e delle contraddizioni. E il nome palindromo lo anticipa. E proprio questo ritratto è stato scelto da Marco Bilico, che parte da opere d’arte per creare video a tema, per il suo progetto Dialoghi di una tela. E in questo caso il video, che era visibile durante la mostra, è sul tema della violenza alle donne.

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