Può capitare che, guardando foto artistiche di uno sconosciuto o di una sconosciuta, si pensi a
che tipo di persona potrebbe essere, nel caso di una donna magari la si
immagina con dei dettagli diversi,le si aggiunge
un particolare. Si prova a caratterizzarla,
ovviamente solo con la fantasia.
Francesca Agrati lo fa davvero, non solo con l’immaginazione. Formata nelle
tecniche di addizione pittorica attraverso le lezioni di Valeria Oliva, la
giovane artista parte da una foto di donna, presa dal web e libera di diritti.
E’ sempre un volto che in qualche modo la incuriosisce, la interessa, le vede
dietro una storia. Applica la foto ingrandita in una misura standard su una
tela e poi interviene. Con colori, accessori, dettagli, utilizzando le tecniche
più svariate. Dalla semplice colorazione, all'applicazione con Vinavil di materiali
diversi, dalle paillettes al tessuto, dalla plastica al metallo, a piccoli
oggetti, sempre elementi normali del quotidiano, magari ritoccati nella tinta, sovente
enfatizzati e con il risultato della tridimensionalità. A queste donne dà un
nome, che le caratterizza e le definisce. Nel Gioco delle apparenze, questo anche il titolo dell’ultima
mostra purtroppo solo di tre giorni a
Milano alla Dream Factory, le protagoniste sono sedici. C’è Cleo, Cleopatra del
Terzo millennio, “antipatica”, dice Francesca ridendo, con guanti neri e un bracciale-serpente, aspide of course. Ecco
Margot con la sua collana metallica che “vuol fare la misteriosa” sotto un
cappello nero. Pauline dagli occhi blu, trasformata in una ragazza del nord con
colbacco in 3D. Odette è maghrebina con il suo turbante in tessuto etnico.
Amanda è una buttafuoco da Cirque du soleil. E poi c’è Magda la diva anni ‘50
con occhiali neri applicati e Zoe la
ragazza africana con i dreads in
gesso di alabastro. Linda è l’atleta di nuoto sincronizzato, la Esther Williams
del Duemila, con cuffia di paillettes, salvagente rosso acceso e grosso,
improbabile bracciale. E qui i colori, che giocano un ruolo importante,
mostrano più che mai la forte influenza della Pop Art sull’artista. E infine,
quasi a sintesi e spiegazione di tutta la mostra, c’è Anna la donna dai due
volti, non necessariamente Dr.Jekyll e Mr. Hyde, ma come forse tutti noi
con un io tormentato e delle contraddizioni. E il nome palindromo lo
anticipa. E proprio questo ritratto è stato scelto da Marco Bilico, che
parte da opere d’arte per creare video a tema, per il suo progetto Dialoghi di una tela. E in questo caso
il video, che era visibile durante la mostra, è sul tema della violenza alle
donne.
Nessun commento:
Posta un commento