La sostenibilità si riconferma tendenza portante di questa fashion week milanese. A cominciare dalle vigne e gli orti di Leonardo allestiti in piazza Scala, che anticipano la terza edizione del Green Carpet Fashion Awards in calendario domenica. Ad aprire la kermesse ieri, oltre l’inaugurazione dello Hub di Camera Nazionale della Moda Italiana al Museo della Scienza e della Tecnica, la sfilata-performance di Gilberto Calzolari(foto al centro), uno degli stilisti o forse lo stilista al momento più attento alla problematica. Con un approccio reale, non di facciata. Dune, è il titolo della collezione, come il film di David Lynch, ma il riferimento non è al deserto di sabbia, ma alla desertificazione. In coraggiosa contro-tendenza, dopo una technicolorata collezioneinvernale giocata sull’utilizzo delle reti pescate in mare, propone una serie di capi con tinte spente e una prevalenza di nero. Le modelle sfilano in una postatomica discarica dove enormi pneumatici sostituiscono alberi e natura. Su di loro abiti realizzati con gli air bag della Volvo, tuniche in poliestere riciclabile stretti in vita dalle cinture di sicurezza di auto smantellate, capi in sughero ecologico spruzzati di Swarovski recuperati, stampe di palmizi ma sbiadite, come prese da una vecchia foto. Unico flash di colore un abito rosso, un faro di speranza. Il verde di un agrumeto, ricostruito nella sala Fontana del Museo del Novecento, è la cornice del tableau vivant di Gentry Portofino che mette insieme il minimalismo nordico al calore mediterraneo, con gonne e abiti in seta a crochet effetto rete da pesca, trench di lino, accessoriati con bijoux che riprendono il tema della perla e dell’ostrica. Tutto di straordinaria leggerezza(foto in basso). Mila Schön propone una rivisitazione dei capi d’archivio, senza nessuna operazione nostalgia, ma con lo stile e il senso dell’eleganza di una nuova funzionalità (nella foto in alto il box di ritagli d’archivio dell’allestimento). Calcaterra sfila sotto il porticato dello scenografico Palazzo Turati. L’ampiezza delle linee che creano forme nuove è il punto forte della collezione, giocata su tre tinte, bianco, nero e rosso. Stampe per lo più floreali in colori saturi per tessuti drappeggiati sul corpo da Peter Pilotto, il brand londinese nato nel 2007 e creato da Pilotto e Christopher De Vos, al suo debutto a Milano. Arthur Arbesser dedica la collezione alla nonna materna, nata e vissuta in una regione, ora Romania, con una storia travagliata da guerre di confini e lotte interne. Come sempre il designer riesce a mettere insieme un rigore geometrico con colori vivaci ed elementi evocativi. Come i volant a sorpresa, piuttosto che una collaretta alla marinara sul trench. Niente è scontato o prevedibile, ma sempre lontano dagli effetti facili.
Nessun commento:
Posta un commento