Per curare una mostra non ci vuole solo competenza,
ma soprattutto creatività, specie se il tema non è istituzionalizzato. Come a Parma per le celebrazioni del bicentenario
dell’arrivo di Maria Luigia d’Asburgo, già imperatrice di Francia. Delle sedici
mostre in luoghi diversi qualcuna sta finendo, alcune proseguono, altre non sono ancora iniziate,
molte si concluderanno nel 2017.
Parlano della passione della Duchessa per i
libri, dell’interesse per l’educazione, del suo contributo all’arte, delle sue tavole,
della visione politica, del suo amore
per le terme. Domani ne iniziano due, unite dallo stesso titolo Ferré e Comte. Dettagli. Grandi interpreti
tra moda e arte. Sono nel seicentesco palazzo del Governatore, restaurato
di recente, e resteranno fino a metà gennaio.
Uno sguardo al vestire di Maria Luigia e del suo periodo non poteva
mancare dato che con lei e Joséphine
Beauharnais è nato lo stile impero più volte ripreso nel tempo da couturier e stilisti. Ma non è
un’esposizione di capi pedissequa rivisitazione, ci sono spunti, assonanze ,come dice il titolo. Da cui
emerge il talento di Ferré, la capacità di osservazione e rielaborazione di
concetti in chiave contemporanea. E l’allestimento lo evidenzia: sale spoglie
con qualche elemento caratterizzante. Una cornice da cui vedere incolonnati tre
cappotti in tessuto damascato. Una vecchia cassettiera con gli attrezzi di
sartoria e poi su manichini una camicia
con le maniche arricciate, come pare le portasse Maria Luigia. Una giacca dal
collo rialzato sul dietro, solo la gonna
con crinolina di un abito (foto in basso). Al piano di
sopra Michel Comte in Neoclassic, guarda a quella corrente di
pensiero e stile, ne vede i lati
retorici e negativi, l’espressione pericolosa del potere, la svolta alla
dittatura. Si alternano installazioni, fotografie, riproduzioni. Il terzo Reich con le rovine, due volti di
persone morte nelle fosse ardeatine, statue distrutte, gli ori e le croci
del Vaticano, i quadri con l’incoronazione
di Napoleone. Tutto è in sale piuttosto buie, tranne l’ultima, piena di luce
che entra dalle finestre affacciate
sull’abside del Duomo. Qui le immagini sono a terra, tra cui la riproduzione
inscurita dell’incoronazione, una
visione di nevi eterne che allude alla
campagna di Napoleone in Russia,
principio della sua caduta(foto in alto).
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