domenica 4 settembre 2016

CINEFORUM VENEZIANO



Quando si sente parlare di un luogo o se ne vedono le foto, lo si immagina diverso da come poi ci apparirà. Spesso si è delusi, solo qualche volta la realtà supera le aspettative. La mostra del cinema di Venezia, ora alla sua 73 esima edizione, invece, è proprio così come uno se la immagina, come ci viene anticipata dalle descrizioni e dalle cronache. Via vai continuo, che si infittisce in tarda mattinata, per diradarsi dopo le dieci di sera, quando le auto nere con le celebrities abbandonano le loro postazioni, per imbarcarsi per Venezia dove raggiungeranno i palazzi delle feste. Il luogo deputato quest’anno è la palazzina G, progettata dall’onnipresente       Philippe Starck. L’assembramento di folla maggiore è davanti al Palazzo del Cinema, con l’enorme tappeto rosso, che finisce con  un grande schermo. La gente aspetta lì da ore le star, molti lasciano gli ombrelli per il sole come segnaposto. Altri vipwatchers preferiscono cogliere le star da un rialzo sulla strada che domina l’imbarcadero dell’Excelsior. I fotografi scattano a tutto spiano. Molte le aspiranti starlette o le totalmente sconosciute in improbabili mise da sera alle 10 di mattina o con stivali di pelliccia per accessoriare miniabiti striminziti che non coprono niente. Nelle zone di relax la gente fa progetti, discorsi si intrecciano e non sempre il cinema è protagonista. Tra i luoghi più frequentati i giardini vicino al nuovo cubo rosso della Sala Giardino. Quasi inaugurato da Franca: chaos and creation, il film di Francesco Carrozzini sulla sua mamma, direttore di Vogue Italia.Ben strutturato, quasi appassionante e con un ritratto fedele per chi conosce Sozzani. Le file per entrare alle proiezioni sembrano interminabili ma in pochi minuti si sciolgono, quasi per incanto. I buttafuori sono severi e incorruttibili. Alle presentazioni importanti e più mondane anche se hai un nome di prestigio senza invito non entri. E’ successo. Passando vicino ai palazzi più importanti della mostra, dove tutto accade, si sentono gli applausi delle conferenze stampa. Ogni tanto la musica della bella sigla del festival, che il direttore della Mostra non ha voluto rinnovare per giusti motivi economici. O qualche pezzoforte come il Bolero di Ravel, assolutamente imprevedibile in una delle scene madri di Miljeong (The age of shadows)il film fuori concorso intenso anche se un po’ lungo del coreano Kim Jer Woon.


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