Il razzismo sul palcoscenico del Teatro della Cooperativa di Milano. Un argomento di cui non si parla mai abbastanza, questa volta tratta un certo tipo di razzismo, come anticipa il titolo Arpad Weisz. Se il razzismo entra in campo. Per campo s'intende quello più conosciuto, il campo da football. Gianfelice Facchetti (sì, il figlio del mitico Giacinto) autore e interprete del monologo, inizia chiedendo al pubblico gli insulti più comuni, in ordine alfabetico.
Quindi prosegue su come questi facciano parte del linguaggio d’odio con cui i tifosi "dialogano" tra loro. Molti sono di tipo razzista, contro rom, omosessuali, neri, ebrei. A questo proposito ricorda episodi di cronaca, come quello degli ultrà della Lazio che qualche anno fa per il derby tappezzarono lo stadio delle foto di Anna Frank con la maglia della Roma. Un fenomeno non solo italiano. Qualcosa di simile è accaduto in Spagna nella partita tra Real Madrid e Atletico. O addirittura nel derby di Tel Aviv, dove i tifosi dell’Hapoel invocarono la Shoah per quelli del Maccabi. Da qui Facchetti parte con il ricordo di Arpad Weisz, ebreo ungherese, prima giocatore poi allenatore dell’ Inter (in periodo fascista chiamata Ambrosiana) a cui fece vincere lo scudetto, diventando il più giovane allenatore (34 anni) a ottenerlo, e del Bologna. Nel ’38, vittima delle leggi razziali, fu deportato con la moglie e i due bambini ad Auschwitz dove morì a 48 anni. E tutto questo con l’indifferenza di chi l’aveva osannato. Ed è proprio una storia come questa, sostiene Facchetti, che invita a “ragionare sulle contaminazioni tra potere e sport” e su come a partire da quel momento storico lo sport e il calcio soprattutto “si sia trasformato in uno strumento per nazionalizzare le masse”. Ma è anche un monito a non “abbassare la guardia” e a questo punto Facchetti fa riferimento a Primo Levi, ma anche al calciatore Bruno Neri che divenne partigiano e si rifiutò di fare il saluto romano all’inaugurazione dello stadio di Firenze. Al calciatore Carlo Castellani che si fece arrestare al posto del padre, fermato in uno sciopero nel 44, e morì a Mauthausen. A fare da cornice allo spettacolo, in scena fino al 26 gennaio, nel foyer del teatro la mostra su Arpad Weisz. Curata da Vincenza Maugeri, in collaborazione con il Museo Ebraico di Bologna ed Edizioni Minerva, propone le tavole di Matteo Matteucci tratte dalla graphic novel Arpad Weisz e il Littorale (ed.Minerva). Da vedere fino al 6 marzo.
Nessun commento:
Posta un commento