La parola "eretico" ha una connotazione negativa, o almeno è quello che libri e non solo ci hanno inculcato. Se poi si considera chi è stato giudicato eretico nella storia, il punto di vista cambia, anzi in certi casi si capovolge completamente. Ma di rado si fa una considerazione di questo genere. E’ un grande merito quindi quello di Tomaso Montanari, storico dell’arte, accademico, saggista nonché firma eccellente di Il Fatto Quotidiano (nella foto). Con il suo spettacolo Eretici al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano, purtroppo solo ieri sera, ha fatto riflettere sul tema, partendo dall’etimologia della parola eretico, dal greco "aireo" che significa scegliere.
L’eretico quindi è uno che sceglie un modo di vivere, un comportamento, un ruolo nel sociale, una sua morale, che non vuole seguire rigidi schemi imposti. Il che può essere molto negativo se supera certi limiti, mentre è assolutamente positivo se la sua è una scelta di libertà e di umanità. Spesso, anzi quasi sempre coraggiosa, perché diretta a sovvertire un sistema sbagliato, un abuso di potere, una errata accezione del termine democrazia. E per meglio illustrare la sua teoria, che più che una teoria è un’intelligente constatazione, Montanari cita personaggi che nella storia sono stati giudicati eretici. Ed ecco sullo schermo, dove dall’inizio dello spettacolo compare in una cornice dorata la parola "eretici", apparire foto di eretici. All’inizio in un video parla il capitano di una nave che ha salvato dei migranti contro le disposizioni ricevute. Poi passano le immagini di Virginia Woolf antesignana di una lotta per la parità dei sessi, Tina Anselmi ritenuta una "tina vagante" della politica, Tolstoj uno dei più grandi oppositori del regime e delle disuguaglianze sociali, Rosa Luxemburg propugnatrice del socialismo rivoluzionario, Caravaggio con la critica feroce alla Chiesa attraverso i dipinti. Per finire con Don Milani con la sua scuola contro tendenza. A confermare quanto detto da Montanari l’attrice Daniela Morozzi, accanto a lui, ha letto passi di libri che parlano di loro, i loro stessi scritti o le loro lettere. Ogni tanto, come sottofondo o come intermezzo, le note del sassofono di Stefano‘Cocco’Santini, grande jazzista. Ottima la regia di Matteo Marsan capace di rendere spettacolo un’illuminante lezione, che sarebbe stata forse più incisiva se sintetizzata in alcune parti.
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