venerdì 13 maggio 2016

BOCCONI D'ARTE




Pochi luoghi si prestano a ospitare così bene l’arte contemporanea come l’Università Bocconi di Milano. Spazi enormi, vetrate da cui entra molta luce, linearità e geometrie architettoniche, l’edificio progettato dallo studio irlandese Grafton Architects, per quanto criticato sotto molti aspetti, ha tutte le caratteristiche per valorizzare  
            le installazioni, soprattutto se di grandi dimensioni. Normale quindi che ci fosse molto pubblico ieri all’inaugurazione di Bag, Bocconi Art Gallery. Anche perché, oltre la possibilità di visite guidate, c’era una serie d’incontri sul tema della fotografia, sulla figura dell’artista, sulla gestione dei musei, con galleristi, artisti, direttori e conservatori di musei, presidenti di fondazioni. Oltre a  vari concerti degli studenti-musicisti coordinati dalla Bocconi Students Music Association: dalla lirica al rock e indie rock, passando per jazz e blues. Un centinaio le opere esposte di una cinquantina di artisti, provenienti da tutto il mondo. Da nomi molto noti a 
emergenti. In dotazione ai visitatori un
                                        catalogo con copertina bianca, da personalizzare con le firme degli artisti, molti dei quali presenti.  Tra le tematiche più affrontate il sociale, l’ambiente e la natura, le ironie e i controsensi della società. Nel salone d’ingresso colpisce Ostrich Player di Nicola Bolla, uno struzzo in vetroresina interamente ricoperto da carte da ramino che infila la testa in un sacco di spazzatura(a destra). Al piano di sotto d’impatto le enormi lettere del russo Andrei Molodkin che formano le parole Yes e Fallen Capitalism. O misteriosa e intrigante la Jordan’s Red Water di Giorgio Bevignani,  in terracotta, fluoro e nylon (a sinistra).  Sembra un   site specific , ma è del 1992 Idaho Quartz Circle dell’inglese Richard Long, guru della land art, nel mezzanino,  con 54 lastre di quarzo che formano una cerchio su un tappeto-finta erba. Oltre che nell’edificio di Via Roenteng la mostra prosegue in Via Sarfatti,  dove c’è la famosa Cancellazione del Debito pubblico di Emilio Isgrò con i quotidiani dalle parole annerite. Continua in via Bocconi con Le ginnaste e Le ballerine in legno policromo di Giorgio Rastelli (in alto). In Via Balilla, con il dittico olio su tela della brasiliana Debora Hirsch e nell’edificio chiamato Velodromo di Piazza Sraffa con La città ideale di Roberto Floreani (seconda foto dall'alto) e all’esterno con Il Cerchio imperfetto in acciaio corten di Mauro Staccioli.

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