C’è un elefante seduto ai margini della strada che
protende la sua proboscide verso il guard rail.
Un grasso ed enorme gigante fa il
morto galleggiando a un centinaio di
metri dalla costa. Su una spiaggia un cane nero gioca con un ramo. Siamo in
Sardegna tra Castelsardo e Alghero. L’elefante e il gigante sono delle rocce e
solo il cane nero è reale. Mentre il suo
padrone fa il bagno, s’intrattiene con un pezzo di legno. E’ un abusivo, perché
nella lunga passeggiata nella macchia mediterranea di Punta Giglio, gli animali
non sono ammessi. E non perché la vegetazione finisce al mare e i cani non sono tollerati sulle
spiagge, ma perché la loro presenza può disturbare e alterare l’equilibrio
nella fauna. Di carnivoro c’è solo la volpe.
Non si lascia vedere, ma fa notare i suoi passaggi, segnando il
territorio, preferibilmente nei sentieri e nei tagliafuoco. Piccole cose in
confronto alle devastazioni che lasciano i cinghiali. Agiscono solo di notte,
quando sono sicuri di non trovare il nemico
uomo. Da loro gli alberi più fragili non riescono a
difendersi. Dagli animali più piccoli ed erbivori la natura, invece, li
protegge rendendo le foglie in basso
pungenti con bordi frastagliati. Man mano che salgono diventano lisce. Sono una
delle tante curiosità che si scoprono camminando con una guida ambientale
esperta come Elisabetta. Il silenzio è interrotto solo da sommessi canti di
uccelli, che qui sono in gran numero e di varie specie e dimensioni. Fino ai rapaci e al grifone, quasi sparito,
ma riportato in loco con abili stratagemma. Anche le spiagge che s’incontrano
ogni tanto hanno molto da raccontare, come la presenza della posidonia, pianta acquatica
che pare riesca a diminuire la forza del mare nelle mareggiate e con le sue strane foglie, che sembrano bruciate, protegga la sabbia dall’erosione. Il gigante è qui di fronte. Si chiama Capo
Caccia, è un promontorio di roccia calcarea, chiamato così perché luogo ideale
nell’800 per la caccia al piccione dalla barca. Nella parte bassa ci sono
diverse grotte, dove un tempo viveva la foca monaca. A conferma di quanto il
luogo sia incredibile, basta dire che su una strada per Capo Caccia è stata
girata una delle più spettacolari scene di 007 La Spia che mi amava. La roccia dell’elefante invece è nel comune
di Castelsardo, ma non è solo un masso singolare per la forma, che ricorda
l’animale seduto, e per il color ruggine, quanto perché al suo interno ha due domus de janas prenuragiche.
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