lunedì 15 settembre 2014

"FOUND" IN TRANSLATION


 1983 Ennio Capasa e il Golden Temple di Kyoto
Può sembrare un po’ pretenzioso un libro autobiografico scritto da uno stilista.  Anche se non è il primo del genere. Ci si chiede come può interessare  ai non addetti  al lavoro. Ma già nel prologo di “Un mondo nuovo” di Ennio Capasa (Bompiani) si ha l’impressione che  forse potrebbe valere la pena leggerlo.  Anche se, si sa, le introduzioni, che siano  scritte dall’autore o da qualcun altro, sono sempre un po’ ruffiane e viscidamente invitanti. Ma bastano poche righe del primo capitolo per capire che il libro va letto come un romanzo. E i presupposti ci sono tutti.  Frasi brevi spezzate, qualcuna per definire, inquadrare e circostanziare luoghi e persone,  altre per rimandare a piccole   emozioni, stupori,sensazioni.  Anche non condivisibili.  Qualcuna  molto fresca, altre apparentemente forzate e letterarie, ma  proseguendo nella lettura si capisce che non lo sono.  “Un mondo nuovo” racconta i due anni e mezzo  di Capasa ventenne, passati a Tokyo negli anni Ottanta, presso l’atélier di uno dei geni rivoluzionari della moda  Yohji Yamamoto. C’è il lavoro, certo,   con tutte le differenze con il mondo occidentale. Ci sono le scoperte sul cibo, il sesso e l’innamoramento di una sera, le passioni che lasciano il segno e le amicizie,  i viaggi e le notti folli. Si ride di un protagonista ogni tanto un po’ goffo, si sorride e ci si intenerisce di un ragazzo pieno di entusiasmi, si invidia quella  sua meravigliosa avventura  di formazione e l’incontro con personaggi speciali. Come  Fumi la protettiva, adorabile  mamma di Yohji,  per cui Capasa ha voluto scrivere il libro,  con una affettuosa “maieutica” dei ricordi. Si cerca di capire cosa significano per un ventenne gli  anni Ottanta a Tokyo e si confrontano con  gli anni Novanta   di Banana Yoshimoto o del cult “Stupore e tremori”  di Amélie Nothomb. 


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