1983 Ennio Capasa e il Golden Temple di Kyoto |
Può sembrare un po’ pretenzioso un libro autobiografico
scritto da uno stilista. Anche se non è
il primo del genere. Ci si chiede come può interessare ai non addetti al lavoro. Ma già nel prologo di “Un mondo
nuovo” di Ennio Capasa (Bompiani) si ha l’impressione che forse potrebbe valere la pena leggerlo. Anche se, si sa, le introduzioni, che
siano scritte dall’autore o da
qualcun altro, sono sempre un po’ ruffiane e viscidamente invitanti. Ma bastano
poche righe del primo capitolo per capire che il libro va letto come un
romanzo. E i presupposti ci sono tutti.
Frasi brevi spezzate, qualcuna per definire, inquadrare e circostanziare
luoghi e persone, altre per rimandare a
piccole emozioni, stupori,sensazioni. Anche non condivisibili. Qualcuna molto
fresca, altre apparentemente forzate e letterarie, ma proseguendo nella lettura si capisce che non
lo sono. “Un mondo nuovo” racconta i due
anni e mezzo di Capasa ventenne, passati
a Tokyo negli anni Ottanta, presso l’atélier di uno dei geni rivoluzionari
della moda Yohji Yamamoto. C’è il lavoro,
certo, con tutte le differenze con il mondo occidentale.
Ci sono le scoperte sul cibo, il sesso e l’innamoramento di una sera, le
passioni che lasciano il segno e le amicizie, i viaggi e le notti folli. Si ride di un
protagonista ogni tanto un po’ goffo, si sorride e ci si intenerisce di un
ragazzo pieno di entusiasmi, si invidia quella
sua meravigliosa avventura di
formazione e l’incontro con personaggi speciali. Come Fumi la protettiva, adorabile mamma di Yohji, per cui Capasa ha voluto scrivere il libro, con una affettuosa “maieutica” dei ricordi.
Si cerca di capire cosa significano per un ventenne gli anni Ottanta a Tokyo e si confrontano con gli anni Novanta di
Banana Yoshimoto o del cult “Stupore e tremori”
di Amélie Nothomb.
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