Per dirla con approccio alla Catalano(solo chi ha
vissuto “Quelli della notte” può capire) è meglio una sfilata con bellissimi capi, modelle
stupende e styling eccezionale o una sfilata
con capi bruttini, modelle discutibili e styling raffazzonato? Perché, per continuare nel paradosso, non è
solo l’abito che fa il monaco.
Se gli abiti sono così così, è vero che una
passerella con modelle che si muovono in modo armonico e uno styling azzeccato e innovativo, può valorizzarli . Ma è
anche vero che capi in tessuti
particolarissimi, magari inediti, elaborati e raffinati, sono difficili da individuare
sulla passerella, mentre una presentazione, in cui si possa se non toccare
almeno guardare da vicino il prodotto,
rende merito alla qualità.
D’altra parte un abito o un capo in genere
non si apprezza solo per il tessuto. Si deve vederne il taglio
e soprattutto la vestibilità, che su un manichino immobile non
si riesce a cogliere. Se si aggiunge che una sfilata si basa su luci, regia,
coreografia, musica, alle volte scenografia, il limite con lo spettacolo è
minimo. E se poi la si correda di un parterre di vip o
semivip sicuramente dà adito a commenti molto di più di una presentazione
statica. Allora qual è il modo più giusto
per valorizzare una collezione di moda?
Sono pensieri e riflessioni che in genere capitano quando si assiste a
una sfilata in cui la forma (cioè
scenografia-coreografia, modelle e styling) non è buona e i capi mediocri,
tendenti al brutto. E in questo contesto anche il raro abito di buon taglio si
perde come una goccia d’acqua nelle cascate del Niagara. O per continuare nel
festival delle banalità, restando in tema sartoriale,
come un ago in un pagliaio.
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