Già i nomi dei primi quattro laboratori incuriosiscono e fanno sorridere: Mandato di cottura, Diario dei sapori, Assapori(amo) la libertà, Mani in pasta. Se poi si viene a sapere che fanno capo a un’iniziativa che vede coinvolti i detenuti, non si può certo rimanere indifferenti. Il progetto ha la sua espressione in un mensile di cucina chiamato, sempre sul filo dell’ironia, Cucinare al fresco, dove le ricette sono create e spiegate dai carcerati. E’ una testata giornalistica registrata, con una grafica curata da Alessandro Tommasi e Giuseppe Bevilacqua che, come l’ideatrice del progetto Arianna Augustoni (nella foto), lavorano a titolo di volontariato. Tutto è nato due anni fa nel carcere del Bassone di Como, quindi si è estesa al carcere di Bollate, sezione femminile, poi a quello di Varese e infine a Opera (Milano). Dai primi di febbraio con il benestare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il coordinamento del Prap della Lombardia, la cucina sta entrando dietro le sbarre di tutti i penitenziari italiani. L’idea è venuta parlando con i detenuti, desiderosi di impegnarsi a fare qualcosa di buono. Nessuno di loro aveva esperienza specifica, ma la cucina con i suoi sapori e i suoi profumi è riuscita ad appassionare, a creare aggregazione e interesse. Non solo si sono dati da fare per inventare piatti nuovi, ma si sono cimentati nella ricerca, non sempre facile, degli ingredienti. L’esperienza è servita a raccontare le loro emozioni, le loro speranze per un futuro e assaporare (sempre per restare in tema), anche se mediata, un’idea di libertà. Dato che i loro piatti, studiati e preparati dietro le sbarre, possono essere realizzati fuori e finire sulle tavole delle case. Quanto al tipo di ricette si va da quelle più semplici per i principianti fino alle più elaborate per chi già si muove bene dietro ai fornelli. “Libertà è partecipazione” cantava Giorgio Gaber e anche se non alludeva a questo, un riferimento c’è.
lunedì 2 marzo 2020
LIBERTA' E' PARTECIPAZIONE
Già i nomi dei primi quattro laboratori incuriosiscono e fanno sorridere: Mandato di cottura, Diario dei sapori, Assapori(amo) la libertà, Mani in pasta. Se poi si viene a sapere che fanno capo a un’iniziativa che vede coinvolti i detenuti, non si può certo rimanere indifferenti. Il progetto ha la sua espressione in un mensile di cucina chiamato, sempre sul filo dell’ironia, Cucinare al fresco, dove le ricette sono create e spiegate dai carcerati. E’ una testata giornalistica registrata, con una grafica curata da Alessandro Tommasi e Giuseppe Bevilacqua che, come l’ideatrice del progetto Arianna Augustoni (nella foto), lavorano a titolo di volontariato. Tutto è nato due anni fa nel carcere del Bassone di Como, quindi si è estesa al carcere di Bollate, sezione femminile, poi a quello di Varese e infine a Opera (Milano). Dai primi di febbraio con il benestare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il coordinamento del Prap della Lombardia, la cucina sta entrando dietro le sbarre di tutti i penitenziari italiani. L’idea è venuta parlando con i detenuti, desiderosi di impegnarsi a fare qualcosa di buono. Nessuno di loro aveva esperienza specifica, ma la cucina con i suoi sapori e i suoi profumi è riuscita ad appassionare, a creare aggregazione e interesse. Non solo si sono dati da fare per inventare piatti nuovi, ma si sono cimentati nella ricerca, non sempre facile, degli ingredienti. L’esperienza è servita a raccontare le loro emozioni, le loro speranze per un futuro e assaporare (sempre per restare in tema), anche se mediata, un’idea di libertà. Dato che i loro piatti, studiati e preparati dietro le sbarre, possono essere realizzati fuori e finire sulle tavole delle case. Quanto al tipo di ricette si va da quelle più semplici per i principianti fino alle più elaborate per chi già si muove bene dietro ai fornelli. “Libertà è partecipazione” cantava Giorgio Gaber e anche se non alludeva a questo, un riferimento c’è.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento