La conoscono in pochi a Milano, anche se ha avuto
un’inaugurazione ufficiale con sindaco, autorità e concerto a seguire. Ed è un
peccato, perché Piazza Adriano Olivetti vale proprio la pena di essere vista.
Normalmente le nuove piazze sono il prolungamento
di un palazzo firmato da un archistar
o uno spazio compreso fra edifici di
interessante architettura. Piazza Adriano Olivetti, invece, ha una sua identità
che non toglie niente alle costruzioni intorno, le valorizza, senza far loro da
spalla. Insomma è un piacevole insieme, non nato per caso, ma che rivela
un’intelligente progettazione dietro. E fa ancora più piacere che questa piazza
sia stata intitolata a un grande imprenditore, un industriale che, non solo è
stato uno dei primi a privilegiare la cultura e a dare spazio ad architetti e
designer per le sue fabbriche, i negozi e anche i prodotti. Ma negli anni bui dei padroni delle ferriere si è occupato del benessere fisico e
intellettuale dei dipendenti, operai, impiegati e dirigenti. Un esempio d’illuminismo
imprenditoriale, forse più riconosciuto all’estero, che in questi momenti di prevalenza del becero è difficile
pensare sia esistito. Ritornando alla piazza, si trova in quella ex area
industriale intorno alla Via Ripamonti, ora in totale trasformazione. Da un lato
c’è un enorme palazzo, la cui presenza è alleggerita dalla sagoma a triangolo e dall’effetto riflettente dei vetri in facciata. Di fronte c’è il retro
della Fondazione Prada, una ex distilleria di cui il genio creativo di Rem
Koolhaas è riuscito nella ristrutturazione a conservare l’aspetto di
archeologia industriale. Interrotto dalla nuova avveniristica torre e dalla
palazzina dorata, che con l’aiuto del sole dialoga e gioca con i riflessi del
palazzo di fronte. Un terzo lato è uno skyline di fabbriche basse, mentre il
quarto continua con un giardino che affianca un nuovo palazzo a gradinate.
Quarantacinque alberelli autoctoni della zona nord del Po, che come si vede nel rendering presto saranno più folti,
sono disseminati dappertutto, come le panchine in legno e le fontane. Dal lato della Fondazione Prada c’è un
sentiero a zig zag in un prato con erbe e piante selvatiche, volutamente
lasciato incolto. A fiancheggiare, invece, il palazzo di vetro e a raddoppiare
l’effetto specchio due immense vasche di cui una giallastra, per le erbe
intorno. Una scelta quella della vegetazione spontanea e dell’acqua non assolutamente casuale, ma per
raccontare la presenza di fontanili, una
volta, in quella zona di Milano.
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