Per quanto si ami gli impressionisti e se ne
riconosca il ruolo nella storia della pittura, può capitare di pensare “Ancora
una mostra sugli impressionisti!”. Impressionismo
e avanguardie a Palazzo Reale di Milano, da domani al 2 settembre, non
provoca questa reazione. E non solo perché prevede anche le avanguardie, come dice il titolo. Ma perché, come dice il
sottotitolo, Capolavori dal Philadelphia
Museum of art, non presenta solo opere, ma racconta del collezionismo e in
particolare dei collezionisti americani, importantissimi per gli
Impressionisti, essendo stati tra i primi a capirne il valore. Si scopre il
loro legame con gli artisti e come la
loro azione possa davvero aver cambiato il destino di un museo. E la disposizione delle opere, nelle diverse sale
al primo piano di Palazzo Reale, vuole fare emergere questi concetti. Curata da
Jennifer Thompson e Matthew Affron del
museo americano e da Stefano Zuffi, la mostra propone
cinquanta opere. Dai paesaggi di Monet, Cezanne, Sisley alla Parigi di
Renoir e Utrillo, dai ritratti di ignoti
o di personaggi di Van Gogh, Renoir, Matisse, alle nature morte di Gauguin, ma
anche di Braque. Dalle immancabili ballerine di Degas agli sposi di Chagall (in alto),
fino aSimbolo agnostico di Dalì, ai
cerchi di Kandinsky, all’onirica Sera di
Carnevale di Rousseau (in basso) e a Donne e bambine dell’ottantenne Picasso (1961). Alle sculture
come Il giullare ma di un Picasso giovane (1905) all’Atleta di Rodin della collezione di
Samuel Stockton White, che fu lui stesso un culturista e in un suo soggiorno a
Parigi fece da modello allo scultore francese. Allo struggente Bacio
di Brancusi (al centro). Ci sono anche le opere di tre grandi artiste Mary Cassatt,
Marie Laurencin e Berthe Morisot. E proprio
Donna con collane di perle in un palchetto di Mary Cassatt, è
esposta nella prima sala, in omaggio alle donne per l’8 marzo. Impressionismo e avanguardie, come ha
detto Massimo Vita Zelman, presidente
Mondo Mostre Skira, che ha edito anche il catalogo, “Più che una mostra è un museo in trasferta”. E nell’allestimento di Corrado
Anselmi con le luci di Barbara Balestreri, si è puntato su questo. In alcune
sale per dare l’idea dell’accoglienza e dell’aspetto confortevole dei musei
americani c’è il pavimento in parquet, come in una casa, in altre la moquette.
Alcune opere sono accostate a seconda del collezionista da cui provengono e di
cui ci sono enormi foto in bianco e nero. Altre sono messe quasi a confronto per evidenziare le relazioni tra gli artisti.
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