Indicativi sono i due video . Uno, realizzato dall’ artista con un drone, mostra dall’alto la zona delle miniere di Sulcis Inglesiente nel sud ovest della Sardegna, abbandonate completamente negli anni 70. L’altro, di proporzioni inferiori ed evidentemente risalente a quasi un secolo prima, ritrae il lavoro in quelle miniere con un tipo di immagine che fa pensare alla fantascienza datata di Metropolis .
Le riprese, fatte negli anni 50, sono di Nando Pizzetti figlio di Ernesto Pizzetti, bisnonno di Mitra Azar, il cui lavoro è stato il punto di partenza del progetto-installazione. Pizzetti, in un viaggio da Firenze alla Sardegna con i Fratelli Alinari per documentare l’industrializzazione dell’isola, viene colpito dal luogo e decide di restarci e aprire qui la sua attività di fotografo. Oltre a dedicarsi a ritratti, ambienti, cerimonie, diventa il fotografo ufficiale delle miniere. Nel negozio, come spesso accade, alla fotografia affianca l’ottica. Ed ecco in una vetrinetta occhiali, strumenti per la misurazione della vista, lenti, oltre a pellicole Agfa Gevaert, una cinepresa Paillard, rullini e foto. Di cui alcune della famiglia, compreso il figlio di Ernesto, nonché nonno di Mitra, che ha continuato l’attività del padre. Purtroppo molto di quell’archivio è stato distrutto ma ne è rimasto a sufficienza per raccontare la trasformazione della pietra, proprio quella raccolta nelle miniere. Da cui si estraeva il silicio e l’argento fondamentale per la costruzione di protesi oculo-centriche ,come gli occhiali e le macchine fotografiche sia analogiche che digitali. Un’altra miniera con pozzi profondi 400 metri, l’unica rimasta attiva, è diventata un luogo di ricerche per i fisici nucleari. Perché vi si produce un particolare isotopo, appunto l’Argan39 che dà il titolo alla mostra, “adatto a investigare la materia nera dell’universo”.
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