Sì,le stagioni esistono ancora. Almeno l’inverno e
non solo per le temperature di questi giorni, ma per quello che si è visto
sulle passerelle milanesi. Da Marni, disegnata per la prima volta da Francesco
Risso, compaiono colbacchi in pelliccia anche bicolori. Per accessoriare
cappottoni doppiopetto con controspalline o
giacconi e paltò a quadri di pelliccia o in pelliccia arruffata(in alto a destra). I pantaloni sono larghi con
pinces, spesso trapuntati. Da Diesel Black Gold il direttore creativo Andreas
Melbostad guarda alle uniformi dei ninja giapponesi e le rielabora in chiave
urbana per tagli e proporzioni(in alto a sinistra). Anche qui le giacche, piuttosto corte in pelle
anche trapuntata o in materiali caldi hanno spesso il cappuccio, e colli e
interni di pelliccia. I pantaloni sono sopra alla caviglia, comodi sui fianchi
e più stretti al fondo. Per le ragazze gonnelline di pelle a pieghe. Pelliccia
anche da Emporio Armani, per giacconi e per il doppio zaino con tasca sia
davanti che dietro(in basso a destra): uno di quei dettagli sufficienti per rinnovare una
collezione maschile. “Non si deve stravolgere tutto ogni stagione per l’uomo”
sostiene Giorgio Armani. Un ragazzo con pesante mantella tinta cammello dalle
applicazioni di cani in tessuto a quadri, e cappello da Napoleone. Un altro con
una giacca militare dalle maniche stampa maculato. Uno con collo di astrakan su giacca con frange da pellerossa(foto a destra, al centro). Ancora
pelliccia per profilare il giaccone coordinato ai pantaloni con stampa tappezzeria
di campagna inglese. Un lungo paltò nero con inaspettati ricami sul fondo. Sono
solo alcuni dei capi patchwork di stili e dettagli della presentazione di
Antonio Marras tenutasi alla Triennale, nella galleria che ospita la sua
mostra. Una serie di tableaux vivants
che sembrano usciti da un delirio visionario, da ricordi mescolati, da sogni
senza fine. L’ispirazione è una mostra, vista nel 2007, del regista armeno
Sergej Paradzanov. Un percorso con
spunti ora ironici ora inquietanti, come
le ragazze vestite di seta, imbandite alla giapponese su un tavolo di vetro,
tra coppe di fiori e dentiere. O ancora la foresta di lunghissime bambole di
pezza tra cui si aggirano modelli in
giubbotto. Meta finale una ragazza con i ferri da lana in cima a una piramide di
maglia che altro non è che la gonna a cui sta lavorando. Di grande impatto, difficile
da descrivere. Il piacere del mischiare è anche la chiave di lettura della
collezione di Christian Pellizzari che parte dal rigore del capo sartoriale e
dell’uniforme militare e lo reinterpreta con broccati, satin a stampe di paesaggi hawaiani, ma anche principe di
Galles di cotone o tessuti a quadri.
Pioggia di paillettes e animalier per gli abiti delle molte ragazze in
passerella.
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