Il Cristo morto di Andrea Mantegna, capolavoro
della Pinacoteca di Brera, a Milano, ha una nuova scenografica
collocazione, così come la Pietà di
Giovanni Bellini. Ed è Ermanno Olmi che ha studiato l’allestimento. L’ha voluto
fortemente la curatrice della Pinacoteca, Sandrina Bandera per la capacità del regista di mettere in evidenza
il dramma nei suoi personaggi. Ed è quello che
ha fatto nell’opera del Mantegna. Il dipinto ora è sul fondo di una saletta, preceduto,
per creare sorpresa, da quello del Bellini. E’ in una teca più trasparente della precedente con sistemi di controllo microclimatico a
distanza. E’ leggermente più in basso rispetto agli occhi del visitatore. Davanti c’è un dissuasore che indirizza il flusso dei visitatori in modo da
permettere la visione frontale, importante per cogliere la straordinaria
prospettiva del dipinto. Oltre ad
architetti e tecnici, ha lavorato con lui l’ufficio allestimenti del Piccolo Teatro
di Milano. “Ho provato intense suggestioni di fronte a questo quadro” ha
detto Olmi “e sono proprie queste
suggestioni che mi hanno fatto agire. E’
meglio guardare un’opera d’arte senza pregiudiziali. Bisogna essere sorpresi,
come per innamorarsi”.
In contemporanea al nuovo allestimento è uscito il
libro “Andrea Mantegna. Cristo Morto” edito da Skira, a cura di Sandrina
Bandera. Con un’introduzione di Ermanno Olmi, raccoglie riflessioni e
interessanti scritti di teologi, collezionisti, filosofi. Si viene a sapere che Mantegna dipinse il Cristo non per esporlo,
ma perché fosse messo nel medesimo sepolcro suo e dei suoi figli. O anche che
il volto di Cristo è un autoritratto e che delle tre figure che si vedono sulla sinistra quella sfumata è,
probabilmente, il figlio più amato, morto in giovane età.
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