Il nome non è attraente. Nessuno penserebbe a una canzone dal titolo Torna a Busalla. A nessuno verrebbe in mente di cantare Busalla è finita e dire che era il luogo del mio primo amore o ancora Ho trovato l’amore a Busalla. Perfino Frank Sinatra, nonostante la mamma ligure non avrebbe mai intonato Busalla, Busalla. Se in quest’ultimo caso l’impossibile confronto con la metropoli americana può essere una spiegazione valida, negli altri casi è il nome l’handicap. Il paese dell’Appennino ligure, infatti, ha scorci e angoli perfetti luoghi ispiratori d’amore e anche meno scontati, proprio perché senza il mare, di Sorrento, Capri o Portofino. Dai più conosciuta come uscita dell’autostrada che da Milano porta in Liguria, Busalla ha parecchio da offrire. Certo non è così immediato, non ci sono segnalazioni particolari, va scoperto a poco a poco. Ma specie nei dintorni si trova di che essere soddisfatti. Non è un caso che quel tratto di Appennino sia stato scelto ai primi del Novecento come villeggiatura dalla ricca borghesia genovese. Le tracce restano, alcune visibili anche da lontano passando sull’autostrada. Sono una torretta incuriosente, un’enorme terrazza che sovrasta un’arcata, un castellozzo con tratti Liberty. Il tutto immerso nel verde. Una buona concentrazione di questi spunti è a Borgo Fornari, una frazione di 1535 anime del comune di Ronco Scrivia, a metà strada fra questo paese e Busalla. Con una storia che incomincia nel V secolo d.C. raccontata in parte dai resti di un castello medioevale. Ma quello che affascina sono le ville, enormi, spesso in posizione dominante, alcune fatiscenti, altre ristrutturate e trasformate in condominio, altre nascoste in un parco fittissimo di alberi. Improvvisamente, camminando per una stretta strada ci si imbatte in un grande cancello. I due pilastri laterali hanno le stesse decorazioni di un palazzo collocato più in alto. Ora sono collegati a una recinzione bassa e anonima che chiude un cortile su cui si affacciano vari appartamenti. Ci sono case con terrazzini fioriti, altre hanno muri con finestre trompe-l’oeil, un edificio ha decorazioni geometriche. Il giardino intorno a un palazzotto è circondato da un recinto di cemento che simula uno steccato in legno su cui poggiano degli uccelli. C’è una villa nell’inconfondibile stile di Gino Coppedé. Costruita nel 1908 è stata l’abitazione di Geo Davidson, mitico campione italiano di velocipede del 1886, nonché uno dei fondatori del Genoa Cricket and Football club. Una piccola chiesa, l’Oratorio di San Sebastiano, ha sul portone la data 1777. All’interno due crocefissi processionali e un dipinto di pregio. Nel vicino circolo della Pro loco, ci sono altalene e casette per i bambini e tavoli dove gli anziani giocano a carte. In paese sembra che tutti abbiano un cane. Si sporgono dai terrazzini, abbaiano dietro le sbarre di un cancello, spesso sono in coppia. Sul muro di una casa in ristrutturazione una lunga scritta in genovese. Una poesia? Un’esortazione? Un racconto? Un ricordo? Quasi impossibile capire se non si è esperti nel dialetto.
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