mercoledì 13 maggio 2015

ANDERSON E ALTRE FIABE




Se si dovesse scegliere il luogo da sogno del Tremila, forse sarebbe quello. Per passarci una giornata, per curiosare, per emozionarsi, per stupirsi, per divertirsi. Per guardare e riflettere, ma  anche per rilassarsi e non pensare a nulla. Per sentirsi da un’altra parte e in un’altra storia. Questa la sensazione che si prova  alla Fondazione Prada, inaugurata il 9 maggio a Milano.  Spazi entusiasmanti  di cui  nessuna fotografia e nessun filmato può rendere l’idea. Bisogna  entrarci per capire.    Tutto è studiato nei minimi particolari eppure tutto sembra casuale. Da quelle righe arancioni che interrompono i muri grigi a quegli alberi perfetti, un po’ surreali, che escono da un pavimento strano, quasi un pavé di legno. Una ristrutturazione, quella dello Studio OMA di Rem Koolhaas, durata anni, con un risultato sorprendente che non dà l’effetto di un nuovo scontato e senza ricordi, ma racconta un passato, senza ridicole nostalgie. Dei sette edifici dell’antica distilleria del Cavallino Rosso del 1910, apparentemente restano solo i muri esterni, invece gli architetti hanno saputo conservarne l’anima. Ed è forse quello che rende emozionante il tutto. Spazi  enormi perfetti per accogliere opere gigantesche come La patata di Nathalie Djurberg. Ma anche ambienti più raccolti come in The Haunted House, la casa dei fantasmi, con i muri dorati(v.foto). Ideale per accogliere le complesse opere di Louise Bourgeois e quelle meno entusiasmanti, ma interessanti di Robert Gober. Diversissimo l’effetto dei saloni, tutte vetrate, delle mostre temporanee(v.foto). Ora  Serial Classic: gessi, bronzi, marmi, greci e romani,originali e copie, presi in esame nel loro rapporto. Per Thomas Demand, bisogna scendere in basso dove si  apprezza  meglio il suo   Grottesco, una grotta ricostruita con cartoni sulla base di una foto di quella di Maiorca, a cui fanno da cornice  cartoline delle grotte del mondo.  Dall’alto si può spiare nella cisterna , ma ci si entra dal piano terra e l’impatto con l’opera di Damien Hirst  è eccezionale: lo studio di un medico in un acquario dove nuotano pesci multicolori(v.foto). Nell’archivio c’è la  collezione privata  di  Miuccia Prada, tre  grandissime pareti fitte di Lichtenstein, Fontana, Adami, Schifano ecc. Ci sono tutti.  A completare, automobili e pullmini  d’artista anni ‘60, in uno spazio enorme, fascinosissimo.  Il cinema con 250 posti non è ancora in funzione. A giorni si aprirà con una rassegna di film di Polanski e dei registi che lo hanno ispirato . Da vedere ora c’è solo il fregio in ceramica di Fontana, che decorava il cinema Arlecchino. Fantastico anche il bar Luce ideato dal regista Wes Anderson. Si rifà ai caffè milanesi degli anni ‘50: boiserie, tappezzerie,  tavoli con piani in formica,  sedie dai colori improbabili, flipper e jukebox. Si servono aperitivi e non happy hours per restare fedeli all’epoca. Peccato che il servizio pessimo e le noccioline, unico accompagnamento ai cocktail (modesti), siano più in linea con un contemporaneo e becero bar da autogrill.    

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