sabato 27 novembre 2021

TEATRO NEL TEATRO

"Teatro nel teatro": potrebbe essere una definizione di Metti una sera a teatro, al Teatro Menotti-Filippo Perego di Milano, fino al 5 dicembre. Però è incompleta, racconta effettivamente di quattro persone che assistono a uno spettacolo teatrale, ma non dice che è una perfetta e nuova formula di commedia, come ormai se ne vedono poche sul palcoscenico. Non a caso un giornalista americano ha così recensito la pièce alla prima negli Usa “Questo spettacolo non ha bisogno di un pubblico è favoloso così com’è. Il pubblico ha bisogno di questo spettacolo”. Scritta da Lawrence Casler la commedia arriva in Italia con la regia di Alessandro Averone, che è in scena insieme ad Arianna Battilana, Alessia Giangiuliani, che ha curato la traduzione, e Mauro Santopietro. I quattro attori, bravissimi e convincenti, interpretano Margaret e Stanley, Donna e Walter, due coppie che si ritrovano a teatro per assistere all’Amleto di Shakespeare. La proposta è partita da Walter l’intellettuale del gruppo.  Diversissimo da Stanley, fiero di essere digiuno di tutto quello che è cultura fino a farsene un vanto. Solo apparentemente Walter è assecondato da Margaret che vive di luoghi comuni, vittima prediletta delle fake news, ma convinta di sapere. Totalmente diversa da Donna, la sciocchina del gruppo, con opinioni alquanto strampalate, ma nessuna pretesa. 



Per tutto il tempo dello spettacolo i tre sbucciano caramelle, fanno cadere oggetti, ridono, scherzano, parlano di quello che è capitato ai loro amici, delle richieste dei figli, ma soprattutto commentano le scene dell’Amleto con frasi quanto mai esilaranti. Interrotti continuamente da Walter che cerca di richiamarli al silenzio o di spiegare, senza risultato, il significato di quello che stanno vedendo. Il quadro che emerge è di un totale qualunquismo e di una forte ignoranza, che per quanto eccessiva, dà l’idea di una superficialità dilagante. Nessuna critica da parte dell’autore, ma solo l’intento di fare passare due ore di puro divertimento.  Obiettivo raggiunto in pieno.   


lunedì 22 novembre 2021

CALENDAR DOGS

Louise con le folte sopracciglia e la corona di fiori sostituisce bene la Frida Kahlo dell’autoritratto (v.foto). Theo con occhi verdi e turbante rosso è perfetto come Uomo con turbante rosso di Van Eyck. Stella, dallo sguardo triste e la fascia gialla e blu in testa, è l’inconfondibile Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer. La bruna Kira con il collare dorato attorno al collo, lungo e sottile, è Giuditta I di Klimt. La pipa in bocca, l’orecchio bendato, il colbacco di pelliccia, come non riconoscere in Zac l’autoritratto di Van Gogh (v.foto)? In onore di Leonardo, Mallory diventa Dama con l’ermellino e Cocca La Gioconda. Alvin con quell’aria furbetta è un attendibile Young Husband, come lo vedeva Lilly Martin Spencer, pittrice anglo-americana di fine Ottocento. Sono otto dei dodici cani inseriti nei ritratti della Galleria d’Arca 2022, il calendario  dell’Arca delle Code, la Fondazione Bini Onlus che si occupa di cani senza padrone. Da anni realizza i calendari con le foto di alcuni dei soggetti in attesa di una casa. 



Quest’anno ha deciso cambiare e si è rivolta a Beatrice Poggio (classe 1999),laureanda in una branca di veterinaria che si occupa della gestione e del benessere dei cavalli e artista per passione. Al suo attivo dipinti su legno, decorazioni di pareti e soprattutto murales. E’ lei che ha proposto di sostituire, in ritratti e autoritratti famosi, l’umano con un cane, cercando il più possibile di individuare un’affinità tra l’animale e il protagonista dell’originale. E l’effetto è davvero notevole. Il calendario ha avuto la sua presentazione ufficiale nell’evento di domenica 21 novembre, nel grande prato di fronte al Polo Zooantropologico, la nuova struttura in fase di ultimazione a Settimo Milanese. Costruita secondo i principi della sostenibilità etologica, ambientale ed ecologica sarà in funzione a primavera. Per informazioni e per acquistare il calendario:  www.larcadellecode.it. Per contattare Beatrice Poggio, per ritratti personali o del proprio pet: beatricepoggio1@gmail.com

sabato 20 novembre 2021

TUTTA COLPA DELL'ALGORITMO

L’inizio è davvero irresistibile e geniale. D’altra parte anche se non si conosce l’autore e unico interprete dello spettacolo, Massimiliano Loizzi, e la sua vis comica (di lui dicono che ha raccolto il testimone di Paolo Rossi, alla cui scuola si è formato) dal titolo o meglio dal sottotitolo ci se lo aspetta. La Bestia. Indagini sui fascismi al di sopra di ogni sospetto è da ieri in prima nazionale al Teatro della Cooperativa di Milano, che lo produce in collaborazione con Mercanti di Storie. 



Per quasi due ore Loizzi, da solo sul palcoscenico, racconta e riflette sul mondo che ci circonda, dove la manipolazione della verità, i luoghi comuni, i poterini, il rifuggire la verità, le fake news si intrecciano continuamente. Lo fa imitando un rapper, ricordando aneddoti vissuti in prima persona anche in famiglia, interpretando persone comuni. Spesso s’interrompe per commentare quello che sta succedendo nel pubblico. Dai due in prima fila che stanno abbracciati alla signora che si alza per andare alla toilette. O semplicemente per reclamare l’applauso e la risata che non arriva o accusando il pubblico di non essere all’altezza. Una satira, che si compiace spesso del turpiloquio, ma che fa pensare alla situazione in cui si vive, alle contraddizioni continue, alla Bestia, appunto, quell’algoritmo che governa il populismo, a quel panorama squallido ma reale in cui tutti siamo coinvolti e di cui in parte siamo responsabili. Loizzi non giustifica nessuno, ma neanche si mette sul piedestallo, anzi si espone per primo alla critica. Per quanto il ritmo sia veloce e sostenuto, alla fine, data la lunghezza dello spettacolo,si notano quasi inevitabili le ripetizioni e l’accanimento su certi argomenti, che abbassano, anche se di poco, la brillantezza del monologo. Comunque uno spettacolo assolutamente da vedere. Fino al 28 novembre.   

mercoledì 17 novembre 2021

IL FASCINO DISCRETO DELLO SCOLAPASTA

Siamo abituati che un utensile per la casa, magari dei meno considerati, se non addirittura disprezzato, diventi un oggetto di design. Il Merdolino, scopino per WC disegnato da Philippe Starck  per Alessi, ne è l’esempio più clamoroso. Però che appaia addirittura come una scultura, con implicazioni stellari, è meno scontato. Così è Cosmo. Visto di profilo può sembrare la riedizione in chiave Tremila di un vaso etrusco. Visto invece dall’alto ha tutta la magia di un cielo stellato. Dove le stelle sono dei fori che nella loro disposizione ricordano quella, apparentemente casuale, degli astri. 



Fori molto importanti per la funzionalità dell’oggetto, dato che Cosmo è uno scolapasta. Questi sono progettati per essere più stretti all’interno per impedire a pasta sottile, come gli spaghetti, di uscire e più ampi all’esterno, per evitare che l’amido ristagni. La praticità dell’oggetto non si ferma qui. E’ infatti ergonomico, perché agevole da maneggiare e senza fori in corrispondenza delle mani, per evitare eventuali bruciature. Inoltre si appoggia su quattro piedini, garantendo così una maggiore stabilità. A tutto questo si aggiunge che è in un polipropilene totalmente riciclabile, molto resistente e a lungo ciclo di vita. Ed è disponibile in sei colori saturi e opachi, assolutamente di tendenza, per adattarsi alle cucine più design. Anche se il Blu Oceano (Ocean Dark) resta il colore più stellare. E’ prodotto da Blim+ un marchio dell’azienda di casalinghi Veca Spa.  

giovedì 11 novembre 2021

GOODBYE, VIETNAM

Peccato che sia rimasto in scena solo un giorno. Soltanto ieri, infatti, si è visto sul palcoscenico del Menotti-Teatro Filippo Perego di Milano Their Footsteps. Come When we went Electronic in scena il giorno prima, altrettanto interessante, fa parte della seconda edizione di Onstage!Festival, primo festival di Teatro Americano in Italia. Presentato da Kit Italia e The International Theatre in collaborazione con Kairos Italy Theatre a New York, si propone di sostenere il teatro indipendente, con un ciclo di dibattiti e conferenze all’Università IULM, che rientrano nella rassegna Aspettando BookCity. I due spettacoli (in inglese con sopratitoli) sono centrati sulle donne. Il primo è una testimonianza di due modelle che cercano di recuperare la memoria dopo una tragica notte di stupro. 


Il secondo Their footsteps affronta il tema delle volontarie nella guerra del Vietnam. Cinque giovani attrici sul palco, con solo delle cassette che usano come sedili, raccontano le loro esperienze. Di come sono arrivate a quella scelta. Delle difficoltà che hanno incontrato. Del rapporto con i soldati. Due sono state ufficiali, tre impiegate civili. Tutte parlano da protagoniste in prima persona, ma a vicenda tutte svolgono ruoli di uomini o di altre donne nei vari racconti. Si può davvero parlare di teatro nel teatro, ovvero di una scuola di recitazione, dove si deve essere pronti a interpretare personaggi diversi, in situazioni diverse, nel giro di pochi minuti. Non sono mai storie estreme, non ci sono cattivi, né buoni. Non ci sono abusi o violenze, come ci si potrebbe aspettare parlando di una situazione di guerra in cui le donne sono state una più che esigua minoranza. Ma non si avverte neanche comprensione o aiuti da parte degli uomini. Quello che emerge è l’indifferenza per queste persone, che sembrano non essere mai esistite. Com’è stato confermato anche nei commenti di un’ americana, che è stata volontaria, intervenuta nel dibattito seguito allo spettacolo. Ma l’indifferenza per chi aveva combattuto in Vietnam è maturata anche per gli uomini. Una scelta politica. Il Vietnam doveva diventare una pagina di storia americana da dimenticare. 

martedì 9 novembre 2021

CAMMINARE STANCA?

La foto di copertina con la campagna dell’anconetano è normalmente attraente. Stupirebbe il contrario dato che l’autore, Natalino Russo, che non è al suo primo libro sull’argomento, è un fotografo professionista. Il titolo L’Italia è un sentiero – Storie di cammini e camminatori  è chiaro ed esaustivo, nel senso che spiega il contenuto. Proprio per questo però potrebbe frenare chi non è interessato al tema, leggi non camminatore, pigro ecc. Ma se si superano due pagine, già prima dell’indice, la dedica “A mia madre e mio padre che mi hanno insegnato a camminare” può  stimolare la curiosità o comunque anticipare lo stile di scrittura. Confermato pienamente dal titolo dell’introduzione Pensare coi piedi. Che allontana qualsiasi spauracchio di libro sentenziante. 


In realtà l’argomento camminare non è affrontato in modo superficiale ma con un taglio anche filosofico-psicologico, però sempre con senso dell’umorismo, per cui l’autore, gran camminatore, non si mette mai in  cattedra, ma tutt’al più sta al tuo passo. Le informazioni sono tante, i percorsi raccontati molti, i ritratti di camminatori svariati, gli aneddoti diversi ma non frastornanti, né mai autoreferenziali. I consigli pratici, dai più ovvi a quelli meno scontati.  Dal tipo di scarpe e calze per evitare vesciche alla macchina fotografica da portare, fino a come organizzarsi per il bucato o come scegliere lo zaino, a cui è dedicata più di una pagina. Finito il libro, il pigro non sarà spronato a lasciare il divano, ma sarà soddisfatto della lettura. Mentre l’incerto vorrà sperimentare se  camminare sia “una fatica che fa apprezzare il riposo” e sarà d’accordo con quel “Scoprirete che essere stanziali è molto più faticoso che camminare” scritto nelle ultime pagine. E magari deciderà di percorrere uno dei cammini citati. Tra cui, a sorpresa, due romani: uno sull’Appia Antica e, “agli antipodi”, la traversata di Roma lungo la linea A della metropolitana.  Il libro è pubblicato da Economica Laterza.  

lunedì 8 novembre 2021

DONNE PER LE DONNE


 
Non è una novità che nella drammatica situazione dell’Afghanistan chi soffra di più siano le donne.  Già la loro condizione era tra le peggiori del mondo, con il ritorno dei talebani è destinata a deteriorarsi ulteriormente. Portare aiuto viene naturale, ma le modalità non sono così semplici. 

Per questo è davvero apprezzabile l’iniziativa di Donne Fotografe. L’Associazione, che raccoglie fotografe italiane e residenti in Italia, è nata per promuovere in tutto il mondo la fotografia al femminile, spesso sottovalutata o non così celebrata come quella al maschile. Nonostante i grandissimi nomi del passato e del presente. Vari quindi i modi per arrivare all’obiettivo. Dalle mostre, come quella organizzata di recente a Palazzo Reale di Milano, a Solidarity Fine Art Afghanistan.  


Per cui 29 fotografe italiane si sono impegnate con il loro lavoro ad aiutare le organizzazioni umanitarie che operano in quel Paese. Hanno così creato sul sito www.donnefotografe.org delle serie fotografiche sulla vita delle donne. Si va da immagini di reportage di guerra o di manifestazioni, con protagonisti o interpreti principali al femminile, a foto di donne comuni nel loro quotidiano, da ritratti di sconosciute di ogni età (v. foto di Beatrice Mancini) a quelli di celebrità, premi Nobel, attrici (Claudia Gerini, foto Giovanna D
al Magro), sportive, scrittrici. Le foto stampate su carta di cm.30x40, complete di certificazione,  sono in vendita  dal 27 ottobre fino al 27 novembre sul sito, per un’offerta minima di 150 euro. Il ricavato sarà devoluto a CISDA-Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane Onlus, Pangea, Emergency. Un bellissimo regalo di Natale.  

sabato 6 novembre 2021

QUANDO SI DICE DARE UN TAGLIO

Davvero uno spettacolo straordinario Fontana Project della compagnia Nogravity  in scena ieri, oggi e domani al Teatro Filippo Perego-Menotti di Milano. Poco meno di mezz’ora di grandi emozioni, stupore, empatia, entusiasmo, perfino suspence e arte. Difficili da raccontare. Come dice il titolo, tutto parte dai Tagli di Lucio Fontana, in cui si inseriscono la luce e il colore di Umberto Boccioni.



“Il mio lavoro è riaprire il taglio, rimettere in moto le cose seguendo un tempo…” scrive Emiliano Pellisari,autore e performer insieme alla prima ballerina Mariana Porceddu, con cui forma una coppia nella vita e artistica. Ed ecco in scena riflessa sulle quinte, attraverso un grande specchio, l’esile figura di Mariana che entra ed esce da dei lunghi teli, fino a confondersi con questi. Ci si annoda, scompare, li muove, li riempie di vita. Come un tessitore Emiliano  sorveglia e coordina i movimenti. E’ vestito di nero con berretto, come una divisa, ma la sua figura non ha rilievo. Lei è il movimento, nuda con uno slip nell’Opera Grammaticale n°1 (in basso), in tuta nell’Opera Grammaticale n°2 (in alto). Si chiamano così le due parti di questa performance danzante. Sono solo grammatica rispetto all’opera d’arte, funzionali, proprio come le parole in una poesia. Nella prima i teli sono tinta crema, nella seconda rosa, per i giochi di luce  di Marco Visone, il terzo della compagnia Nogravity, che cura anche i suoni, incredibili, perfetti per intonarsi ai movimenti. Sono brani anche famosi ma trasformati e irriconoscibili nel sapiente mixaggio, curato anche dalla stessa Mariana. 

    


giovedì 4 novembre 2021

DAL BICCHIERE ALLA PASSERELLA

Possono dei capi di abbigliamento essere rappresentativi di un marchio di bevande? Non si sta parlando ovviamente di T-shirt e simili con scritta pubblicitaria. Sembra proprio di sì considerando l’iniziativa di PepsiCo in collaborazione con Domus Academy, una delle più accreditate scuola di moda e design italiane. L’obiettivo era individuare un modo di vestire il più possibile coerente con lo spirito e lo stile di chi beve Pepsi Max o Rockstar energy drink, terzo d’importanza negli Usa dopo Red Bull e Monster, acquisito da Pepsi. Così gli studenti del Master in Fashion Design sono stati sfidati a proporre delle piccole collezioni che reinterpretassero i due brand. Ispirati da quello che riflettono del mondo.           




Dopo lo workshop dal titolo Envisioning the future of our brands through fashion dodici studenti hanno lavorato per tre mesi sui loro progetti. Fra questi sono stati selezionati due vincitori. L’olandese Louis Lanting è stato scelto per Rockstar con una collezione da uomo  sui toni del nero e del grigio con righe dorate (foto in alto). Zih Ling Chen di Taiwan, scelta per Pepsi Max, ha proposto per la donna capi ipercolorati con riferimenti al Fizzdigital, come lei definisce la divisione tra fisico e digitale (foto in basso). Tutti i dodici studenti hanno sfilato con le loro capsule al Base di Milano durante l’evento Fashion Graduate Italia. Le collezioni saranno esposte in alcune delle sedi di PepsiCo negli Usa, tra cui il Design Centre di New York. 

mercoledì 3 novembre 2021

UNA DOVUTA RIVELAZIONE

Si è in imbarazzo, con un leggero senso di colpa, uscendo dalla mostra Marco Lavarello. Progetti per Genova. Eppure non c’è niente di proibito e neppure una denuncia sociale di cui sentirsi lontanamente responsabili. Al terzo piano dello store Giglio Bagnara a Sestri Ponente, sono esposti, dei quasi 3mila progetti dello Studio Lavarello, quelli realizzati tra gli anni 50 e 90, a Genova e in Liguria, firmati da Marco Lavarello, un nome sconosciuto ai più. 




E' curioso che non si tratta solo di edifici privati o di ristrutturazione d’interni, ma per lo più di opere pubbliche di dimensioni notevoli. Dal Teatro Margherita di Genova, il più grande della Liguria, all’Ariston di Sanremo sede del Festival, a svariati cinema. Dall’Auditorium del transatlantico Michelangelo agli interni del Leonardo Da Vinci. Fino agli allestimenti di sei edizioni di Euroflora, oltre ad arredamenti di barche e aerei. 
Da vedere fotografie, libri, documenti, rilievi e disegni ben sistemati nello store voluto nel 1869 da Giglio Bagnara su ispirazione delle Galeries Lafayette di Parigi e progettato dallo stesso Lavarello alla fine degli anni 60, nella nuova formula di 5500 mq su sette piani (il più importante edificio commerciale in un centro storico ligure). Solo i disegni potrebbero essere l’oggetto di una mostra. Straordinario, infatti, il tratto, l’uso del colore e degli accostamenti, per progetti impossibili da incanalare in una corrente di pensiero, eppure così significativi nella storia dell’architettura.  Pare che la sua abilità nel disegnare fosse tale che, di fronte al committente per illustrargli il suo progetto, lo disegnasse al contrario.  Stupisce quindi molto che Lavarello, non laureato, perché costretto per vicende familiari ad abbandonare gli studi universitari, non sia entrato nella rosa dei grandi progettisti. Molto quindi si deve ai tre giovani architetti che hanno avuto l’idea e hanno organizzato l'esposizione nel centenario della sua nascita: Maria Montolivo, Jacopo Baccani e il nipote Antonio Lavarello. Ci si augura che, oltre alla già richiesta laurea ad honorem in architettura per Lavarello, la mostra, patrocinata dalla Fondazione dell’Ordine degli Architetti e promossa da Giglio Bagnara e dalle aziende Gadolla, Interform, ETT, possa avere la risonanza che merita e viaggiare per l’Italia. Marco Lavarello.Progetti per Genova chiude il 15 dicembre.