mercoledì 24 giugno 2020

OLTRE IL GIARDINO


Milano è piena di luoghi inaspettati. Con il recupero di aree ex industriali se ne scopre sempre di nuovi, piacevoli sorprese in un momento di uscite caute dopo il lockdown. In via Ripamonti, all’altezza della Fondazione Prada, un’anonima traversa porta a un cul de sac. Percorrendolo fino in fondo ci si rende conto che finisce su un boschetto che costeggia la Roggia Vettabbia, progettata da Leonardo. Poco prima c’è un portoncino, lo si nota perché è affiancato da due piante. Siamo da Mari&cò. Si può  passare da un piccolo, godibilissimo giardino, verde e frondoso, oppure salire qualche gradino ed entrare direttamente all’interno.  Un grande loft con vetrate, che lascia immaginare il vissuto di officina meccanica, perché la ricerca dell’arredo, dei tessuti, dei colori, dei dettagli, per quanto sofisticata e colta, non soffre di contaminazioni forzate. Dietro, il buon gusto e l‘attenzione agli equilibri di Marinella Rossi, discendente da una famiglia di chef. Qui lei organizza catering speciali preferiti dal mondo dell’arte, del design, della moda. Il perché lo si capisce dal mix di oggetti e mobili diffusi negli stanzoni. Qua e là opere di giovani artisti emergenti, scaffalature zeppe di cestini, in una stanza con lampadario a gocce le grucce del guardaroba diventano un’installazione. Nelle toilettes sopra a piccoli lavabi splende una sequenza di specchi con cornici barocche. Gruppi di poltrone comode si alternano a spazi vuoti che negli eventi accolgono tavole con un’apparecchiatura lussuosa, ma mai convenzionale. Ora con le giuste distanze. Chiuso per l’emergenza Covid, Mari&cò ha riaperto con una cena placée. Ma a cucinare nelle attrezzate cucine, questa volta, il napoletano Roberto Di Pinto, chef di Sine di Milano, primo ristorante gastrocratico. Una parola dal suono faticoso, da lui coniata, che mette insieme gastronomia, scienza base della cucina, e kratos, potere in greco: potere di seguire la tradizione, ma liberati dai preconcetti per andare incontro alle esigenze dei clienti. Ed ecco piatti capisaldi della cucina partenopea con interferenze milanesi e viceversa, come l’ottimo risotto Milano/Napoli con zafferano e frutti di mare. Insalate che diventano liquide e si amalgamano con ghiaccio e cioccolato, eccetera. Tutto accompagnato da vini scelti con cognizione e passione. La cena Sine è stato il primo di una serie di incontri inventati da Marinella per far conoscere la cucina di giovani e brillanti chef di tutta Italia (Foto di Paolo Rinaldi).  

martedì 23 giugno 2020

TI CONOSCO MASCHERINA?


C’era da aspettarselo. Dopo che per tre mesi si è scritto e dissertato su validità delle mascherine, utilità, dove reperirle, chi le fabbrica, chi le ha regalate, chi ne ha comprate in quantità ingente per distribuirle, chi, sciacallo-style, ci ha lucrato sopra con sporchi giri, eccetera. Ora mentre le istituzioni discutono se e quando renderne obbligatorio l’uso all’aperto, la mascherina è assurta tra gli accessori, con tutto quello che ne consegue. Per le strade è sempre più raro vedere quelle chirurgiche, o bianche e azzurre da farmacia. I negozi le espongono colorate, etniche, con stampe e paillettes (Stile). Il Corriere della Sera le ha regalate tricolore ai suoi lettori. Tra chi le produce c’è chi punta alla praticità come Kyoko Tsuchihashi giapponese, da molti anni in Italia, che le dota di custodia coordinata (foto a destra). Per evitare goffi ripiegamenti intorno al collo o imbarazzanti pendagli appesi agli occhiali. Sono in Shima-Shima, robusto cotone usato per i hakama (i pantaloni dei Samurai) e per gli obi dei kimono. Melania Fumiko, anche lei giapponese trapiantata, ne presenta due modelli, uno con elastici alle orecchie, l’altro alla nuca tipo bandana. Made in Italy al 100% sono in diverse fantasie nipponiche  e con una durata di venti lavaggi. In tessuto traspirante e sottilissimo quelle di Wolford, il guru dell’intimo. Decisamente pop le mascherine Toiletpaper, prodotte  da Seletti Design, opera di Maurizio Cattelan e del fotografo Pierpaolo Ferrari(foto in alto). Costano 12,80 euro di cui 2 euro devoluti alla Fondazione dell’Associazione italiana di Sclerosi multipla. Borchie, strass fosforescenti, pattern tropicali e animalier per le mascherine Angelo Marani che la stilista Giulia Marani ha creato pensando al cinema e alle sue star(foto in basso). E per chi ha problemi di outfit, Etici, azienda del distretto di Carpi, inventa mascherine coordinate all’abito. L’interno è in polipropilene ad alte prestazioni e riciclabile, l’esterno in cotone trattato per garantire resistenza all’acqua e ai batteri. Peculiare l’abbinamento mascherine-calzini di Oybo. In realtà le mascherine sono in omaggio per chi compra due paia di calzini, ma in Italia sono vendute anche singolarmente. Stampe svariate e accattivanti per quelle in seta e cotone di Momonì, realizzate con le sete recuperate di archivio, e quindi in odore di riciclo e sostenibilità.

giovedì 18 giugno 2020

GALLERIA A SORPRESA






Con il timore di essere presi per cinici, questi mesi di pandemia hanno dato vita a sentimenti spariti, fatto rinascere la solidarietà vera, stimolato la creatività. Le persone sono cambiate, ma anche gli oggetti. Gli spazi sono diventati altro o hanno aggiunto usi e finalità illuminanti a quelle originali. Un caso è Motelombroso, ristorante aperto lo scorso autunno a Milano, in Alzaia Naviglio Pavese. Già di per sé è un luogo intrigante e non solo per la cucina curata e inedita, senza goffi estremismi/integralismi. E’in una casa cantoniera della seconda metà dell’800, ristrutturata con intelligenza dalla giovane coppia proprietaria, lei Alessandra ex avvocato, lui Matteo ex direttore marketing nel settore moda. Intorno un giardino raddoppiato da un enorme specchio, con una serra dal grande tavolo per rispettare le distanze, su cui pendono le piante con radici, curate dal pollice verde di Alessandra. Un affresco nella sala d’ingresso, trovato scrostando i muri lasciati tali e quali, racconta il paesaggio intorno del secolo scorso. Al primo piano una piccola sala-cantina accoglie gli ospiti per cene intime, massimo quattro, circondati da etichette scelte. Per festeggiare la riapertura Montelombroso si trasforma in una galleria d'arte con la mostra Atomi, fino al 19 luglio. E’ il progetto di galleria itinerante di Giorgio Galotti che fa dialogare le opere con un luogo, ogni volta diverso. Un’ulteriore conferma di quanto questo spazio sia particolare. Le installazioni visive e sonore, i quadri, le sculture sono di undici artisti italiani di tre generazioni, dagli anni‘70 ai‘90. Ad accogliere sul bancone del bar una tavola abbandonata dai commensali: è la scultura in acciaio e corten di Andrea Bocca. La specchiera da bar anni ‘50 di David Casini, con disegno di un ottaedro e buccia d’arancio candita davanti, diventa una versione Tremila di natura morta. Perfetta per la parete di fronte. Sulla vetrata della serra spicca una scritta verticale Automotivato. Si legge da dentro e da fuori, un palindromo sui generis, creato dall’enigmista Stefano Bartezzaghi per definire l’autore Japoco Rinaldi, artista multidisciplinare e studioso di archivi. Gioca sulle lettere e le parole anche il neon di Miriam Gili in un angolo riparato del giardino. Amore diventa a ore con intermittenza (in alto). Sulla luce proiettata da una lampada a led lavora lo studio Mandalaki: c’è il Deep Blue tra le piante della serra (al centro) e il sole al tramonto nel fiabesco boschetto di bambù. Le tracce sonore magnetiche e magnetizzanti di Marco Paltrinieri accompagnano il video Analogon(in basso), subito all’ingresso e risuonano a sorpresa in un angolo del giardino. La mostra è aperta su appuntamento da martedì a domenica. Con visite guidate, su prenotazione, mercoledì alle 18,30(hello@giorgiogalotti.com).

martedì 16 giugno 2020

IL TEATRO SI APRE A MEZZANOTTE

Il filo fra incoscienza e coraggio è molto sottile. Eroi a parte s’intende. L’apertura dei teatri in questo momento e del Teatro Menotti di Milano in particolare è un chiaro esempio di coraggio. Lontano da qualsiasi forma estrema e nel rispetto delle regole. Che non sono frutto di stupida burocrazia, ma di reale protezione da un grave pericolo. La scintilla in più che potrebbe mettere una C maiuscola al coraggio è la data di apertura. Il 15, ma quando inizia la giornata e cioè qualche minuto dopo la mezzanotte di domenica 14. Far finta di essere sani è, infatti, andato in scena a quell’ora, con repliche ieri e questa sera alle 20,30. Non è stata una ricerca di effetti speciali a tutti i costi, che comunque farebbe parte del teatro, inteso nel senso più vasto. Ma è stato un segnale forte, a dimostrare che il teatro è un’esigenza, fa parte della cultura, della vita. E la risposta del pubblico l’ha confermato. Volutamente solo pochi spettatori per l’evento notturno, ma tutti occupati i 120 posti abilitati anti-Covid (dei 500 nei tempi normali) per la sera di ieri. Lunghi applausi e una marea di “Bravi” urlato dietro le mascherine. Un “Bravi” liberatorio per la contentezza di ritrovarsi a teatro, di partecipare all’evento, finalmente fuori dal lockdown. Perché come dice la canzone di Giorgio Gaber, ovviamente tra i pezziforti in programma, “Libertà è partecipazione”. Ottima anche la scelta dello spettacolo, prima versione del lavoro di Giorgio Gaber e Sandro Luporini del 1973. In forma di concerto, per rispettare le distanze anche sul palcoscenico, con la regia di Emilio Russo, direttore artistico del Menotti che sta già preparando per la prossima stagione una nuova versione. Perfetto per i contenuti contemporanei: il disagio sociale, le paure ridicole, la schizofrenia tra alti ideali e bassi bisogni materiali. Tutto affrontato con la giusta dose d’ironia. A raccontare con parole e note Enrico Ballardini, duttile e sempre brillante, Andrea Mirò (nella foto), appassionata e trascinante, e i quattro bravissimi e coinvolgenti musicisti di Musica da Ripostiglio.     


giovedì 11 giugno 2020

PINOCCHIO:USI E COSTUMI



Non capita spesso, anzi è un caso unico che una mostra dei costumi di un film venga aperta in contemporanea all’uscita del film stesso. “Sapevamo che sarebbe stata vincente, bastava guardare qualche pezzo, l’arte della moda e l’arte del cinema si fondono e creano il sogno” ha detto il Presidente della Fondazione Museo del Tessuto di Prato Francesco Nicola Marini, durante la cerimonia di oggi. Quando Massimo Cantini Parrini ha consegnato il David di Donatello, assegnatogli per i costumi del film Pinocchio, diretto da Massimo Garrone, al Museo di Prato, dove appunto sono in mostra. Una grande emozione, forse più forte perché la notizia è arrivata a casa, in piena pandemia, è stato il commento del costumista. Fiorentino, chiamato l’archeologo della moda, Cantini Parrini ha una straordinaria passione per gli abiti d’epoca che colleziona fin da bambino. Pare ne abbia 4mila pezzi dal 1630 al 1990, da cui trae ispirazione. Non è nuovo ai riconoscimenti, prima di questo David ne ha ricevuto tre consecutivi nel 2016, 2017, e 2018 tra cui quello per il film Racconto dei racconti sempre di Matteo Garrone con cui ha collaborato anche per lo struggente Dogman. Ma per quanto sia l’unico italiano ad avere collezionato quattro David, ha ottenuto anche Nastri d’Argento, Ciak d’Oro e nel 2019 l’EFA, l’Oscar Europeo. Tra gli ultimi suoi lavori i costumi per Favolacce, il film in uscita dei fratelli D’Innocenzo, premiato a Berlino per la migliore sceneggiatura. Come ha sottolineato Marini, i costumi pur attenendosi ai tempi del racconto e dando quindi credibilità ai personaggi sono costruiti con tecniche e lavorazioni  contemporanee, molto importanti per Prato, perché rivelano l’alto livello delle sue aziende. A questo proposito Simone Mangani,  Assessore alla Cultura del Comune di Prato, si è augurato che il legame tra cinema, moda e museo possa continuare. La preziosa statuetta sarà inserita nel percorso della mostra, poi alla sua chiusura il 25 ottobre, ritornerà, lo conferma il premiato, nella sua casa. Pinocchio nei costumi di Massimo Cantini Parrini aperta lo scorso dicembre è stata chiusa per il Covid-19 a marzo e ha riaperto il 19 maggio con tutte le sanificazioni e le misure di sicurezza del caso. Ha già registrato nei primi giorni oltre mille visitatori. Il biglietto d'ingresso è ridotto e costa 5 euro, mentre è gratis per bambini e ragazzi fino ai 18 anni.