martedì 30 settembre 2014

I DUECENTO GIORNI

Settembre 2014: Padiglione Francia

Maggio 2015: Padiglione Francia 
Chissà se altri prenderanno l’esempio. A poco più di 200 giorni dall’apertura dell’Expo la Francia   ha voluto ufficializzare la posa della prima pietra del suo padiglione. Più che pietra un pezzo di arco in legno dal momento  che la costruzione, completamente smontabile e rimontabile,  ha un’ossatura in diversi legni provenienti dal Jura. Misura circa 2mila metri quadrati su un terreno di 3600 dove sono previsti  piccoli spazi verdi, forse orti, dato il tema “Nutrire il pianeta”. La costruzione,con una grande volta, è un qualcosa di mezzo fra   un hangar, una cantina,  una cattedrale, un granaio.  Nel rendering si vede all’esterno, tra le doghe, del verde. All’interno negli interstizi si alternano bottiglie di vino e schermi. Dal soffitto a volta  pendono,  un po’ inquietanti, dei prosciutti.  L’incontro fra tecnologia e tradizioni è il tema dominante . A mettere la cosiddetta prima pietra Stéphane Le Foll ministro dell’agricoltura, dell’agroalimentare, delle foreste, nonché portavoce del governo. Con lui  Alain Berger commissario unico e, per l’Italia, Maurizio Martina  ministro delle politiche agricole,   l’assessore Cristina Tajani a far le veci del sindaco Pisapia, Giuseppe Sala Commissario del Governo Italiano per l’Expo e il presidente della regione Roberto Maroni,  che ha  parlato di un accordo  con la Francia  per la tutela della qualità degli alimenti e la lotta alla contraffazione. Soliti saluti, ringraziamenti, discorsi  di prammatica e un augurio  di belle giornate per procedere  nel progetto. Difficile  immaginare cosa diventeranno quei cantieri che sembrano davvero all’inizio. Niente è finito o lascia intravvedere qualcosa di compiuto.  C’è solo l’idea che l’Expo sarà un grande parco giochi per adulti, ovviamente con un pensiero forte dietro. Per ora ha un aspetto definito soltanto  l’ampio e lungo "corridoio" con copertura in tela che dovrebbe essere il punto centrale dell’esposizione. Qualcosa in più si può intuire dagli enormi scheletri in metallo, quasi all’ingresso dell’area.  Tutto il resto è una serie di cartelli  con il nome del paese in tre lingue . Ma la quantità di addetti ai lavori in azione, riesce a  rassicurare anche il più pessimista.

lunedì 29 settembre 2014

CADUTA LIRICA


Per festeggiare i cinquant’anni Vogue Italia ha messo in mostra il suo archivio nella sede storica  di Piazza Castello a Milano, dal 22 settembre al 5 ottobre. Foto straordinarie che raccontano di una rivista che è stata ed è un oggetto d’arte.  Oltre che essere un giornale perché informa sulla moda, non certo come i femminili della porta accanto consigliando l’accostamento di accessori. Individua ed espone le tendenze future, su cui lavoreranno stilisti, creatori di tessuti, aziende (v. disquisizione sull’azzurro di Miranda-Meryl Streep in “Il diavolo veste Prada”).
Per questo ha stupito  il comunicato sulla mostra. Dopo le prime righe in cui si parla  della nascita di Vogue , dell’acquisizione nel 1964 del gruppo americano di una piccola rivista per signore borghesi, si passa immediatamente al 1988, all’arrivo del direttore che è anche l’attuale. Saltando con distratta leggerezza ben 24 anni (quasi il 50%) in cui la rivista si è sviluppata e si è data quell’immagine. Modificata nel tempo, certo, ma sempre perfetta, coerente e contemporanea. Peccato, un’occasione persa per ribadire uno stile, una vera caduta lirica.  Chissà se è per questo che le foto  degli ospiti all’inaugurazione (mediamente belli e ben vestiti) sono sembrate quelle degli invitati di un matrimonione ricco, ma senza classe.

giovedì 25 settembre 2014

LA CASA CHE URLA


Non è un film horror, ma una possibile definizione per un’installazione-abitazione. Perché la casa di Carol Rama a Torino  è davvero un’opera d’arte.  ”Per chiunque la casa è un luogo di riferimento, quella di Carol, parla, anzi urla di lei” commenta Maria Cristina Mundici autrice con Bepi Ghiotti di “Carol Rama. Il magazzino dell’anima” edito da Skira. “Qui dagli anni quaranta l’artista ha accumulato  oggetti legati strettamente alla sua vita, alla sua immaginazione. La stessa Carol lo definisce  un magazzino di oggetti che raccontano delle sue passioni, del suo occhio, della sua anima” continua Mundici che ha curato i testi, lavorando soprattutto sulle fonti e cercando di togliere quegli stereotipi che vedono la Rama artista maledetta. “Ho lavorato con la lentezza, per due anni”   commenta Bepi Chiotti,  che ha realizzato più di cento foto tra colore e bianco e nero.  “Tutto è stato pensato prima, non ci sono stati tagli e postproduzione. Ho cercato di essere distante ,di non dare interpretazioni”.  Una casa non semplice  da fotografare  per le finestre completamente oscurate da spessi tendoni scuri. Perché Carol non ha mai voluto vedere il mondo fuori, distraente, troppo bello e in competizione con gli oggetti di casa. Che vanno dai frammenti di bicicletta agli animali imbalsamati, dalle scarpe alle forme da scarpe, ai denti umani. Ci sono oggetti d’affezione che provengono dalla famiglia d’origine, altri raccolti e trovati da lei, altri regalati dagli amici: Man Ray, Carlo Mollino, Andy Warhol, Edoardo Sanguineti, Liza Minnelli. C’è un caos, ma è apparente. Ogni oggetto ha il suo posto ed è collocato secondo un ordine compositivo. Appunto come in un’installazione. “La sua scrivania, illuminata da quattro lampade, sembra il tavolo di un entomologo, con smalti per le unghie usati come colori ” racconta l’artista Marzia Migliora.  “Entrando in quella casa si ha l’impressione di violare un’intimità”. Non è della stessa idea il critico e storico dell’arte Marco Vallora:”L’impressione è quella di condividere una disperata felicità”. E allude  a quel dualismo dell’artista, aggressiva e generosa, forte e fragile. E’ nell’intenzione degli autori  contribuire con questo libro  a far sì che la casa sia preservata per mostrarla  al pubblico come un’opera d’arte . E tutti gli elementi per convincere ci sono.

lunedì 22 settembre 2014

A CHE PUNTO E' LA MODA?


 Heohwan Simulation sfila nella Sala degli Specchi

Quasi interamente dedicata ai giovani l’ultima giornata della fashion week milanese. Ma questa volta per Nude, New upcoming designers, niente sfilate collettive. Leitmotiv e Alberto Zambelli hanno avuto ciascuno tutta per sé l’imponente Sala delle Cariatidi di Piazza Duomo. Il duo creativo di Leitmotiv (il milanese Fabio Sasso e il colombiano Juan Caro) ha scelto come tema il leitemotikon, le icone-faccine del cellulare. Le  reinterpreta, per stampe inedite, con il pop, il mondo dei fumetti e dell’infanzia e spunti artistici vari. Risultato una collezione coloratissima con materiali tecnici accostati a quelli della tradizione e riferimenti agli anni Cinquanta e Sessanta. Dalla vita segnata delle gonne svasate alle brassière, ai lunghi. Più discutibile l’uomo. Alberto Zambelli nei suoi capi rivela una solida formazione  “couture”. Si destreggia con le contaminazioni e si diverte a rendere alternativi i pezzi classici del guardaroba. Così la camicia bianca con piccolo collo e spacchi laterali ha un disegno sul dietro, il trench è in nylon trasparente con finiture colorate.
Canotta di .giuliamarani
Sfila nell’altrettanto scenografica sala degli Specchi affrescata  dal Tiepolo, Heohwan Simulation del coreano Hwan Heo, già presente a Milano nella scorsa fashion week. Lo stilista guarda con insistenza  agli anni Sessanta , alle geometrie di Courrèges  e alle linee di Pierre Cardin. Nero protagonista con dei flash di verde acqua per piccoli spencer, abiti, bluse.
Come sempre Giulia Marani (.giuliamarani) lavora con un artista. Questa volta  è Andrea Tonellotto con le sue Polaroid di dettagli urbani che per  tagli e giochi di luce diventano quasi dei quadri informali. Giulia li rielabora o meglio ne fa degli spunti per le T-shirt, i pantaloni, i cardigan dai tagli essenziali.  Una musica da western all’italiana fa da colonna sonora alla sfilata di Grinko, ma, a parte l’assonanza con Gringo del nome  e qualche simil Stetson  su modelle e modelli, di cowboy style non c’è niente. Strizzate d’occhio, invece, alle geometrie e alla pop art per movimentare abiti dalla linea scivolata e fluida e tuniche per i pantaloni. La  storia della moda degli ultimi sessanta anni è raccontata  nella bella mostra fotografica dedicata a Sophia Loren, dal 20 settembre splendida ottantenne.

sabato 20 settembre 2014

SPLENDIDI SETTANTENNI



L’ispirazione agli anni Settanta è una tendenza  condivisa. C’è chi ne replica il gusto nonchalant e criptochic come Simon Holloway da Hogan, che guarda a Charlotte Rampling e Jane Birkin. Ecco gli abiti a righe  con i disegni  di Julie Verhoeven da accostare alla riedizione di sneakers del 1997. Jenny  di quel periodo riprende gli abiti iperfemminili giocati sui contrasti lucido opaco, i dettagli preziosi e la leggerezza degli chiffon  che rimanda ai  pigiama palazzo. Da Luisa Spagnoli  sono stile Settanta i pantaloni e le bluse gipsy look in sangallo o la giacchina in denim con applicazione di pietre turchesi.  Ma anche il cappello in paglia stile Audrey di “Colazione da Tiffany”. Sono anni Settanta le frange delle borse  
Zaino-camicia  Mia D'Arco 
 Gioielli Beatrice Bongiasca (foto  Gastel)
 Giuseppe Zanotti Design
di Giuseppe Zanotti da accostare agli stivaletti da cow girl, ai calzari da gladiatore, agli zoccoli con fascia in denim.  Le frange sono uno dei tre temi da Elisabetta Franchi al debutto sulle passerelle milanesi. Insieme alle losanghe, ispirate dal  cancello di una villa abbandonata, e al déco. Su gonne e abiti sono un’ espressione di femminilità “Attirano lo sguardo quando si cammina” dice la stilista. Anche i pantaloni a vita alta strizzano gli occhi ai Settanta. Non segue invece la tendenza  Gabriele Colangelo. Lavora sui materiali destrutturandoli, laserandoli fino a creare un nuovo pizzo  con  l’effetto di un tatuaggio. Tutto è fluido, ma la vita è quasi sempre segnata da cinture con il motivo del prisma, come le borse. Cividini, anche lui outsider, ha sfilato nei corridoi della storica Accademia di Brera. Punta, come sempre, all’essenzialità delle linee, alle geometrie donanti dei tagli, alle sovrapposizioni di tessuti, ai volumi inconsueti. Tutto è calibrato e armonioso.  Sandali gioiello infradito,  raso terra, molto Settanta da Via Delle Perle che propone la prima linea di scarpe e di coloratissime borse. Tra le novità da Valextra la borsa asimmetrica, vera e propria architettura in vitello e il guinzaglio con porta-sacchetti di pelle per cani viziati.  Per viaggiatrici chic  la  camicia-zaino di Mia D’Arco, il marchio  di gioielli, borse e (per ora) tute alla sua seconda stagione, creato da Giulia e Myriam Catania, di scena a White. Beatrice Bongiasca, ventitreenne milanese,  al suo esordio nei gioielli, mette insieme con ironia e creatività il chicco di riso simbolo della Cina e le perle status symbol dell’Occidente.