lunedì 28 novembre 2022

ATTI DA UN PROCESSO

Una scelta non casuale quella di inaugurare la stagione del rinnovato Teatro di Via Osoppo di Milano, dedicato a Valentina Cortese con Atti del processo a suor Virginia Maria de Leyva monaca di Monza. Con lo spettacolo, fedele trasposizione degli atti di un lungo processo davvero svoltosi dal novembre del 1607 al giugno dell’anno dopo, il direttore artistico Antonio Zanoletti, che è anche il regista, vuole evidenziare un preciso indirizzo: una lettura della storia su diversi piani. 




Che non si ferma quindi ai fatti ma, attraverso le testimonianze dei vari personaggi, affronta tematiche come la diversità sociale, la sopraffazione del potere, il rapporto uomo e donna. Quel racconto del Manzoni, accennato e poi subito interrotto con “la sventurata  rispose”, si riapre e diventa un quadro vivo, forte, drammatico, dove la suora peccatrice è solo una pedina, un infelice simbolo dei tempi. La scenografia è minimale, ma ben caratterizzata dalla presenza delle grate e di un imponente scranno dove siede il notaio. Davanti a lui sono interrogate svariate persone informate sui fatti. Parlano, ricordano, s’indignano, si difendono, accusano. Senza mai arrivare a toni esasperati, cosa che rende tutto più credibile e vero. Il ritmo è incalzante, fino a sfiorare la suspense, senza mai lasciarsi andare a compiacimenti o effetti facili. Per questo il finale coinvolge ed emoziona. Atti del processo a suor Virginia Maria de Leyva monaca di Monza, andato in scena il 27 novembre, giorno di inizio del processo, continua dal 1° al 4 e dall’8 all’11 dicembre, con repliche dal 16 al 19 marzo.


venerdì 25 novembre 2022

MISERY NON DEVE MORIRE


Chi ha letto il romanzo di Stephen King o ha visto la trasposizione cinematografica del 1990, diretta da Robert Reiner, ha difficoltà a pensarne una versione teatrale. Misery, prodotto da Fondazione Teatro Due e Teatro Nazionale di Genova con la regia di Filippo Dini, al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano fino al 27 novembre, si rivela molto più che incuriosente. 

Non solo riesce a mantenere intatta l’emozione del thriller, che sconfina nell’horror, ma lo fa con una scenografia, di Laura Benzi come i costumi, apparentemente molto tradizionale. Su una piattaforma girevole appaiono di volta in volta la camera da letto dove è tenuto prigioniero lo scrittore(Aldo Ottobrino), la cucina e il corridoio della casa dove si aggira la psicopatica carceriera (Anna Scommegna) e  l’ingresso con il portico dove arriva due volte lo sceriffo (Carlo Orlando) che indaga sullo scrittore scomparso. Il dialogo fra  Scommegna e Ottobrino è veloce e sostenuto, con un incalzare di frasi banali miste a esternazioni violente di lei, battute di humour di lui, tranelli, ricordi. In un’alternanza ben calibrata di brivido e commedia. Con un doppio finale, di cui il secondo assolutamente a sorpresa. Che svela cosa c’è dietro la follia della donna che obbliga il suo scrittore preferito sotto minaccia di morte a riportare in vita il suo personaggio. Dietro quel Misery non deve morire, come diceva il titolo del film, ben chiara l’esaltazione del potere magico della narrazione. Capace di prendere a tal punto di non volere mai vedere la parola Fine.


giovedì 24 novembre 2022

RAGAZZE NEL PALLONE

Un altro attacco ai pregiudizi, legati a un periodo molto buio della storia italiana,  ma ancora in parte attuali.  Viene dal teatro  con Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 27 novembre. Tratto dall’omonimo romanzo di Federica Seneghini, giornalista del Corriere della Sera e Marco Giani storico, docente e membro della società italiana di Storia dello sport racconta  la fondazione della prima squadra di calcio femminile e la sua rapida abolizione negli anni del fascismo. 



In scena le bravissime Federica Fabiani, Rossana Mola e Rita Pelusio  nel ruolo di tre ragazze milanesi che decidono di costituire questa prima squadra. Considerazioni tipicamente femminili si alternano a piccoli resoconti famigliari, scherzi, prese in giro, commenti. L’entusiasmo alle volte  lascia il posto all’incertezza, la passione per il progetto cresce fino a spezzarsi in un attimo.  Nelle diverse scene il pallone è sempre presente. Vero protagonista  è il feticcio, il simbolo  della voglia di sfidare la maschilista mentalità dominante. Ma non è un pallone di cuoio come quello dei calciatori maschi, è di gomma. Perché questo imponeva il regime, oltre alla gonna invece dei pantaloncini per cui la palla poteva essere passata solo rasoterra per ovvie ragioni e sempre con un portiere uomo, meglio se ragazzino. Tutto questo perché il calcio non era considerato uno sport da "giovinette"in quanto poteva creare dei problemi per la maternità . L’ottima regia di Laura Curino, unita alla convincente recitazione delle tre attrici, riesce a mettere in risalto la ridicolaggine dei pregiudizi, ma anche l’atmosfera di paura e preconcetti che si viveva in quei tempi. Senza mai cadere nel drammatico, ma sempre con un approccio ironico, molto più efficace. 


martedì 22 novembre 2022

COCKTAIL D'ABRUZZO

Dopo Le Zirre di qualche blog fa, ecco Vuscichè. Questa volta il nome viene dal dialetto abruzzese, ma a chiamarsi così è sempre un brand di moda. Vuscica, vuscichi e vusciche, parola che cambia a seconda delle zone, significa mescolare vigorosamente e racconta l’intento del marchio di Roseto degli Abruzzi. Quello di mescolare vecchi tessuti con materiali nuovi nati dal riciclo, ma anche mettere insieme lavorazioni artigianali diverse. 




 

E tutto all’insegna della sostenibilità e del recupero, non solo di vecchie stoffe o accessori datati, ma delle tradizioni. Sempre con un occhio puntato al futuro. Del pianeta soprattutto. Un progetto sicuramente ambizioso di moda circolare che si propone di abbattere il consumo di energia e anche di stabilire una rete di contatti tra le persone coinvolte nel lavoro. Punta all’esportazione sia attraverso i negozi, sia potenziando il sito internet. Europa è il mercato a cui mira maggiormente, seguito da Usa e Far East. Il 45% dei capi sono genderless. Dai cappotti, con tessuti rigenerati dalle tipiche coperte abruzzesi, alle giacche lasciate a taglio vivo e trattate con pigmenti e tinture particolari. La maglieria è sempre fatta a mano con lana di pecora, ovviamente locale. Gli abiti femminili sono in broccati e tessuti damascati, resti di magazzino. Le borse hanno rifiniture, pannelli, manici, frange realizzate con pelli di scarto. Nella collezione per la primavera-estate 2023, chiamata Ripple e presentata allo scorso salone White, il motivo ispiratore è l’acqua. E così “i volumi, i tagli e le cuciture rimandano all’effetto delle increspature che muovono uno specchio d’acqua”. 

sabato 19 novembre 2022

MANI DI FATA. DAVVERO

Si chiude oggi la mostra Nel segno di Brunetta, alla Galleria Bolzani di Milano dal 3 novembre. “Un grande successo” ha commentato Alberto Bolzani che, esattamente a distanza di 35 anni, accoglie un’altra esposizione della famosa, impareggiabile disegnatrice Brunetta Moretti Mateldi, meglio conosciuta come solo Brunetta.         





Definirla disegnatrice è riduttivo. Brunetta, oltre ad avere una mano eccezionale, a cui ha contribuito la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Bologna e dell’Albertina di Torino, è stata un’ artista a tutto tondo. Dotata di una strepitosa creatività ha saputo anticipare di molti anni modi, mode, stili. E la mostra, per quanto ricca ne dà solo un piccolo assaggio. Come ha detto il gallerista, si è preferito dare di ogni “campo d’azione” una testimonianza. Così accanto ai modelli schizzati negli atélier e durante le sfilate, per cui è soprattutto nota,  ci sono altri svariati, interessanti lavori.  Come gli abiti da lei disegnati e poi realizzati dalla sartoria Franco Fracchiolla nei primi anni 70. Tre sono da vedere su manichini, di cui due sono una straordinaria anticipazione dell’asimmetrico, che doveva diventare di tendenza quasi vent’anni dopo. O ancora i bijoux con gli schizzi preparatori per Re Ottavio: dall’optical all’ etnico rivisitato. E poi una serie di creazioni dove la fantasia è regina. Dal gatto, sua passione, che diventa un abito lungo con strascico a una New York stilizzata con una figurina, di donna ovviamente, a una Acapulco piena di vita, fino all’autoritratto che la riprende a 15 anni, con uno sguardo e un sorriso molto maturo per la sua età.  Notevole anche la varietà di tecniche usate. Dal disegno a matita all’acquarello, dalla tempera  al carboncino, all’olio. “Le mie mani, la mia mente  non sono mai state inattive. Ho molto letto, studiato, guardato, ascoltato. Io sono fatta di poesia e pazienza” diceva Brunetta di se stessa e questa mostra, progettata e ben curata da Elisabetta Invernici, ne è il risultato e la prova. 


 

venerdì 18 novembre 2022

I PIACERI DELLA CAR...TA

Siamo in un momento in cui la frase "Scarica l’App" è la più pronunciata, la più scritta (of course on line), il tormentone che precede qualsiasi tipo di indicazione, la soluzione divina per ogni problema, la magia che risolve, la mano amica a cui aggrapparsi per tutto. Suona quindi strano, quasi surreale parlare del piacere della carta. L’idea di scrivere qualcosa senza touch, senza schiacciare tasti, senza controllare se c’è campo. 



Eppure esistono degli umani che lo fanno e non sono dei centenari da Guinness dei Primati e nemmeno delle figure isolate, patetiche, alla disperata ricerca di qualcosa che li faccia emergere dalla massa anonima dei figli della rete. E la prova è l’esistenza e il successo di un negozio come Pineider, nato come cartoleria a Firenze nel 1774 e diventato il brand d’eccellenza per la scrittura, con boutique monomarca, oltre che a Firenze, a Milano, Roma, Singapore, New York e shop-in-shop nei più importanti department store come La Rinascente a Milano, Beymen a Istanbul, Isetan a Tokyo, KaDeWe a Berlino. E c’è di più, a fare da Ambassador a Pineider è stato scelto uno dei personaggi più universalmente apprezzati, l’attore Pierfrancesco Favino.  Che con le immagini ha raccontato la sua passione per la scrittura, il viaggio, l’handwriting, insomma tutto quello che fa di Pineider un punto di riferimento senza tempo. 


giovedì 17 novembre 2022

UN RE PRIMA DELLA BATTAGLIA

E’ davvero una sfida riuscire a mettere sulla scena un personaggio shakespeariano come Riccardo III in una chiave di lettura nuova e contemporanea. E’ quello che ha fatto Massimiliano Loizzi con The King. L’ultima notte del re di cui è autore e interprete, al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 20 novembre. 


Solo sul palcoscenico, in poco più di un’ora, costruisce una figura complessa e piena di ombre, sempre giocando sul filo dell’ironia.  Interessante vedere come la drammaticità del Bardo rimane intoccata e soprattutto non attaccata, pur arrivando il monologo in certi momenti a sfiorare la satira. Ma quello che Loizzi vuole mettere in risalto nella sua “versione riveduta e scorretta” è la tragedia della guerra. Che, come dice con un ghigno satanico Riccardo a un certo punto della storia, “è fatta per ottenere la pace”. E nella sua ultima notte il re rivede tutta la sua vita, gli omicidi, le bassezze, i tradimenti  perpetrati, e si prepara alla battaglia. Con un ultimo emozionante grido, vero pezzo di bravura, in cui inveisce, tra ricordi, rabbia, speranza.  Notevole la scenografia,  apparentemente anonima, che con le luci ben studiate di Jacopo Gussoni si anima per fare emergere la figura emblematica del re, in trench nero con corona scintillante, ora tra le mani, ora sulla testa.

lunedì 14 novembre 2022

WHAT'S ZIRRE ?

Arrivata da Napoli la capsule collection Milano Tartan di Le Zirre, dedicata a Milano, è stata in un pop store in Corso Garibaldi  per metà del mese di ottobre riscuotendo un buon consenso tra le milanesi.



Zirre in napoletano vuole dire terribili, ma per le borse che portano queste nome l’accezione del termine è decisamente positiva. Sono terribili perché sconvolgono, in qualche modo, i meccanismi della produzione e anche della distribuzione, perché sono frutto di creatività non incanalata. Ma soprattutto perché s’impongono con caratteristiche inedite. Si autodefiniscono con un’ironia tutta partenopea, eco-logically correct. Sono, infatti, realizzate con tessuti di scarto pregiati, quindi realmente upcycled e sempre limited edition. Nate da un’idea di Pierluigi ed Eleonora Frezza le borse sono completamente artigianali, curate nei minimi dettagli con rifiniture  di alta qualità. Al 100% made in Italy, riescono ad avere prezzi competitivi. Il punto forte? Sicuramente la varietà di proposte, legate alle tendenze moda, ma mai prevedibili o troppo allineate. Si va dalla borsa con manico alla tracolla, dalla shopper al secchiello, dallo zaino alla pochette.  Sempre in mix di colori, per cui si adattano a svariati insiemi e nello stesso tempo possono dare quel tocco fashion alla mise più classica e minimale.  Per il prossimo inverno Le Zirre propone anche camicie in seta dai colori forti, due cappotti damascati e i capresini, poncho asimmetrici in viscosa con frange alle due estremità.  Last but non least l’attenzione al pianeta di Le Zirre si estende anche agli animali. Non solo non utilizzano prodotti di origine animale ma nemmeno materiali ottenuti con test effettuati sugli animali. La collezione di Le Zirre è in vendita on line e in pochi negozi italiani di cui la maggior parte in Campania.

sabato 12 novembre 2022

RAGIONE E SENTIMENTO

Leggendo un romanzo autobiografico o scritto in prima persona, escludendo ovviamente quelli molto di azione, thriller, horror e fantascienza, può capitare di pensare che tutte le vite potrebbero  essere al centro di una storia.


Troppa nebbia nel cuore di Tiziano Marelli (Cooper Edizioni) è uno di questi. E lo è particolarmente, perché coinvolge e prende più di molti fantasy anche ben congegnati. Certo nella vita dell’autore, giornalista milanese con un lungo curriculum tra radio e giornali, c’è una figura paterna con aspetti oscuri scoperti tardi, un fratello mai conosciuto, che quasi alla fine compare, ma potrebbe non essere lui. C’è l’incontro con un’amica segreta di questo padre assente. Sono dei colpi di scena ben descritti, che catturano. Ma non è questo che rende la lettura  coinvolgente. E neanche il tipo di scrittura coerente o le descrizioni così precise e puntuali da riuscire a immaginarsele. Sono i sentimenti, le considerazioni, i pensieri, le emozioni. Insomma quella nebbia nel cuore, che non è solo un titolo, che emerge di continuo, capace di tenere in sospeso, quasi di irretire. Perfino l'innamoramento per l'attuale moglie, anche se appena accennato e tratteggiato nel quotidiano con un filo d’ironia, riesce a farti entrare nella storia,  come un persuasivo romanzo d’amore. Colpisce la profondità dei sentimenti e la capacità di esprimerli unita a un giusto realismo. Ed è forse per questo che le poche pagine in cui si parla di un contatto con una sensitiva, per chi non è un fan dell’esoterismo, risultano non sempre comprensibili, quasi un po’ stonate. Accattivante e in armonia, ma non retorica, la foto in bianco e nero dei Navigli milanesi con la nebbia in copertina. Un libro da leggere.


giovedì 10 novembre 2022

PUNTO CROCE

Quando di una mostra si dice “interessante” spesso è perché non si riesce a inquadrarla, non emoziona, ricalca dei modelli, punta su effetti facili. In questo caso “interessante” non si può considerare un commento positivo. Invece la parola “interessante” riferita alla mostra Federico Guida ARBOR alla Fondazione Stelline di Milano, non solo mantiene il suo significato, ma esprime un giudizio totalmente positivo. 




Intanto la scelta della croce, le otto opere esposte, infatti, sono delle croci di legno da cui il titolo Arbor, radice latina di Albero. Ricavate dai resti di una Pieve, sono la base su cui sono applicati dipinti a olio su lino. Per quanto sagomate come i crocifissi medioevali, ne sono solo una citazione, rivista in una chiave assolutamente contemporanea. Sia per i trattamenti, dai colori della verniciatura al rivestimento in tessuto a righe, sia per i dipinti inseriti. Ogni croce ne ha uno importante al centro, e altri intorno più piccoli disposti con una precisa simmetria.  Al  primo colpo d’occhio sembrano ricalcare la pittura del ‘500 e ‘600, ma guardandoli meglio, soprattutto i ritratti, sono di volti quanto mai attuali per i capelli, l’espressione, lo sguardo.  Riprendono immagini di storia sacra come la Pietà, la Crocifissione, la Maria Maddalena. I dipinti piccoli intorno completano ogni storia che non vuole essere quella di Cristo, ma la storia dell’uomo, della vita, della rinascita spirituale. Sono immagini di galassie, nebulose, eclissi, ma anche dell’arnia delle api, simbolo di vita, di teschi, di dettagli del legno o di un piccolo cane, simbolo di fedeltà. Mentre in alto c’è sempre qualcosa che racconta di un’ascendenza, del mistero del divino contrapposto alle immagini orizzontali del quotidiano.  Molto forte, inquietante ma quasi didascalico, il dipinto di una nascita, che non ha nulla a vedere con il Vangelo, ma racconta della condizione umana di cui la nascita fa parte. Federico Guida, milanese  classe 1969, non ha fatto studi teologici, ma ha frequentato l’Accademia di Brera.  Lavora, oltre che con i colori e le vernici, con il gesso, i tessuti e la fotografia. Con le sue opere ha raccontato la realtà delle  notti milanesi, dei manicomi, dei derelitti. Le croci sono nate dopo un lungo coma provocatogli da un incidente. La mostra, curata da Mimmo Di Marzio come il catalogo, è da oggi all’11 dicembre alla Fondazione Stelline, divisa fra la Sala del Collezionista e il Quadriportico del Chiostro.

sabato 5 novembre 2022

ACCADDE IN OTTOBRE


Non è semplice raccontare un momento storico, analizzando i fatti senza aggiungere considerazioni di parte o troppo legate a personaggi e nello stesso tempo lanciare un messaggio preciso. Ci sono riusciti con il loro progetto Renato Sarti, che ha curato anche la regia, e Sergio Pierattini, che ha scritto il testo con la consulenza storica di Mimmo Franzinelli. Ottobre 22 è in prima nazionale al Teatro della Cooperativa di Milano dal 28 ottobre al 13 novembre . Come annuncia il titolo parla della Marcia su Roma e di come sia stato possibile che Vittorio Emanuele abbia dato a Mussolini l’incarico di formare un nuovo governo, prevedibile anticamera di una dittatura. In scena lo stesso


Renato Sarti che interpreta l’allora presidente del consiglio Luigi Facta e Fabio Zulli nel duplice ruolo di un anonimo sequestratore e del segretario del politico. Ed è nella prima parte in cui Facta subisce le minacce di un giovane con la pistola e senza un braccio, perso perché colpito dalla polizia, che si tenta di far chiarezza sui fatti, si vuole individuare le responsabilità. In realtà, come si scopre nella seconda parte, si tratta di un sogno di Facta, che rivela il suo stato d’animo e la sua incapacità di aver saputo prendere una posizione. Grazie alla formula del sogno non c’è un’accusa diretta a lui, ma viene evidenziata una situazione piena di contraddizioni, con molti punti oscuri che conferma il suo ruolo di inutile pedina, senza però minimamente giustificarlo. Con un’analisi, come dice la presentazione dello spettacolo, che può aiutare a “evitare pericolose derive antidemocratiche”. Il ritmo con qualche colpo di scena ma senza eccessi, è incalzante e coinvolgente.