giovedì 30 marzo 2023

BIELLA, ANZI BELLISSIMA

Difficile sintetizzare in poche righe cosa offre Biella. Non a caso il libro 111 luoghi di Biella che devi proprio vedere (firmato da Vittoria Bazzan, Monica Gasparini, Barbara Sartorello, Bruno Scomparin, edito da Emons) ne propone ben 111, lasciando capire che ce ne sono molti altri. Se poi si considerano gli eventi che si svolgono ogni anno in città e dintorni, una vita è a mala pena sufficiente per conoscerne i luoghi più interessanti. Un’occasione per iniziare a scoprirli è Viaggio Orizzonti, frontiere, generazioni, quinta edizione di una manifestazione che, iniziata con un festival dal 23 al 26 marzo, continua con qualche incontro e mostre aperte fino al 18 giugno. Svariate, ma prevalentemente sul tema del viaggio, queste si concentrano al Piazzo, storico quartiere di Biella a 480 metri d'altezza.


 


Solo raggiungerlo con la funicolare è un’emozione.  Niente è scontato o risaputo, già all’arrivo sei sul set di un film di cui sei regista, sceneggiatore, scenografo. Basta una foto e puoi sorprendere. C’è una mucca (finta)imprigionata in un balcone. Inevitabile chiedersi come ci è arrivata. Sotto La civetta-caffè-ristoro-libreria, con all’esterno un divertente cartello sulla polenta e un dog bar. Accanto, un palazzo quattrocentesco e una torre di mattoni rossi. Proseguendo si arriva a piazza Cisterna con i portici e il palazzo comunale. Così magica, soprattutto di sera, che si sopporta male la rara presenza di auto. Da qui con strada a ciottoli si raggiunge i tre palazzi importanti: La Marmora, Ferrero e Gromo Losa. Quest’anno le mostre sono solo negli ultimi due. Il primo, che fu l’abitazione del generale preferito da Carlo Alberto, con saloni imponenti e magnifici giardini vista città, è chiuso al pubblico. Ci si può consolare con il giardino all’italiana di Palazzo Gromo Losa. E’ dedicato alle rose i cui filari, intrecciandosi tra loro, fanno pensare all’ordito e alla trama di un tessuto, chiodo fisso dei biellesi, maestri del tessile. Buon esempio di ars topiaria le siepi dove sembra sia appena passato Edward mani di forbici. Anche l’interno non delude, con le sue mostre.  Da quella di acquarelli di Nicola Magrin, un viaggio nella natura e in se stessi. Alle foto dell’archivio di Vittorio Sella: un viaggio in bianco e nero  nell’Italia del 1913. O ancora gli specchi di Nicoletta Fontana, tre riflessioni sul viaggio. Protagonista l’uomo con la sua anima, sempre uguale a qualsiasi latitudine. Di fronte, a Palazzo Ferrero centro della manifestazione, da non perdere al primo piano le storie di bellezza e vita quotidiana di Procida, viste dall’obiettivo curioso e creativo di Natalino Russo. E poi American Landscape, i paesaggi americani che, fotografati da Luciano Monti, diventano artistiche geometrie. O ancora l’installazione surreale di Grazia Amendola.

mercoledì 29 marzo 2023

RISATE FERTILI

Dal titolo sPERMALOSO. Quattro matte risate sull’infertilità maschile si potrebbe pensare a uno spettacolo di comicità un po' trita, basata su doppi sensi e dintorni. Poi leggendo il sottotitolo  Titolo provvisorio ma tanto poi ne partoriamo uno migliore… e  conoscendo l’autore (con Carlo Turati), nonché unico interprete e regista, Antonello Taurino e avendo visto il suo precedente monologo Sono bravo con la lingua, si intuisce che si tratta di humour irresistibile e di ottimo livello. 






Dopo qualche battuta nella platea illuminata, con riferimenti colti e di attualità mai per sfoggio e funzionali, Taurino sale sul palcoscenico, indossa un gilé e assume il ruolo di Mauro. E’in casa, in attesa di ricevere Alice la "quasi" fidanzata. Sta preparando la cena, ma anche e soprattutto il discorso che dovrà farle. Per dirle che dopo esami, consulti con medici, eccetera, gli è stata  comunicata l’infertilità, i suoi spermatozoi non funzionano. Una rivelazione pesante, considerato che la ragazza vuole un figlio e gli ha anche  posto un aut aut. Alle prove del discorso si alternano considerazioni  varie, con un accenno alla morte del padre, che non stride con la comicità, ma approfondisce il concetto “essere padre-essere figlio”.  Molte le storielle, tra le più esilaranti quella della preparazione per l'esame dello sperma. Ogni tanto i problemi della cucina hanno il sopravvento. Qualcosa brucia e si deve ricorrere a Delivery.  Ora Mauro indossa un camice bianco e diventa l’andrologo.  Ora infila un grembiulone con la foto di un torace palestrato ed è Filippo, l’amico delle medie.  Con moglie e quattro figli, non si perde “una scopata”, ed è Mauro che deve coprirlo con storie di calcetto insieme. Di Alice soltanto qualche frase, dal tono un po’ acido e l’arrivo (solo mimato) a fine spettacolo con una rivelazione. sPERMALOSO è al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 2 aprile. Non solo da vedere, ma da rivedere perché si potrebbe aver perso qualche parola. E sarebbe un vero peccato.

venerdì 24 marzo 2023

FATTI DI GENTE DI TEATRO

Il teatro con testi nuovi dalla trama precisa, con le caratteristiche del teatro tradizionale,  senza effetti speciali, con le scene che cercano di riprodurre più fedelmente possibile l’ambiente,  ha ancora senso? Sì, se ci sono certi requisiti. Che sono un’unità di tempo che corrisponda press’a poco a quella dello spettacolo. Un plot che non richieda troppa azione, ma dove i personaggi si muovono abbastanza per vivacizzare. Una scenografia il più realistica possibile.  E, ovviamente, un testo forte e coinvolgente e un’ottima recitazione. 


Ecco tutto questo c’è in Mettici la mano la nuova commedia di Maurizio De Giovanni, con la regia di Alessandro D'Alatri, fino al 2 aprile al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano. L’ambientazione è quella della serie TV Il commissario Ricciardi, la Napoli del fascismo con l’arrivo degli alleati e i bombardamenti. Anche due dei tre personaggi sono protagonisti fissi della fiction televisiva: il brigadiere Raffaele Maione, interpretato da Antonio Milo, e il femminiello Bambinella, alias Adriano Falivene.  A questi si aggiunge la giovane Isabella Mirra nel ruolo di Melina, che arriva in scena al guinzaglio del brigadiere, perché ha ucciso il Marchese di Roccafusca, di cui era la cameriera. Tutto si svolge in una cantina, usato come rifugio, a cui si accede da scale perfettamente ricostruite. Tra vecchi mobili e bauli, la statua di una Madonna, probabilmente salvata dalla distruzione di una chiesa. Davanti, quando entrano il brigadiere con la ragazza, c’è una suora che subito si rivela essere Bambinella. Inizia il dialogo, in gran parte in napoletano sostenuto, divertente, che tratteggia ulteriormente le due  figure già perfette e credibili del poliziotto e del femminiello, persone all’opposto, ma accomunate da una forte umanità. La commedia procede con piccole interruzioni date dai rumori delle bombe, dagli interventi della ragazza, dalle mini esibizioni di Bambinella, fino al colpo di scena finale. Quasi un happy end per una situazione, sempre solo accennata, di orribile sopraffazione e arroganza del potere.  Molti e meritatissimi gli applausi alla prima milanese, dove sul palcoscenico è salito anche Maurizio De Giovanni. 
    

giovedì 23 marzo 2023

LA CREATIVITA' REALIZZA L' UTOPIA

La Sala delle Cariatidi a Palazzo Reale di Milano è uno degli spazi espositivi, se così si può definire, più emozionante e fascinoso.  E non solo della città. Le opere qui vengono esaltate dalla speciale atmosfera nel contesto. Con il rischio però se non sono all'altezza di scomparire. Non lo corre la mostra Michelangelo Pistoletto. La Pace Preventiva, a cura di Fortunato D’Amico. Anzi la sala è ulteriormente valorizzata. Non solo per le coinvolgenti opere esposte, ma per il concetto stesso della mostra, espresso nel titolo. Che ben si accorda con il luogo che ha ancora, per una precisa scelta, le ferite della guerra. “La pace non deve essere com’è stata considerata per secoli una parentesi tra le guerre, ma uno stato naturale dell’esistenza, di cui la guerra è un’interruzione sporadica”. Come ha detto Domenico Piraina, direttore del Palazzo Reale di Milano, il tentativo di trasformare un’utopia come la pace preventiva in qualcosa di reale dà una visione ottimistica, può indicare le vie di fuga da percorrere.



Non a caso l’opera site specific di Pistoletto che attraversa l’intera sala è un labirinto, da sempre metafora dell’imprevedibilità dell’esistenza, fatto di cartoni arrotolati. All’interno e intorno ci sono alcune delle più iconiche tra le opere dell’artista, attualmente il più presente nei musei del mondo. Dalla Venere degli Stracci alla Mela Reintegrata che con quella sua cucitura propone un’integrazione tra il mondo artificiale e quello naturale. Ci sono vari specchi, compreso quello a libro con le due dita che si toccano, che è in realtà solo un dito con il riflesso di un altro. C’è il mappamondo fatto di giornali pressati, la composizione con le sedie Love Difference e il mondo fatto di specchi e tappeti, i cerchi di stracci sorretti da ferri.  Ad aprire la mostra nella sala antistante la Colomba della pace di Picasso su cielo blu, richiamo anche a Guernica che l’artista spagnolo volle esporre proprio nella Sala delle Cariatidi, settanta anni fa. Non mancano ritratti di Pistoletto e un video in cui lui stesso spiega quel particolare simbolo dell’infinito riveduto che ha in bocca la colomba e decora la locandina della mostra. Un simbolo, secondo l'artista, con uno zero in mezzo “dove tutto può esistere” che racconta di una relatività occasionale come la creatività. La mostra non si limita alla Sala delle Cariatidi, ma si estende in altri punti della città. “Ci aiuta a raccontare la sinergia tra i luoghi d’arte”  puntualizza  Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura del Comune di Milano. Il Museo di Storia Naturale ospita Adamo ed Eva, realizzata in serigrafia su acciaio inox supermirror. Al Planetario c’è L’Autoritratto di Stelle, una stampa fotografica, mentre all’Acquario è esposta l’installazione creata con Juan Esteban Sandoval sul Mar Mediterraneo, in legno e vernice acrilica. La mostra, aperta oggi, chiude il 4 giugno. Il catalogo è di Skira editore.

mercoledì 22 marzo 2023

GIOVE E' SCESO NEI BASSI

Stupisce vedere tanti gruppi di studenti alla prima di Anfitrione, in tournée in Italia e solo fino a stasera al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano. Della commedia di Plauto nella riscrittura di Teresa Ludovico sembra esserci solo la trama  con i suoi equivoci. In realtà, per quanto lo spettacolo sia decisamente comico, ha una sua lettura esistenziale, che lo rende doppiamente coinvolgente. Dell’opera plautina viene messo in evidenza il dualismo tra la propria identità e il ruolo o la posizione che si ricopre nel sociale e di fronte agli altri. Accentuato nello spettacolo dal fatto che tutto non si svolge tra l'Olimpo e Tebe, ma nella Napoli dei camorristi. 


Giove certo è un dio ma ha l’aspetto e il modo di agire del boss, proprio come Anfitrione, di cui prende le sembianze per poter far sua la moglie, la bella Alcmena. Che ha accettato di sposarlo nonostante gli abbia ucciso il padre, in uno dei tanti regolamenti di conti.  In questa missione terrena Giove si fa accompagnare dal figlio Mercurio che prende le sembianze di Sosia, il guardaspalle di Anfitrione. In scena quindi sei attori Michele Cipriani, Irene Grasso, Demi Licata, Alessandro Lussiana, Michele Schiano di Cola e Giovanni Serratore che interpretano i sei personaggi e cioè il vero Anfitrione e Giove, il vero Sosia e Mercurio-Sosia, la bella Alcmena e un’amica-assistente-parrucchiera che cerca di sedurre con scarsi risultati il vero Sosia. Interessante e d’effetto la scenografia di Vincent Longuemare e il suo uso delle luci che con specchi in posizione strategica insiste e fa risaltare il concetto delle doppie identità. In sintonia l’accompagnamento musicale con i fiati del Maestro Francesco Ludovico. Il dialogo, quasi interamente in napoletano, è sostenuto e divertente, perfetto per tracciare  ridicolizzandola l’immagine del camorrista con tutti i suoi dubbi, le sue debolezze, ma soprattutto la sua prosopopea e il suo becero maschilismo.  Straordinari i movimenti di scena ottimamente eseguiti e all’altezza di un buon musical. Anche perché appropriati per dare quel tono di surreale-grottesco all’insieme. 

mercoledì 15 marzo 2023

VIA MOZART 90

Non capita spesso l’occasione della risata “intelligente” Di ridere senza riuscire a smettere per uno spettacolo con una costruzione non scontata, quindi un po’ spiazzante, dove si mette in ridicolo i luoghi comuni, senza che il luogo comune diventi una battuta, dove non esiste l’effetto facile della parolaccia, o la presa in giro delle debolezze, anzi lo spirito caricaturale è lieve, attenuato. Questo è Mozart 90 in Blu al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 19 marzo. In scena le convincenti e bravissime Lucia Vasini e Cinzia Marseglia, autrici dei testi e curatrice della regia la prima. Raggiunte, alla fine, da Beatrice Marzorati, che ha collaborato per i testi. 

Non è una rivisitazione di un’opera mozartiana, come lascia supporre il titolo e il fatto che le protagoniste si chiamino Dorabella e Fiordaligi. Ma seguito dal numero 90 è l’indirizzo dove abitano le due donne, amiche e influencer che si fanno chiamare Sorelline e hanno lo studio nel pianerottolo, fra i loro appartamenti. Solo alla fine s’intuisce anche un riferimento alla sorella di Mozart, Nanneri, talento artistico affossato dal fratello. Vasini e Marseglia non sono sul palcoscenico quando lo spettacolo inizia ma tra le poltrone,  parlano fra loro e ogni tanto si rivolgono a qualcuno del pubblico, che sembra conoscano. Arrivate sul palco, con un colpo di scena, annunciano che inizieranno con dei bis, “perché dopo il pubblico non li chiede”. Ed ecco una disquisizione su nomi, soprannomi, deformazioni dei nomi davvero esilarante. Da lì con un ritmo sempre più incalzante proseguono le gag, fatte soprattutto dei consigli da influencer, su come mantenere la calma, come avere una corretta nutrizione o migliorare il proprio corpo. Con qua e là “l’assistenza intelligente” di Alexa.  Insuperabile la spiegazione del fisico “a mela” o “a pera”. Ogni tanto un cenno alla giovane vicina, Nanneri come la sorella di Mozart detta Nannina, che le aiuta nelle registrazioni e nei video e quel giorno è in ritardo. Quando finalmente arriva c’è un passaggio dal comico a un primo piano della donna, vittima come tante di violenze sottili in ambito famigliare. Un argomento di fondamentale importanza, non mai abbastanza affrontato, in questo caso in un modo un po’ imprevedibile.


venerdì 10 marzo 2023

UNICUM A PIU' LINGUAGGI

Quello che stupisce e intriga della pittura di Rita Ackermann (foto in alto) è il suo cambio di linguaggi, da quello del fumetto al pop, all’ astratto puro, mantenendo sempre un’impronta che la rende riconoscibile. Lo si vede molto bene nella sua retrospettiva Rita Ackermann. Hidden dal 12 marzo al 13 agosto al MASI, Museo d’arte della Svizzera italiana di Lugano.  La mostra propone il lavoro  dell’artista (classe 1968) nata a Budapest, ma a New York da 30 anni. 

 




E’una selezione di cinquanta tra dipinti e disegni realizzati dagli anni 90, fino agli ultimi tre creati in occasione della rassegna al MASI. Sono focalizzati sui passi decisivi del percorso artistico, che l’artista non vuole categorizzare per poter “restare libera” e come dice il titolo “nascosta”. Si divide in tre corpus. Il primo presenta gli Sketchbook Drawings e gli Early Paintings, datati dal 1993 al 1996, che risentono dell’incontro fra la cultura dell’est europeo e quella americana. Sono disegni su carta di dimensioni piccole e medie con figure femminili di adolescenti, per lo più nude, e più volte riprodotte, “impegnate in attività autodistruttive”, come ribadito anche dalle scritte. Prendono spunti dalle cronache, ma soprattutto dal cinema e da certa letteratura. Nella serie Mama, iniziata nel 2018, Ackermann elabora i soggetti disegnati con tratti interrotti o nascosti sotto elementi astratti. Per il terzo passo, con cui si chiude la mostra, ci sono le tre tele di lino lavorate con olio , matita grassa e acrilico della nuova serie War Drawings creata nell’ultimo anno. Qui delle figure femminili ci sono solo accenni, quello che resta di un lavoro di cancellatura per raschiamento, una metafora che ben descrive la forza distruttrice della guerra. In tutte le opere, per quanto molto diverse tra loro, salta all’occhio la capacità dell’artista di mettere insieme la rappresentazione profonda e sentita del mondo che ci circonda e una sua visione surreale, alle volte così sdrammatizzante da sfiorare i limiti del caricaturale.


giovedì 9 marzo 2023

IL GUSTO DELLA VITA

Le contaminazioni fra moda e arte sono continue. Alle volte solo accennate, alle volte più forti, alle volte, anzi spesso, forzate. Il caso della mostra Colours of life dell’artista ucraina Fayina Yerenburh è molto diverso. Più che di connessioni o contaminazioni  si può davvero parlare di arte che diventa un foulard, una sciarpa, un abito, una borsa, insomma moda. 



Da vedere a Milano, alla My Own Gallery la galleria d’arte all’entrata del Superstudio, con grande  vetrina affacciata su Via Tortona. Esposte al piano terreno e al primo piano le opere dell’artista ucraina. Su alluminio le più grandi, appoggiate su cavalletti, su carta le più piccole, appese alle pareti.  Il colore nelle tonalità più accese  è  il protagonista indiscusso, esaltato ulteriormente dai tratti che formano figure indefinite, e dai contrasti tra le stesse tinte. Sono il frutto di un’ispirazione generata da una situazione vissuta in prima persona. Non a caso il titolo della mostra parla di colori della vita.  Le opere infatti sono state  realizzate nei giorni bui della guerra . E il colore nei suoi toni più forti è 
il grido di protesta "contro l’oscurità che ha invaso Kyiv", dove Fayina vive, rendendola “una città in bianco e nero”.  Poi i quadri sono diventate le stampe per grandi sciarpe di seta o di chiffon . Quindi il designer Fedor Vozianov le ha trasformate in abiti di seta,  da portare in tutte le stagioni. “Vorrei che le mie  immagini, i miei abiti e le mie sciarpe diffondessero un pensiero positivo e se quello che faccio potesse aiutare anche una sola persona a sentire il Gusto della Vita per me significherebbe che ne è valsa la pena” ha detto Fayina e il messaggio di gioia che trasmette è così forte e sentito che non può certo passare inosservato. La mostra è aperta tutti i giorni fino al 19 marzo dalle 14 alle 19.  

mercoledì 8 marzo 2023

VOLUBILI? MEGLIO ZOCCOLE

 
Quello che dispiace di Così fan tutte, in scena al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano fino al 12 marzo, è non capire tutto quello che viene detto o cantato. Non per un problema di acustica, ma perché il napoletano non è sempre comprensibile. E il dialogo e i canti sono così brillanti da rammaricarsi di perdersene qualcuno. Non si tratta dell’opera di Mozart, in versione napoletana, ma di un liberamente tratto che ne prende lo spunto e il plot. 

In scena le Ebbanesis, nella vita le bravissime Serena Pisa e Viviana Cangiano. Con l’accompagnamento musicale di mandolino e mandoloncello di Marcello Smigliante Gentile, chitarra classica di Gianluca Trinchillo, chitarra manouche e chitarra indiana di Alessandro Butera che ha curato anche gli arrangiamenti per l’ensemble. L’elaborazione musicale, così come la direzione artistica sono di Mario Tronco, ex Avion Travel, e il Teatro Nest, la regia è di Giuseppe Miale di Mauro. La vicenda dell’opera mozartiana è in realtà un flash back raccontato dalle due sorelle Fiordiligi e Dorabella. Che oltre a essere loro stesse, impersonano i  fidanzati, sotto travestimento, mandati per una scommessa, a provare la fedeltà delle due. Per vedere appunto se “come fan tutte” sono “volubili, meglio zoccole”. Una prende anche i panni di Don Alfonso organizzatore dell’imbroglio e l’altra quelli della complice Despina, la cameriera con forte accento tedesco. In scena non c’è niente, solo delle paratie e uno stand con appesi gli abiti da indossare per i diversi ruoli. Ma basta il modo di parlare e di muoversi delle attrici per riuscire a immaginarsi le sale di un palazzo dei quartieri spagnoli o di una villa di Chiaia. Si ride certo, lo spirito del vaudeville alla partenopea è continuamente presente,  ma ogni tanto con le loro magnifiche voci le Ebbanesis riescono a far pensare all’amore con la dolcezza malinconica stile Reginella.   

martedì 7 marzo 2023

LE LUCI IN BASSO

Corso Genova è una delle poche strade milanesi dove ci sono ancora dei negozi come anni fa. Non obsoleti o nostalgici, semplicemente non monomarca. A parte l’ormai, è il caso di dirlo, iconico Biffi che propone scelte di abbigliamento svariate, dal superlusso  al marchio di nicchia o artigianale, con l’unico fil rouge del buon gusto. Che non significa il classico, anzi. In Corso Genova ci sono quelle che un tempo si chiamavano boutique, parola ormai in disuso, che propongono produzione o scelta propria.  In ambienti attraenti, perché sempre caratterizzati. 




Una di queste boutique aperta nel 2014 porta l’insegna Daniele Giovani. Che è il nome del proprietario, giovane shoe designer milanese, laureato in Fashion Design al Politecnico di Milano, con una laurea magistrale allo IULM e un master in Accessory Design sempre al Politecnico di Milano. Una formazione importante, certo, anche perché abbinata a creatività, passione per la moda e la bellezza dell’architettura. Quanto alla scelta delle scarpe, “perché sono un accessorio che rivela la persona” dice Daniele. La collezione, ora in negozio per la primavera estate,  s’intitola Metafore di luce. Non è un nome a effetto, ma parte da un’ispirazione che diventa il tema e l’elemento comune dei pezzi. E’ quella luce che si ritrova nel trattamento di certe pelli, nei colori dell’alba e dei tramonti dove la luminosità è ricercata e più di fascino.  Può essere quella catenella d’oro per la caviglia che completa la décolleté, quei cerchi dorati che dalla scarpa salgono con sensualità sulla gamba. O ancora la punta dorata e aguzza del sandalo tacco 10. “Può essere un’arma di difesa” spiega  sorridendo Daniele. Dietro alla collezione, interamente made in Italy e realizzata artigianalmente nel distretto delle Marche, una grande attenzione alla funzionalità e alla vestibilità, oltre che all’estetica. Ecco il sandalo basso, ma con tutte le caratteristiche del sandalo da red carpet, per la donna alta o per un party sulla spiaggia. Ecco un sandalo dal tacco squadrato, decisamente più comodo.  E poi le sneakers, non certo per lo jogging mattutino o per l’area cani, ma ideali per un party in campagna. C’è quella femminilizzata dai volant, quella con una decorazione dorata arabeggiante, quella tinta pelle leggermente abbronzata con una suola di 4cm bianca, studiata per dare a chi la indossa a gamba nuda uno slancio notevole. Nel negozio, dall' accattivante arredo  minimal chic anche borse tutte made in Italy di svariati brand, per sfuggire al total look, e la fragranza Perdizione, creata in collaborazione con Nobile 1942, con note di vaniglia, olio di neroli, fiori d’arancio e yang-yang. La collezione di scarpe è disponibile oltre che nel negozio di Corso Genova, in pochi selezionati store in Italia e all’estero e sull’ e-shop del marchio.


domenica 5 marzo 2023

IN PUNTA DI PENNARELLO

 

Scelta coerente e intelligente l’ADI Design Museum di Milano per la mostra Stefano Chiassai. Oltre il lockdown. Disegni, tessuti, colori. Certo il design è al centro dell’attenzione, ma è anche vero che il museo è legato all’arte, all’attualità, nelle libreria ci sono testi interessanti difficilmente reperibili altrove. Un ambiente quindi  perfetto per una mostra multidisciplinare che testimonia un periodo recente attraverso gli estrosi disegni di Chiassai. 





Toscano, formatosi all’istituto d’arte di Firenze, l’artista, collezionista di 20mila capi vintage, ha un importante curriculum nella moda alle spalle: fashion designer con un suo marchio, docente di Menswear Fashion Design al Polimoda di Firenze,  stilista per la linea uomo di Fendi.  All’ADI espone  una serie di disegni a pennarello realizzati uno al giorno  dall’8 marzo 2020, data inizio lockdown, fino al 31 dicembre 2020. Raccontano pensieri, paure, fatti, con molti riferimenti all’attualità, ai personaggi che hanno dominato le cronache. Da Boris Johnson con la sua immunità di gregge, alle iniziative di politici e virologi italiani, alle proposte stralunate di Trump. Per ognuno un titolo che mette in luce soprattutto le parole sprecate, gli errori, le confusioni, ma sempre sul filo dell’ironia, senza aperte condanne. Molti i tratti geometrici ma anche molte le parole che spuntano in ogni angolo dei disegni per insistere, appunto, sul bla bla bla, cioè le tante cose dette, risapute e non, inutili, senza senso, durante il periodo. Un ritorno al passato per far rivivere un anno scuro, certo ma, come dice l’ultimo disegno del 31 dicembre 2020, "che si scontra con il colorato e luminoso nuovo anno della rinascita". Anche se proprio così non è stato. Oltre alla galleria dei disegni in una sala un’installazione immersiva che ribadisce il rapporto di Chiassai con il design. Dalla parete con la tappezzeria site specific all’enorme tappeto con parole e segni tipici suoi, ai 17 arazzi su tela jacquard di cui alcuni riprendono i temi dei disegni, alle poltrone con i braccioli fatti come braccia umane, al tavolo  di vetro decorato con i suoi colori, fino al trench, ai pantaloni, al cappello con la lunga visiera “per guardare lontano”(foto al centro). Pezzi unici che potrebbero essere solo modificati per esigenze di taglie e dimensioni. Le foto di molte di queste opere sono raccolte nel volume Diario di un lockdown.8 marzo 2020-31 agosto 2021 edito da Silvana Editoriale.  Chiassai, infatti, qui espone il suo lavoro fino al 31 dicembre 2020, ma ha continuato con le sue quotidiane creazioni fino al 21 agosto 2021. La mostra è aperta da oggi fino al 4 aprile, dalle 10,30 alle 20. Chiusa il lunedì.

venerdì 3 marzo 2023

IL COLORE VIOLA

Se c’è un colore bandito nello spettacolo quello è il viola, eppure era il preferito di Valentina Cortese, per molti la prima grande attrice italiana nel mondo. Per lei il viola era il colore della malinconia, con cui andare “a caccia di gioia”. Così è scritto sotto una sua foto (la prima in basso) che la ritrae al Carnevale di Venezia nell’ultima pagina del libro Valentina Cortese. Album di famiglia. Immagini inedite di una diva. Con parte del titolo e quarta di copertina viola, è il catalogo dell’omonima mostra, fino al 22 marzo nello spazio Isola SET di Palazzo Lombardia, a Milano. 




E’ un omaggio alla diva, scomparsa nel 2019, per i cent’anni dalla nascita, ideata e curata da Elisabetta Invernici, giornalista e storica della moda, vicina all’attrice negli ultimi anni e Antonio Zanoletti attore e regista, suo grande amico a cui Valentina aveva affidato foto e documenti. Da vedere una sessantina di scatti realizzati da importanti fotografi: Luigi Ciminaghi, Giovanni Gastel, Arturo Ghergo, Roberto Granata, Angelo Frontoni, Bob Krieger, Luxardo, Maria Mulas, Fiorenzo Niccoli, Pietro Pascuttini. Più il ritratto con il figlio Jackie (al centro), in copertina del libro, di Ghitta Carell. Grande fotografa italo-ungherese, attiva dagli anni 30, ha immortalato papi, regine, politici, scrittori, attori. Per lei Elena Piccini, Patrizia Piccini, Fabrizio Urettini, per Fototeca Gilardi, hanno creato una "mostra nella mostra", dal titolo Ghitta Carell: Grande in negativo con riferimento alla sua tecnica fotografica. Oltre a queste foto e a quelle dei famigliari e dell’infanzia, l’installazione-video di spezzoni di film e pièce teatrali con le note de L’Eroica di Beethoven, diretta da Victor De Sabata, grande amore di Valentina, e due bacheche con i ricordi. Lettere, biglietti in parte stracciati, collari degli amati cani, foto di personaggi autografati per lei, sandali lussuosi, libri, che raccontano una vita straordinaria. Dalla nascita a Milano e i primi anni nella casa di contadini con la balia e il marito, che lei pensava suoi genitori, agli incontri sporadici e dolorosi con la vera madre, una musicista, agli sfuggevoli contatti con il padre naturale che credeva suo zio e non volle mai riconoscerla. I suoi inizi nel cinema, la storia d’amore con De Sabata, gli anni a Hollywood dove incontra il marito e padre di suo figlio, Richard Basehart. La sua sfolgorante carriera cinematografica con gli attori e i registi più noti. Il ritorno in Italia, la scelta del teatro, la lunga storia d’amore e di lavoro con Giorgio Strehler, fino al matrimonio con Carlo De Angeli, celebrato nel municipio di Portofino con solo due amiche a far da testimoni. Per tutto il tempo della mostra sono previste varie iniziative. Da Valentina Cortese, eleganza divina alla Cineteca, con proiezione di sette film, di cui alcuni inediti e restaurati, alle visita guidate e i talk.  Come Storia di copertina su Ghita Carell, Ciak si gira! sul rapporto che Cortese stabiliva con troupe e regista. Il guardaroba disperso sulla sua eleganza e i sontuosi abiti e accessori messi all’asta nel 2022. E l’ultimo, Very Valentina. La realtà oltre la leggenda, con la Valentina di chi l’ha conosciuta da vicino. 

giovedì 2 marzo 2023

I FUOCHI DELLA PASSIONE

Maria Maddalena, lo spettacolo, fino a domenica 26 al Teatro Menotti Filippo Perego di Milano, è tratto da Fuochi di Marguerite Yourcenar. Racconta la struggente storia di Maria Maddalena, segnata dall’ amore giovanile, senza piacere, per Giovanni e la passione-dedizione senza speranza per Gesù. L’autrice, tra l’altro, pare che abbia trasposto in questo dolore l’amore non corrisposto per il suo editore. 


In scena c’è solo lei, la bravissima Lina Sastri, che è anche regista, con il suo dramma vissuto in prima persona, per diventare quasi un simbolo femminile, più che interpretare un ruolo. Uno straordinario pezzo di bravura che va al di là del monologo teatrale. Aiutata sicuramente da una scenografia suggestiva, termine abusato, ma in questo caso perfetto e insostituibile. Dalla musica, la chitarra di Filippo d’Allio e le percussioni di Domenico Monda.  Con luci straordinarie che ruotano intorno agli abiti drappeggiati sul suo corpo, in perfetta sintonia con quel percorso di lumi, anzi di fuochi, che segna il palcoscenico. Non aiutata, invece, da un’acustica stranamente non all’altezza. Lo spettacolo comunque entusiasma. Ogni tanto le parole s’ interrompono per far spazio al canto, triste, malinconico, che trascina senza melensaggini. La figura di Maria Maddalena spicca come quella di un’eroina, benché di altri secoli, plausibile e contemporanea nel raccontare la profondità della passione d’amore. Quando alla fine Lina Sastri esce a salutare e ringraziare il pubblico, spontanea ed emozionata, si ha difficoltà a pensare che sia la stessa donna.