giovedì 27 gennaio 2022

MAN IN CLOWN

Una cosa è sicura. Ridere fa bene. Se poi si assiste a uno spettacolo come Il Clown dei Clown di David Larible, la conferma è immediata, inequivocabile e soprattutto condivisa. In effetti la comicità, considerata il movente della risata, ha diverse sfaccettature: intellettuale, da risate grasse, sofisticata, pungente, sboccata. Può essere satira, humour ecc.  Nasce da una critica profonda, parte da un commento sottile o ruota intorno a qualcosa di evidente, come le disgrazie o le goffaggini altrui. Quindi non tutti i tipi di comicità riescono a fare lo stesso effetto su un pubblico vario e svariato.



Lo spettacolo di Larible ci riesce. Per quel mix di sense of humour e ironia pungente, ma mai cattiva o cinica, e tutto quello che da secoli provoca la risata facile. Questione di equilibri fra gesti, frasi, movimenti, sguardi, sorrisi, e poi musica. Dall’opera al jazz a My way. Tutto amalgamato con un accompagnamento musicale complice e convincente. Affidato in gran parte al maestro Mattia Gregorio al piano, ma anche alla voce dello stesso David o dell’attore Andrea Ginestra, perfino ai canti e ai suoni di persone del pubblico, chiamate sul palcoscenico da David. Cosa c’entra il clown del titolo, a parte la faccia spalmata di bianco, il gilé e il naso rosso? Perché lo svolgersi dello spettacolo è la storia di un uomo delle pulizie che sogna di diventare un clown, una specie di Monello chapliniano con la stessa fantasia e poesia, ma senza il compiacimento della malinconia. Bravissimo nei movimenti, irresistibile nelle gag, alternanza di quelle più scontate con altre inedite e d’attualità,  capacità mimica ma anche recitativa e canora, ideale per interagire e stimolare il pubblico, Larible rappresenta la nuova immagine del clown.  Cosa che spiega perché alla prima di ieri il Teatro Menotti di Milano fosse pieno, con persone di tutte le età, tra cui molti bambini con il naso rosso da clown sulla mascherina.  Perché Larible sia stato definito dalla stampa il clown dei clown o il più grande clown classico del nostro tempo. Perché con il suo spettacolo al Madison Square Garden di New York sia stato applaudito da 120mila persone in un solo week end. Perché abbia ottenuto riconoscimenti prestigiosi e sia adorato da personaggi del cinema e dello spettacolo. L’hanno voluto a fianco in gala o in tv, Woody Allen e Jerry Lewis. L’ha chiamato per una parte in Ocean’s Eleven, Julia Roberts. Il clown dei clown è al Menotti Teatro Filippo Perego fino al 30 gennaio. Da non perdere.

lunedì 24 gennaio 2022

AMORE E VIAGGIO

Quanto c’è di autobiografico in Love trotter di Bea Buozzi? Una domanda che può avere senso letto il commento sul risvolto di copertina o le primissime pagine. Ma totalmente fuori posto se si continua nella lettura. 


Bastano quei flash sul lungomare di Barceloneta, le sculture di tufo in Cappadocia, gli alberi in un giardino di Londra, la zuppa di cipolle in una brasserie parigina o una strada non così nota di Milano, per avere una risposta. I flash sono così personalizzati e così personale il modo di citarli che è impossibile non vederci dietro l’occhio e la scrittura di una viaggiatrice professionista, come Bea Buozzi (nom de plume). Certo non sono flash di servizio, ma intrigano e forse spingono a un viaggio più di quattro pagine di reportage, dove la banalità della vista mozzafiato e del dedalo di viuzze è spesso in agguato. Sono comunque solo un piacevole contorno o meglio una stuzzicante cornice a una storia narrata in prima persona che ha tutti gli ingredienti per catturare l’attenzione. La protagonista è determinata, intelligente, di successo ma con quel tanto di insicurezze e di sfiga da non renderla antipatica, senza però trasformarla in una piccola fiammiferaia da aiutare. E così i personaggi intorno sono ben definiti, ma senza eccessivi dettagli da farli diventare macchietta o farli cadere in un realismo che non lascia spazio all’immaginazione. E’ una storia dove non si è obbligati a prendere le parti di qualcuno, ma dove però il lieto fine rende felici. Il romanticismo c’è, quasi da romanzo rosa, ma ben filtrato da un forte sense of humour e autoironia che ribadiscono contemporaneità e probabilità. Love Trotter è edito da Società Editrice Milanese ed è anche in versione audiolibro. 

venerdì 21 gennaio 2022

VIRGIL FOREVER

E’ stato un personaggio molto amato e non solo dalle fashion victims, se sulla rete di un cantiere semiperiferico di Milano qualcuno ha scritto a lettere cubitali Virgil Forever. Perché Virgil Abloh, scomparso in novembre a 41 anni, è stato molto di più del talentuoso creativo che ha portato alle stelle il suo brand, ma soprattutto la collezione uomo disegnata per Louis Vuitton. Fino all’ultimo, sfruttando il nome, il successo e il seguito tra i giovani si è battuto per l’inclusività, per i neri e contro le discriminazioni. Normale quindi che in occasione delle Fashion Week maschili, prime manifestazioni di moda dopo la sua  morte, ci fossero dei tributi. 


A Milano la maison gli ha dedicato  vetrine e cortile del negozio in Via Montenapoleone. All’esterno, su una pedana a specchio, una scultura riproduce un aeroplano di carta, ricordo dell’infanzia, con stampa di nuvole sul cielo azzurro, motivo ricorrente delle sue collezioni. Nelle vetrine e all’interno il tema degli scacchi, gioco per tutte le età e le culture, quindi inclusivo, ma anche metafora delle sfide della vita e presente, anche questo, nella moda di Virgil. A Parigi, sfilata grandiosa nel Carreau du Temple, ex mercato coperto in ferro e vetro nel Marais. Nell’enorme passerella con il tetto di una casa, delle scale, una camera da letto, oltre 60 modelli, uomini e donne, indossano otto collezioni, tra ballerini scatenati in acrobatici movimenti, con la musica suonata da orchestrali seduti intorno a un lungo tavolo, diretti dal famoso direttore venezuelano Gustavo Dudamel. Come sempre mix di sportswear e sartoriale con flash di fantasia e onirico e uscita finale di tutti i collaboratori. 

Internazionale, invece, perché in streaming, l’asta da Sotheby’s di New York, dal 26 gennaio all’8 febbraio. Da battere 200 sneakers Nike Air Force 1. Disegnate da Virgil sono in vitello patchwork di Damier e Monogram, due classici Vuitton, con la scritta Air sulla suola e Lacet sulle stringhe. Sono proposte in una valigetta di pelle arancione con monogramma. Il prezzo base è di 2 mila dollari. Tutti i proventi sono destinati alle borse di studio Post Modern istituite da Virgil Abloh per la Fashion Scholarship Fund che supporta studenti di origini black, afro-americane e africane.
 

martedì 18 gennaio 2022

FINE CORSA IN DIGITALE

Si è conclusa con una mattinata esclusivamente in digitale la fashion week per l'uomo del prossimo autunno-inverno. Il popolo della moda lascia Milano per Parigi. Già ieri erano state numerose le presentazioni in streaming con caratteristiche molto diverse tra loro. Woolrich, per esempio, ha ribadito il suo primato di più antica azienda americana di abbigliamento outdoor (1830, Pennsylvania)in un video con sentieri innevati e sfondo di montagne. Dove emergono i capi grande freddo: piumini in nylon, giacconi in lana scozzese, giacche in pile di lana e in nylon effetto seta. Prevalentemente in colori forti(foto in alto).




Niente a che vedere con la collezione del brand danese Han Kjobenhavn e con il video Sculpting Darkness ispirato ai film noir. Capi in pelliccia ecologica e in pelle, in colori scuri, dal taglio sartoriale con forme enfatizzate, sottolineati da inediti dettagli in titanio. S’intitola Cosmic Grunge la collezione e quindi il film di A personal Note 73, brand nato dalla partnership tra la multinazionale cinese della moda JNBY e il direttore creativo italiano Andrea Pompilio, presente a Milano per la quarta stagione. Cagoule, passamontagna, berretti e molti occhiali completano look fatti di pezzi apparentemente eterogenei. In realtà con la stessa matrice streetwear, applicata a materiali frutto di ricerca e linee sartoriali (foto al centro).  Sono i rider BMX questa volta a indossare la collezione  di Children of the discordance, marchio giapponese disegnato da Shikama Hideaki, fortemente legato alla street culture. I performer per le vie di Tokyo o all’interno di edifici abbandonati si lanciano in audaci esibizioni. Per loro maglie oversize, giubbotti patchwork di un tessuto con stampe diverse, completi in denim con ricami di emoticon, sempre con forme oversize (foto in basso). Chiude la kermesse milanese il corto su sfondo blu di Avril8790, brand di maglieria gender-fluid ispirato all’arte, creato nel 2018 da Maria Elena Sanarelli e Francesco Menci, nati entrambi il 17 aprile, lei del 1990 lui del 1987, da cui il nome.   
 

lunedì 17 gennaio 2022

DUTTILMENTE CHIC

La ricerca di un’eleganza sartoriale che tenga conto dei nuovi stili di vita, cioè di funzionalità e confort, si conferma anche nell’ultimo giorno della Fashion week dell'uomo a Milano, con presentazioni e sfilate fisiche. Domani sarà tutto digital. Ed ecco Tombolini nella nuova, elegante sede propone TMB Running (in alto). Come la collezione classica Tombolini è completamente made in Italy, anzi nelle Marche. L'abito è rivisto in poliammide elastico, è lavabile in lavatrice, non necessita di stiratura ed è completato da una k-way, per passare direttamente dal consiglio d’amministrazione all’incontro tra amici o alla barca a vela. In aggiunta giacche doppiopetto anche con cappuccio in un particolare neoprene. O ancora l’abito realizzato con tessuti riciclati. Quanto basta a TMB per essere il brand scelto dalla squadra della Roma per le occasioni ufficiali. 





L’attenzione ai materiali è in primo piano anche da Boglioli che usa solo tessuti grezzi lavorati e tinti in capo, per un autentico, totale made in Italy, come testimonia l’etichetta su ogni pezzo della collezione. Fatta di giacche, molte in velluto a coste, cappotti in shetland garzato stampa principe di Galles e smocking abbinati con audacia alla camicia in denim. Stessi requisiti per la collezione donna. Altri elementi identificativi, oltre l’etichetta, i bottoni e le fodere in un verde speciale. Sealup parte dagli iconici capi per l’uomo di mare come il peacoat e li elabora per un guardaroba metropolitano chic. Mantenendo vivo il concetto di funzionalità e le tradizioni dell’azienda, nata a Milano nel 1935.  Ribadite dal marchio, il marinaio con la pipa, e dal nome, fusione dell’inglese Sea (mare) e del milanese Lup (lupo). Ecco il giaccone da lupo di mare con l’interno staccabile in piumino d’oca, i paltò con imbottitura in grafene ecologico, il trench con termosaldature interne. Un guardaroba che va dall’extra long dei capi impermeabili al gilé con cappuccio staccabile. Accessori in stile (al centro). Il gilé è una delle star di stagione, è in tessuto o in piumino nella sfilata del portoghese David Catelan, ormai un habitué della Fashion week milanese. Tra le uscite più interessanti i pantaloni con bande di tessuti diversi, completi pull-pantaloni di maglia, golf a rombi portati su pantaloni metallizzati (in basso). Un inno al genderless la collezione di Miguel Viera, altro portoghese fedele alla kermesse milanese. In passerella sfilano solo uomini con pannelli-grembiuli sovrapposti ai pantaloni, gonne a pieghe di due diversi materiali, sahariane in lurex, bluse sciallate, blazer stampa breitschwanz. 

domenica 16 gennaio 2022

NON SOLO CONFORT

La settimana della moda a Milano prosegue, senza i clamori e il traffico assurdo di pre-pandemia, ma con presentazioni di collezioni più pensate con vestibilità donante e confortevole. E che, come vuole la nuova tendenza, guardano al passato con un occhio al futuro, per durare nel tempo. 



Missoni(in alto) ne è un esempio con la ripresa della maglieria e lo sguardo all’arte, nel DNA della maison dagli inizi. Così The Cardigan, la maglia con bottoni, tanto amata dal fondatore Tai, mette insieme gli elementi clou del brand, dal zig zag alle lavorazioni con punti diversi, con i grafismi e l’informale di artisti anni 40 come Giulio Turcato. Ecco paesaggi, Venezia compresa, che s’intravvedono appena, in una varietà di colori. Ogni cardigan ha un’etichetta esterna, come un marchio per il collezionista. Anche il paltò è in maglia, uno spigato leggerissimo. Molti i giochi d’intarsi nei gilet o nel giubbotto in denim. Belli i pull in colori a effetto degradé. Con dettagli funzionali i pantaloni in tessuto o in maglia. Tra le novità la capsule Mountain Calling con cinque pezzi per l’uomo e cinque per la donna e un suo marchio : felpe, maglie, joggers e per lei la tuta e un completo top-pantaloni con lurex. Si può inventare qualcosa di nuovo nella scarpa maschile? Moreschi risponde di sì con le nuove suole sagomate per la stringata o per lo stivaletto in pellami vissuti grazie a speciali trattamenti. Le sneakers sono rese più confortevoli da una suola in gomma sagomata e ultraleggera lavorata con la tecnica Goodyear e un inserto in cuoio forgiato a mano. Un unico stile, con il fil rouge del colore e della qualità senza dimenticare la sostenibilità, da Slowear (in basso)che mette insieme quattro brand, ognuno con una specialità sartoriale. Dai pantaloni Incotex con tutti i possibili tagli e dettagli, in vari tessuti con una prevalenza del velluto a coste. Al capospalla Montedoro con giacche che guardano al navy e alla marina, senza esagerazioni o gusto del travestimento. Dalla maglieria Zanone con lane merinos, alpaca, cashmere e filati sostenibili. Alla camiceria Glanshirt con pezzi dal sapore vintage, ma anche innovativi, come la camicia leggermente imbottita. Atmosfera inquietante sulla passerella di Justin Gall, stilista americano e brand romano, per la prima volta in calendario. Forse per le musiche da horror, forse per passamontagna, cagoule e simili che coprono i visi di modelle e modelli. Interessanti, invece, i capi, tutti per grandi freddi: dai gilet piumini, completati con mezze maniche, alle giacche-pullover.    

sabato 15 gennaio 2022

UOMINI E CAPI

Ottimo inizio per la Fashion week milanese dell’uomo. La Camera della Moda sceglie la mostra, in Triennale, Tributo a Giovanni Gastel, scomparso lo scorso marzo. In realtà due mostre I gioielli fantasia e The people I like, con oltre 200 ritratti, che filtrati dall’occhio di Gastel, raccontano i soggetti meglio di qualsiasi biografia scritta. Da Barack Obama a Francesco De Gregori, da Andrea Boccelli a Marco Pannella, a David Chipperfield, al barboncino Leo. Qualcuno è in una cornice, come Roberto Bolle seduto a teatro o Stefano Accorsi tra cavalli di cartone. Qualcuno ha accanto un commento. Come quello delle modelle, fiere di essere state fotografate da lui o quello con parole espressione di grande sensibilità di Flavio Lucchini, direttore di Vogue Italia e suo talent scout, ritratto come in un quadro di Piero della Francesca. 




La tendenza al sartoriale prosegue in questa stagione ed ecco che Husky debutta con la nuova giacca smart-formalwear, destinata a diventare un evergreen del guardaroba maschile. Marco Baldassari, fondatore e direttore creativo dell’uomo Eleventy (foto in basso), parla di un “mondo di lusso autentico ma rilassato”, non a caso durante la Fashion Week La Rinascente gli dedica un pop up, come promotore di un nuovo stile smart luxury. In collezione capi dalla doppia vita, come il completo in velluto corduroy con pantaloni dalla coulisse in vita, portabili anche con cintura, la giacca bimaterica in jersey di cotone e cashmere con maniche da pullover e pettorina staccabile da indossare sulla camicia, il piumino reinterpretato in cashmere o il cappotto reversibile chic e leggero. Grande attenzione ai dettagli come le termosaldature all’interno della giacca di nylon, lavorazioni accurate di 16-18 ore per un capo. Grigio, crema, verde e azzurro polverosi i colori. All’eleganza degli schermidori s’ispira il designer turco Serdar Uzuntas per la collezione Serdar dell’inverno, che titola appunto The heart of fencing (al centro)e che sfilerà in digitale martedì. E su giubbotti, camicie, giacche, perfino quella dello smocking, ricama una toppa-cuore. Tagli sartoriali e materiali inediti e confortevoli, come il neoprene o i tessuti upcycled. Forti i colori: arancio, giallo, rosso. Realizzate a mano da artigiani fiorentini le scarpe con tomaia all’uncinetto. Novità gli occhiali in acetato: un solo modello, vista e sole, in otto  varianti, mimetico compreso. C.P.Company festeggia i cinquant’anni delle sue straordinarie giacche sportswear con una mostra al Base di via Bergognone, aperta al pubblico da oggi a lunedì (in alto).

venerdì 14 gennaio 2022

RISATE GRASSE

Quello che è singolare nel divertente spettacolo Memorie di una Ciciona, (sì senza la doppia C) è che non ci sono i soliti stereotipi sull’argomento, normalmente utilizzati per suscitare la facile risata. Il fatto di non usare la doppia C è già un indizio dell’inedito modo di affrontare il tema. L’autrice, e unica interprete, Simonetta Guarino sostiene che “le doppie sono faticose e le cicione, oltre che ciccione, sono anche pigre”. 


Sola sul palcoscenico Guarino si esibisce in un susseguirsi di battute, aneddoti, considerazioni, scene-flash, impersonando tipi diversi, non solo cicione. Alterna dialetti, parlate con forti accenti, piccole cantate e movimenti vari, che rivelano un suo straordinario e inaspettato talento di mimo. Come quando racconta del Super-io e dell’Es freudiano che esce dal corpo della ciciona e si slancia in un festival di godimenti. O quando diventa la magra commessa del negozio di abbigliamento che inveisce su di lei, ciciona appena entrata, costringendola, proprio come davanti a un fermo di polizia, ad alzare le mani e gridare “No non cerco qualcosa per me, è per un regalo”. Non mancano gli accenni alle non-pari-opportunità tra uomo e donna in fatto di body shaming che Guarino dice “sta alla Ciciona come l’orso al miele”. Ci sono le cicione come si vedono loro e le cicione come le vedono gli altri, tipo la strega-vogliosa-di-salamini. Il ritmo dello spettacolo è incalzante, non ha pause, né cadute. Si arriva alla fine senza accorgersi che sono passate quasi due ore. E soprattutto non si è ascoltato niente di già sentito o risaputo. Memorie di una Ciciona, con la regia di Marco Taddei, è al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 16 gennaio.


mercoledì 12 gennaio 2022

MOMENTI DI NON TRASCURABILE RESILIENZA

Di fronte alle continue notizie di disdette, annullamenti, rimandi, fa piacere che la moda, uno dei settori più importanti, se non il più importante per il PIL italiano, cerchi di ricreare il clima pre-pandemia. L’esempio più significativo è Pitti a Firenze, che nel rispetto di tutte le giuste e ferree regolamentazioni propone, in contemporanea, moda uomo e bambino. “Prendersi i rischi è il modo per fare impresa. La nostra non è una società di lucro, ma di servizio”. Spiega così la decisione coraggiosa, Raffaello Napoleone AD di Pitti. E, dallo spazio che i quotidiani dedicano alla manifestazione, sembra davvero di essere tornati ai tempi pre-Covid. Anche se i conti sono ancora ben sotto. Si parla di nuovi progetti, di investimenti e molto di sostenibilità. Questa mattina si è tenuto un dibattito sul futuro dell’industria, trasmesso in streaming nel mondo. 




La tendenza, al di là dell’attenzione all’ambiente, è quella di cercare prodotti di più lunga durata e fluidi, non solo per il target a cui sono diretti, ma anche per l’utilizzo in diverse occasioni. Perfino nell’abito maschile si cerca una funzionalità e l’understatement è in primo piano. Il loden, pezzo tradizionale per eccellenza, è rivisto in un tessuto al 98% cotone e il resto elastan, per migliorare vestibilità e confort. E’ il caso di Schneiders Salzburg (v.foto in alto). Grande importanza è data agli accessori. I cappelli guardano al passato, ma sono pronti per il futuro, soffici, da mettere in tasca piegati come un foulard e in materiali ecocompatibili (nella foto al centro due cappelli di Doria 1905).  Anche a Pitti Bimbo l’attenzione alla sostenibilità è diffusa. Non a caso il brand Eco-alf ha scelto Firenze per debuttare con la collezione bambino. Chiara Boni ieri, a sorpresa, ha fatto dello storico Caffé Paszkowski la passerella per la sua Petite robe, aggiudicandosi l’etichetta di prima sfilata al mondo del 2022 (v.foto in basso). Milano sta prendendo la rincorsa per la Fashion week maschile che si apre venerdì con la mostra di Giovanni Gastel in Triennale. De Wan nel negozio di Via Manzoni, ha giocato d’anticipo presentando accessori per lui e per lei e una brillante capsule collection in pelle, tutta made in Italy, per lei.

venerdì 7 gennaio 2022

ALMENO TU NEL METAVERSO

Cos’è il Metaverso? Sono in molti a saperlo. Ma per chi non lo sa è inutile pensare a etimologie, tirare fuori reminiscenze classiche o consultare manuali di medicina fai-da-te, testi di poesia-per-tutti, annuario degli analgesici, dei narcotici e dei farmaci per il rigetto.



Conviene guardare su Wikipedia che, non sempre attendibile in faccende di cultura, in questo caso dà una definizione precisa e sufficientemente convincente. E’ importante sapere di cosa si tratta, perché il Metaverso ormai è arrivato tra noi e al quotidiano, nel senso del giornale, quell’oggetto di carta in via di estinzione più del panda. Secondo Wikipedia Metaverso è un termine coniato nel 1992 da Neal Stephenson, nel libro di fantascienza cyberpunk Snow Crash, per descrivere una realtà virtuale in cui ogni persona può realizzare in 3 D quello che desidera, da una casa a un negozio, a un arco di trionfo attraverso il proprio avatar. Una specie di universo nell’universo. Ed è un arco, anzi l’Arco della Pace di Milano il primo monumento al mondo nel Metaverso. E’ un’opera d’arte immersiva che si è potuta vedere il 30 dicembre e il 1° gennaio dalle 18 alla mezzanotte dal vivo, il 30, il 31 dicembre e il 1° gennaio su Youtube, Facebook, Instagram di Reasoned Art, il gruppo che l’ha realizzata con il patrocinio del Comune di Milano e l’intervento creativo dello Studio Ouchhh di Istanbul. Questo ha rivestito l’Arco di una seconda pelle in continua trasformazione, che racconta la storia del nostro paese, dall’arte bizantina all’arte contemporanea. Chi non ha avuto occasione di vederlo non si preoccupi, perché per il Salone del Mobile di Milano, di cui la data di aprile è ancora in discussione, si parlerà molto di Metaverso. Secondo Bloomberg Intelligence entro il 2024 il Metaverso raggiungerà un valore di 800 miliardi di dollari. E uno studio di Morgan Stanley prevede che nel 2030 Metaverso e NFT (non fungible token) rappresenteranno il 10% del mercato del lusso. In criptovalute? 

giovedì 6 gennaio 2022

AVVINCENTE, ATTRAENTE, ANZI DIABOLIK

Chissà se è positivo. Il film Diabolik dei Manetti Bros. è piaciuto a chi non è mai stato un lettore di fumetti o al massimo nella sua adolescenza da intellighenzia sessantottina ha letto Linus, Tintin e Asterix. Dato che non ci sono state particolari critiche da parte dei cultori di fumetti, si può affermare che il film è piaciuto perché è un buon film. 


Certo, parte dal famoso fumetto creato dalle sorelle Giussani, con gli stessi personaggi principali, e avventure e ambientazione in linea.  Ma con il plus di sfruttare in pieno la formula cinematografica, che significa un ottimo casting, dialoghi convincenti e una superlativa ricerca di location. Il tutto tenuto insieme dal filo dell’ironia e di uno spiccato  senso dell’umorismo, capace di utilizzare le citazioni senza perdersi in uno snobismo fuori posto. Caricare di dettagli i personaggi senza mai sfiorare il grottesco o rovinarsi nella caricatura sterile. Proporre i colpi di scena più enfatizzati senza mai cadere nel ridicolo. E soprattutto aver reso plausibili l’immaginaria città di Clerville, una località di montagna inesistente o una sul mare, senza tempo, con un’impeccabile fotografia. Utilizzando strade e palazzi milanesi e bolognesi non così individuabili nell’immediato, chalet e vallate di Courmayeur con una luce speciale, lungomare e strade a picco sul mare di Trieste e dintorni. Perfetti i protagonisti. Da Luca Marinelli ideale con i suoi occhi azzurri un po’ spiritati per rendere lo sguardo diabolico di Diabolik, che esce dalla maschera. Azzeccata la Eva Kant di Miriam Leone, con la sua bellezza non convenzionale e il sorriso furbetto-seducente. Riuscitissimo il determinato e inflessibile Ispettore Ginko di Valerio Mastrandrea. Come del resto tutti i personaggi intorno e i dettagli. A cominciare dall’abbigliamento pieni anni Sessanta, per continuare con gli arredi di case e hotel e la scelta delle auto: dal mix di marchi per le utilitarie e le macchine della polizia alla Citroen DS di Ginko fino alla Jaguar E-type di Diabolik.

 

martedì 4 gennaio 2022

IL G.O. DEL VIGENTINO

Quando è arrivato in comunità, tutti hanno subito capito che era un tipo a posto. Nonostante un’infanzia e un’adolescenza travagliata non conservava nessun brutto ricordo, o per lo meno non lo manifestava. E non era certo per superficialità.  Alto, biondo, con un fisico atletico spiccava nella massa. Ma non se ne faceva un vanto. Anzi era gioviale, gentile, accomodante e pronto, se capitava una rissa frequente nell’ambiente, a far da paciere. Senza mai mettersi su un piedestallo. Non coltivava interessi particolari, ma era sempre disposto a imparare nuove cose e soprattutto era disponibile a dare una mano a chi ne aveva bisogno. 




Ovviamente per il suo fisico era stato adocchiato da una giovane e brillante artista che aveva inserito il suo ritratto in un calendario, andato a ruba. Non aveva percepito nessun compenso, ma era stato fiero e orgoglioso di far si che i proventi delle vendite del calendario andassero alla comunità che lo aveva accolto. Forse per quel suo ritratto, forse per la simpatia e la disponibilità che manifestava continuamente,  è stato adottato da un’anziana signora, di cui è diventato la fedele guardia del corpo. Ora vive tra Milano e la Liguria, accompagna la signora nelle passeggiate, ma non ha perso quella che era la sua predisposizione naturale alla socializzazione. E’ infatti diventato in brevissimo tempo, superando tutti i corsi e gli esami, un G.O. gentil organisateur di una delle aree cani più prestigiose del Vigentino. Inutile dire che è adorato dal gentil sesso e invidiato dai maschi con cui, comunque, riesce sempre a stabilire ottimi rapporti. Già circola voce che sia in trattative per una posizione di rilievo nell’ambito cinematografico.