mercoledì 16 ottobre 2013

SENSUALE COME IL MARMO


Aveva fatto scandalo. Ritenuto al limite della  pornografia. E non era certo per la nudità. La storia dell’arte è piena di nudi, anche iperrealisti. Ancora ora Il Bacio di Auguste Rodin trasuda sensualità.  Determinante la posizione  dei due,  come e dove sono appoggiate le mani, il movimento delle gambe. Sembra di intuire   respiri e sospiri. Molto si deve al non finito, a quel blocco grezzo di marmo   da cui  la coppia  esce come fosse parte della natura stessa.  Il bacio, insomma, non lascia indifferenti. Si può fare la prova andando a vederlo alla Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano, nella mostra “Rodin il marmo, la vita”  da oggi al 26 gennaio.   Ovviamente  non c’è solo Il Bacio, ma ci sono altre 61 sculture che raccontano il percorso   dell’artista  e di cui appunto Il Bacio è l’elemento divisorio o centrale. Si va quindi dai primi pezzi, il primissimo  è L’uomo dal naso rotto del 1864,ritratto di Michelangelo, fino a quelli dal 1880 in poi, in cui  il marmo grezzo è sempre  più importante. Come il ritratto di Victor Hugo o di Pierre Puvis de Chavannes, dove   qualcuno ha voluto vedere un legame con l’art Nouveau. O la donna pesce del 1917. Di fatto, e nell’esposizione si vede bene, Rodin ha traghettato la scultura  dal Rinascimento all’era moderna, ispirato dai grandi maestri italiani ma soprattutto da Michelangelo. Coraggioso e sorprendente l’allestimento  di Flavio Arensi, con la curatrice della mostra Aline Magnien (che ha anche curato il catalogo, edito da Electa). Coraggioso perché in un ambiente molto connotato “Le mostre servono anche a fare esperimenti museografici” ha commentato il direttore di Palazzo Reale Domenico Piraina. E l’esperimento è riuscito in pieno. Obiettivo, riscostruire l’atmosfera dell’atélier dove le sculture venivano realizzate. Queste sono posate su lunghi tavoli di legno sostenuti da tubi Innocenti rosso pompeiano e dappertutto sono appesi teli bianchi, un omaggio ai “panni stesi” tipici di quell’Italia amata da Rodin. Interessanti le didascalie che riportano sempre il nome dello scultore che collaborò   alla preparazione del marmo. E tra questi molti sono nomi doc.

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