No, non si tratta di un banale,
grossolano refuso. L’artchitettura esiste e ha addirittura un suo manifesto.
Cosa sia si può intuire, ma ce lo spiega
meglio Andrea Burroni con una relazione e una mostra, da oggi al 10 novembre, alla Galleria d’Arte De Munari di Vicenza. Il
manifesto è il punto finale di un
percorso artistico che inizia con le opere esposte degli anni ’70(v.foto). Interior
designer, bibliofilo e collezionista, Burroni insieme a Filippo Coltro,
architetto, vuole dimostrare come l’architettura sia il contenitore di tutte le
arti. I capolavori del mondo, dalle preistoriche pitture rupestri alle
fiabe raccontate nei quadri di Chagall, sono possibili perché esiste un oggetto
di cui diventano decorazione. Il manifesto capovolge la regola. Prima l’artista
compone l’opera, poi l’architetto la trasforma in un’architettura. Inutile dire
che il riferimento al futurismo è forte e giocato sull’ironia e il surreale.
Il rapporto fra processo creativo
e architettura è al centro anche di
Meeting Architecture un ciclo di conferenze , mostre-studio, performance alla
British School di Roma, in collaborazione con il Royal College of Art di
Londra. Il primo incontro è il 29 ottobre, con una mostra fino al 19 novembre
dal bizzarro titolo “Madame Wu and the Mill from Hell”. L’architetto
anglo-canadese Adam Caruso e l’artista tedesco Thomas Demand raccontano della
loro collaborazione a parole e attraverso i progetti esposti. Il titolo si
riferisce alla storia della signora Wu, impegnata a difendere dall’abbattimento
la sua abitazione in una città cinese, che ha ispirato Demand per Nagelhaus e
alla casa dell’artista a Berlino, ricavata in un vecchio mulino.
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