Non ha pretese di voler dire qualcosa e di lanciare messaggi e lo dichiara anche. Ma quella di Walter Leonardi non è falsa modestia, per accaparrarsi il favore del pubblico. Lo dice con convinzione, non ne fa un proclama. E questo spiega perché il suo spettacolo prende, intriga e convince. E’ un monologo dal titolo Quella volta che mia zia fece scappare Matteotti, in prima nazionale al Teatro della Cooperativa di Milano fino al 23 febbraio. Il testo, così come la regia sono suoi, questa con l’assistenza di Luisa Bigiarini e anche le musiche originali, in collaborazione con Tommaso Ferrarese e Flavio Pirini.
E’ un racconto dove la vena comica c’è, ma non è preponderante. Si concentra soprattutto sul mettersi in discussione in modo divertente. Come dice nella presentazione è uno spettacolo dove "non c’è niente", "senza eroi", "senza draghi da sconfiggere" e "senza neanche una tesi, una fine e un inizio". In realtà c’è la vita normale con dietro molte cose. Solo sul palcoscenico, Leonardi racconta la sua vita e soprattutto quella della sua famiglia, della zia Ida, della mamma Arnalda, del papà Ennio Enrico, della sorella "Dio", perché andata giovanissima in viaggio studio a Londra. Vite normali che s’ intersecano con determinanti pagine di storia. Da Matteotti al caso Moro, da Pasolini alla caduta del Muro, fino al G8 di Genova. Nessuna pretesa di darne una lettura personale, ma la grande capacità di fare rientrare i fatti in una quotidianità famigliare, descritta in modo brillante. Senza minimamente togliere valore o sminuirne l’importanza . Confermata da quel finale “Viva l’Italia antifascista”, perfettamente inserito, che in questo modo perde qualsiasi barlume di retorica. Notevoli, quasi installazioni d’arte, i video del sipario e del seguente cambiamento di scena e quello del treno. Molto apprezzato, dopo gli applausi, il ringraziamento di ieri sera al pubblico per averlo seguito nonostante S.Valentino e il Festival di Sanremo. Tutto detto con humour.
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