E’ una banalità, di sicuro è stradetto: l’arte è sempre più legata alla vita, alla cronaca, perfino alla quotidianità. Che denunci o sostenga cause o che si limiti a osservare, non è mai staccata dalla realtà. Il ventiseiesimo Miart, fiera internazionale di arte moderna e contemporanea di Milano, appena concluso, ne è una dimostrazione. Presenti 151 gallerie provenienti da venti paesi.
Se i numeri sono determinanti per aver reso il Miart la prima fiera d’arte italiana, ad averne fatto un appuntamento imprescindibile per collezionisti internazionali, ma soprattutto pubblico, è merito della qualità e dell’equilibrata varietà delle proposte.
Diretta per la seconda volta da Nicola Ricciardi, mette insieme capolavori della tradizione e della contemporaneità con le opere di una selezione di artisti emergenti e intriganti, in un giusto equilibrio fra presente e futuro. Questo anche mantenendo la divisione in sezioni, ridotte a tre in questa edizione. Da Established con gallerie che espongono opere dei massimi artisti internazionali, moderni o contemporanei, da Klee a Botero, per citarne solo due. A chi si concentra, come la Galleria Frediano Farsetti di Milano sui nomi italiani più importanti dagli inizi del Novecento a oggi, da De Chirico e Morandi fino a De Dominicis, Pistoletto e altri. O come Copetti Antiquari di Udine con lo straordinario omaggio all’America Latina di Alik Cavaliere ed Emilio Scanavino per la Biennale di San Paolo del 1971. Presente la fotografia con pezzi interessanti come le foto di David Hockney della Galerie Lelong (Parigi e New York). E anche il design e l’arredamento. Come i mobili e l’oggettistica di Ernesto N.Rogers (al centro)e Angelo Mangiarotti di Eredi Marelli. La sezione Decades, curata da Alberto Salvadori, come sempre, ha raccontato la storia dell’arte con progetti monografici dalla prima decade del Novecento alla prima del Duemila. Mentre Emergent, situata nel corridoio d’ingresso, ha proposto artisti e galleristi di recente generazione. Nell’attenzione alla contemporaneità delle opere, diversi i riferimenti alla pandemia, alle sorti del pianeta, anche alla moda. Dalla scritta luminosa di Alfredo Jaar “e quindi uscimmo a riveder le stelle” datata 2022 al Future che brucia di un altro cileno, Santiago Sierra (in alto). Agli inquietanti occhi di Ruth Beraha. Fino al Balenciaga Revenge di Tobias Kaspar, artista svizzero che ama indagare sui meccanismi della moda e sul suo discutibile potere di seduzione (in basso).
Sempre notizie interessanti, ottimo lavoro. Tienici sempre informati
RispondiElimina