“Mio padre, filosofo, la natura la
portava fuori casa, io la porto dentro casa” così dice Koen Vanmechelen, classe
1965, del Limburgo nelle Fiandre, tra
Vestfalia, Brabante e Paesi Bassi. Proprio quella regione dove sono nati
Bruegel, Bosch, Rubens e secoli dopo Joseph Beuys. Nelle sue opere ci sono svariati
elementi della pittura dei conterranei. Tra natura e cultura. Si possono vedere
nel Teatro dell’architettura di Mendrisio, da domani al 2 febbraio, nella
mostra Koen Vanmechelen.The worth of
life. 1982-2019. La scelta del luogo nasce dall’incontro dell’artista con
Mario Botta progettista del teatro, straordinario edificio cilindrico che fa
parte del Campus dell’Università della Svizzera Italiana–Accademia di architettura (in basso).
Ideale per ospitare un’esposizione che affronta questioni fondamentali della
vita. “Vanmechelen è un artista interessante che mette insieme discipline
diverse. Oltre a lavorare con la forma espressiva è interessato al valore della
vita” ha commentato Botta, professore emerito dell’Università da pochi giorni.
Le sue opere che utilizzano linguaggi diversi, dalla pittura alla scultura, dai
video alle installazioni, stimolano la riflessione, mettono in evidenza la
fragilità umana, il nostro rapporto antico con gli animali, l’importanza della
diversità e il valore della vita, come è scritto nel titolo. Ecco due grandi
mani nere, una su cui scivolano dei diamanti, l’altra che sembra proteggere un
pulcino di cristallo. Il tema dell’uovo che si rompe dopo 21 giorni e ha poche probabilità di generare una vita, è
raccontato dal grande uovo bianco al pian terreno, ma anche dall’incubatrice,
piuttosto che dal busto di marmo che come cappello o parrucca ha un uovo di
struzzo spezzato, da cui è appena uscita una lucertola imbalsamata. Dall’uovo
al pulcino, al gallo, alla gallina. I polli compaiono in molte opere da
protagonisti e non. Eccoli in primi piani con piumaggio e creste fiammeggianti.
Eccoli avvolti di serpenti imbalsamati che fanno da copricapo a un busto e
parlano di ibridi, incroci, trasformazioni. Un grande libro Planetary Community Chicken racchiude i
nomi di tutte le possibili specie. C’è poi una scritta luminosa rivelatrice : Rompere la gabbia significa stabilire un’energia
libera per le nuove generazioni. Come gabbia non s’intende solo l’uovo. Ha
immaginato che il teatro fosse una gabbia, in cui le opere sono uccelli
esotici, il critico d’arte Didi Bozzini, curatore della mostra. Di grande
complessità, ha detto, esporre opere d’arte in un’opera d’arte. Anche se fra
l’architetto e l’artista c’è una storia di lavoro comune, avendo Botta
progettato lo studio di Vanmechelen a Genk. Per Bozzini l’arte di Vanmechelen, per quanto profonda, non ha
bisogno di spiegazioni. E aggiunge: “Una mostra che ha bisogno di un bugiardino,
come una medicina, non è una buona mostra . Il curatore serve a far dimenticare
la pochezza delle opere. Più che di un curatore avrebbe bisogno di un guaritore”.
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