Collezione è una parola con più
significati. Dal più immediato che rimanda alle raccolte d’arte fino a quello
che identifica l’abitudine di raccogliere e conservare svariati oggetti. Dai
più strani, spesso senza valore, a quelli con un valore affettivo e sentimentale.
E poi c’è la Wunderkammer, che con il riferimento alle meraviglie autorizza la
raccolta di un’infinità di oggetti, in genere preziosi per rarità, più che per
valore intrinseco. La si lega al passato e non ha mai dimensioni vaste, riesce
a radunare reperti con un collegamento sempre un po’ rigido. Quello che c’è di
straordinario nella mostra Il sarcofago
di Spitzmaus e altri tesori, fino al 13 gennaio alla Fondazione Prada di
Milano, a parte le dimensioni, è l’ecclettismo con cui sono stati scelti gli
oggetti, tutti provenienti dal Kunsthistoriches Museum di Vienna. Un criterio
che è espressione di massima creatività. Non a caso chi ha raccolto i 537 pezzi
è il regista Wes Anderson, che alla Fondazione ha progettato anche il Bar Luce,
e la sua compagna Juman Malouf. E’ la prima volta che questi tesori, che sono
una minima parte di quello che si può vedere nel museo viennese, escono
dall’Austria. Il titolo promette sorprese, che si rivelano poi tali. Il sarcofago
egizio in legno che, dicono, contenga un toporagno è del IV secolo avanti Cristo e
quanto ai tesori i ritratti firmati
Cranach Il Vecchio, Rubens e Tiziano, possono meritatamente avere questa
denominazione. Anche se non sono quelli che attraggono di più, perché superati dai ritratti della famigliola irsuta, mamma, papà e due bambini. Preziosi catafalchi con mummia, ovviamente
egiziani, si alternano a busti in marmo
come quello seicentesco dell’Imperatore Leopoldo I°, opera di Paul
Strudel uno dei maggiori esponenti del barocco austriaco(foto in basso). O a oggetti di uso
quotidiano, anche se non comuni. Così in una parete sono appesi la custodia, in
pelle e lana ricamata, della corona di
Rodolfo II e un porta-scettro in pelle e legno. Vicino coltelli del 1400, il modellino di una scenografia teatrale per il Faust dei primi del 1900, una scatola con piume di struzzo per
abiti di corte (ovviamente austriaca) del 1816 e una pistola dell’armeria
imperiale del 1891 (foto in alto). Curiosa la gonnellina in piume di
pappagallo e di cicogna portata dall’Amazzonia nel 1870. Più recente, comunque
anteriore al 1959, il kit del clown o l’abito di scena per il dramma Hedda Gabler di Ibsen, rappresentato a
Vienna nel 1978. Rigoroso, eppure quanto mai d’atmosfera, l’allestimento con
teche di vetro, scomparti, pareti di diversi colori, luci ben studiate.
Perfette per illuminare i pezzi, creando un alone di mistero, ma forse troppo
deboli per leggere le esaustive didascalie sulla piccola guida da ritirare
all’ingresso.(Le foto sono di Giovanna Dal Magro)
Nessun commento:
Posta un commento